Enzo diceva che se chiedi a un bambino di disegnarti un’automobile quello te la farà rossa. Come dire: il fascino delle Ferrari è parte stessa dell’animo umano, innato come le idee di Platone. Probabilmente aveva ragione, ma bisogna aggiungere che quel bambino la Ferrari te la farebbe anche squadrata come un pezzo del Tetris, con il coefficiente di penetrazione aerodinamica di un mattone. Praticamente, una Volvo Serie 200. E un mattone non è forse rosso? Coincidenze? Io non credo. Ergo: una F-40 è valida quanto una Volvo Serie 200.
Mentre Ferrari plasmava opere d’arte fatte per correre, Volvo costruiva la sua solida reputazione mattone su mattone – o, meglio, Serie 200 su Serie 200. E i mattoni, si sa, volano: lo Space Shuttle non è forse conosciuto amichevolmente come “mattone volante”? E anche questa Volvo volava: mica per altro la chiamavano “Flying Brick”.
La Volvo 240 debutta nel 1974, spalancando un nuovo mercato, disintegrando gli avversari e da allora tutti i mattoni hanno un atteggiamento più spavaldo, anche quelli di casa vostra. Non ci credete? Tirate un pugno al muro con tutta la forza e ditemi se non fa un male cane.
Guardi la 240, specie la familiare, la Polar del 1981 e ti vengono in mente pendolari anni ’80 e famiglie anni ’80 vestite anni ’80 che fanno vacanze anni ’80; ti viene in mente tutto tranne che una macchina da corsa. Invece, a metà dei roaring 80’s, mentre la versione stradale familiare detiene lo scettro della più veloce del mondo nel suo segmento, nelle corse succede qualcosa che nessuno avrebbe mai immaginato: un mattone vince l’Europeo Turismo e il DTM.
Oltretutto la protagonista 240 Turbo Evolution era nata pochi anni prima per soddisfare il nuovo regolamento del Gruppo A – vetture da almeno quattro posti derivate da una serie annuale minima di 5000 esemplari, oltre a 500 ulteriori unità ulteriormente evolute. Era una bestia da 260 km/h con un 2.1 litri da 340 cv con testa in alluminio, pistoni e bielle forgiati, turbo maggiorato Garrett impostato a 1.5 bar e sistema Water Turbo Traction – un brevetto Volvo per iniezione di acqua nell’aspirazione (approfondiamo l’argomento QUI) sviluppato su base Bosch K-jetronic.
Rispetto alla vetture di serie aveva cofano e portiere alleggeriti – l’asse posteriore era più leggero di 6 kg – e l’impianto frenante aveva pinze a quattro pistoncini e dischi ventilati. Per velocizzare il rifornimento, un sistema innovativo consentiva di riempire il serbatoio da 120 litri in 20″. Fu una bella gatta da pelare per concorrenti agguerrite come le BMW 635 e le Rover 3500 V8 già nel 1984, quando Ulf Granberg e Robert L. Kvist vinsero nell’europeo a Zolder e Per Stureson vinse nel DTM al Norisring. Nell’ottobre del 1985, le Volvo si aggiudicano 6 gare su 14 e Linström e Brancatelli vincono l’ETC, mentre Stureson vince il DTM, ma le vittorie della 240 Turbo Evo continuano in Nuova Zelanda, Portogallo e Finlandia.
LA REPLICA. E CHE REPLICA.
Dato che la vostra stima nei confronti del mattone svedese è appena aumentata, sappiate che il due volte campione mondiale Junior di rally Per-Gunnar Andersson, GDM Motors e GRC Sport hanno creato “Volvo 240 Racing”, una società che costruisce repliche fedelissime della Flying Brick.
Omologata FIA e quindi iscrivibile a innumerevoli campionati per vetture storiche, è identica in tutto e per tutto all’originale e splendidamente analogica. Ma è anche meglio dell’originale: ad esempio, gli ammortizzatori Öhlins sono stati realizzati sulla base del progetto del 1983 ma tarati con la tecnologia attuale e la potenza del quattro cilindri B21 ET da 2.127 cc è di 340 cv. Spulciando la lista delle specifiche, vediamo anche cambio Getrag M51 a 5 rapporti, frizione singola AP, sospensioni totalmente regolabili, impianto frenante Brembo Racing da 330 mm all’anteriore e AP Racing da 304 mm al posteriore, cerchi Speedline da 17″ con dado centrale e rollbar FIA. Il peso totale è di circa 1080 kg, quello di una Lotus Exige con motore V6. Volvo 240 Racing parte da una 240 di serie e la spoglia fino all’osso, quindi potete portargli anche il cadavere ritrovato dietro il capannone del vostro amico; loro rimuoveranno l’eventuale corrosione, sostituiranno eventuali parti mancanti o particolarmente rovinate con componenti originali e metteranno il tutto in dima; dopodiché, si passa alla verniciatura più accurata. Per la meccanica stesso trattamento, con componenti dell’epoca riportati all’originale splendore o, se necessario, del tutto nuovi; è un processo a cavallo fra il restauro e la preparazione, che rispetta il più possibile il progetto originale.
Una volta pronta, quelli di Volvo 240 Racing ti accompagnano per il giro inaugurale sulla pista vicino alla loro officina di Fleurus, in Belgio (non citano il circuito, ma potrebbe trattarsi dello Jules Tacheny, oppure, addirittura, di Spa-Francorchamps, dato che è a un’oretta da Fleurus…). Tutto questo con il supporto di GRC Sports, che ha lunga esperienza con le vetture GT recenti e storiche e si occupa dell’assemblaggio stesso.
Quanto costa la baracca? Si parla di 160.000 euro, ricambi compresi. Se poi non vuoi o non puoi permettertelo, l’azienda ha pensato anche al noleggio.
Che spettacolo! Come vorrei farci un giro; deve essere cattivissima e basta!
Vorrei aggiungere qualcosa: la serie 200 aveva dall‘inizio (1974) pinze a 4 pistoncini al anteriore; i dischi però non erano autoventilati.