Ci sono libri che è sempre meglio non giudicare dalla copertina. Allo stesso modo è sempre meglio evitare di giudicare le auto con superficialità, specialmente se sono targate Forlì, da sempre patria di alcuni degli smanettoni – e di conseguenza di alcune delle auto – più folli e veloci d’Italia.
Quindi, se in giro beccate una 205 con le tendine parasole di Hello Kitty, evitate di fare gli sboroni, perché qui la purga è sempre in agguato.
———————- DI BRUTTO ——————–
Tiro la linguetta e mi chiudo la leggera portiera dietro, sclang. Mi siedo nell’avvolgente sedile proveniente da una vecchia Ferrari 355 Challenge e a parte il piccolo indicatore dei giri dietro a questo brutto volante, nulla in questa 205 fa presagire la furia omicida della macchina.
Giro la piccola chiave di plastica appiccicosa e resa liscia dal tempo. L’abitacolo viene invaso dal sinistro ronzio della pompa carburante, chiaro segnale che sono seduto su un mezzo meccanico vivo e diverso dal solito. Dò una scrollata alla leva del cambio, sì, sono in folle. Un altro giro di chiave e il motore torna in vita con un sobbalzo, sembra non aspettasse altro, assestandosi su un minimo fragoroso, gutturale, lurido. Il minimo è irregolare e la macchina scuote al ritmo del quattro cilindri piazzato là davanti, un motore come tanti, preparato come pochi.
Cerco di ricordarmi le indicazioni del proprietario: “non far slittare la frizione, piantala a tremila giri e stacca di botto il piede, poi in progressione fino a darglielo tutto, senza pietà!”
Ok, accarezzo il gas per mettermi a tremila giri ma, diobò, è veramente difficile, basta pelare il gas e questo tremendo quattro cilindri esplode lanciandosi verso il limitatore. Appoggio il piedino e BROAAAAAM, ok riprovROOOOAAAAM, OU STAI CALMOOAAAAAAAM. Niente, ho capito, questo è un motore da corsa vero, mica un mulo da soma, è fatto per correre e vuole correre, a tremila giri con il cazzo che ci sta, lui va su.
Bene, credo di aver capito. Frizione giù, dentro la prima, gas, il motore si lancia in alto, alleggerisco il piede per evitare di picchiare la lancetta sul fondoscala e quando credo di essere attorno a 3000 giri stacco la frizione di botto. La macchina, con un colpo di frusta rapidissimo si spara in avanti, le grosse gomme anteriori cercano di far presa sul terreno, slittano un po’ ma la mescola morbida le aiuta e la macchina, dopo aver sgommato per pochi metri, si attacca in terra e prende velocità. È successo tutto in pochi istanti e sono con la prima a oltre 8000 giri e il motore che grida come un pazzo dallo scarico in titanio, stacco, dentro la seconda e via di nuovo il piede, torno sul gas e la macchina, come se stessi partendo da fermo, mi attacca al sedile con la stessa forza di prima, allungando in maniera vergognosa.
Questa cosa si ripete in tutte le marce senza alcun ritegno, i 100 km/h si raggiungono in poco più di 5 secondi ma man mano che la velocità sale senza dar segno di voler smettere, viene il dubbio che questa Peugeot possa tranquillamente arrivare ai 200 con la stessa foga. Semplicemente impressionante, con il motore in pieno si ha la chiara impressione di venire tirati in avanti aggrappati con le unghie al motore che vuole scappare via, ci si sente inermi passeggeri di un quattro cilindri in linea impazzito, drogato fino all’ultimo neurone di benzina e che gode a menare i supporti motore con delle pacche da ufo.
Mollo il gas per cercare di riprendere il controllo della situazione, la macchina si tranquillizza e posso affrontare qualche curva per saggiare un mezzo che ci mette poco a ricordarmi che sto sbagliando tutto: sceso sotto i tremila giri provo a parzializzare ma il motore si rifiuta in maniera categorica di fare quello che gli chiedo, ribellandosi e facendo sobbalzare la macchina come un canguro strafatto. Mi hanno spiegato che la colpa è dell’albero a camme dal profilo spinto che male si accorda con l’elettronica primordiale che gestisce il motore, cosa che rende il comportamento del motore così selvatico. C’è da capirlo poveretto: è stato fatto per correre e lui vuole fare solo quello, sputacchiando e ingolfandosi se trattato come un motore normale. D’altronde qui di normale non c’è nulla e a ricordarmelo c’è pure l’indicatore del rapporto aria/benzina che lampeggia sul tunnel centrale: con il gas a metà la carburazione si sfasa completamente, diventando sempre o troppo magra o troppo grassa, solo a tutto gas l’indicatore si pianta in mezzo, indicando la miscela perfetta da respirare, bruciare e trasformare in furibonda velocità.
– su quella scatolina Edelbrock torneremo poi dopo… –
Sono in seconda a circa 4.000 giri, il motore sembra imballato, pesto fino in fondo e come lanciato da un elastico quel pazzo là davanti mi reincolla al sedile, lanciandosi verso il limitatore con una fame di giri mai vista prima. Dimenticate tutto quello che sapete o credete di sapere sui motori aspirati, perché qui, seduto dietro ad un motore incazzato come una biscia, mi rendo conto della folle magia di questi motori.
Abituati, debosciati, viziati dai moderni motori turbo, ci siamo dimenticati cosa possono fare i vecchi cari aspirati se messi a punto come si deve. Qui non esiste inerzia o ritardo che siano, ti basta pensare di voler accelerare e all’istante sei schiantato contro il sedile, la disponibilità di coppia a tutti i regimi è tale da ricordare – lo dico eh, lo dico! – un dannato motore elettrico. Solo che qui le sensazioni, i rumori e le vibrazioni e gli odori non sono figli di un asettico e noioso powertrain elettrico da nerd. No, qui il risultato è figlio di un complesso organo meccanico messo a punto alla perfezione, di decine e decine di piccoli pezzi di freddo metallo che si muovono e si accoppiano all’unisono, aspirando prima aria e poi benzina, mescolandole in proporzioni precise, dandogli fuoco, supportando stress meccanici e termici mostruosi e, infine, urlando dalla marmitta una magia senza tempo che non può e NON DEVE morire.
Messo a punto con amore per la meccanica e la velocità e le cose fatte per bene, questo 1.900 impressiona anche perché qui è stato fatto tutto il possibile per tirare fuori anche il più ritardatario dei cavalli utilizzando solo componentistica originale della sua epoca, spremendo anche l’ultimo centesimo di tolleranza dal basamento, fresando anche l’ultimo truciolo di alluminio dalla testa.
Hai detto limando?
Il risultato è un motore che è assimilabile ad un vecchio Gruppo A, capace di spremere fuori quasi 180 cv a oltre 8.000 giri, il tutto mantenendo diversi componenti originali, tra cui la farfalla (allargata fino a 56,5 mm) e lo spinterogeno di mamma Peugeot modificato nelle molle interne per ottenere una progressione diversa della curva di accensione. Certo, volendo andare oltre si potrebbe, ma per farlo bisognerebbe utilizzare componenti moderni (tipo una accensione elettronica ad anticipo variabile) che però andrebbero a snaturare l’idea che ha portato alla nascita di questo bolide, ovvero ottenere una 205 GTI preparata al massimo di quel che si sarebbe potuto fare alla sua epoca, punto.
Che poi, fare di più, mi sa che qui non c’è n’è bisogno: alla prova dei fatti questa 205 è fra gli aspirati sotto i 2 litri più veloci d’Italia, con tempi ufficiali di 5,2 secondi nello 0-100 e di 13,5 secondi sui 400 metri uscendo a oltre 160 orari, roba che se andate fuori a provarci fate fatica, anche con macchine più potenti (auto di serie che fanno un tempo simile sono la BMW M3 CLS (E46), la Focus RS del 2017 o la vecchia Honda NSX), il tutto con un motore preparato come se fossimo nel 1988, anno in cui questa 205 venne costruita. Il tutto, inoltre, con una macchina targata e revisionata (-.-) che volendo ci si potrebbe andare a fare la spesa o portare i cinni a scuola.
Una roba che, mentre per il mondo che ci circonda, imbolsito e imborghesito e ingozzato di sciatte campagne marketing, sarete solo dei disperati, in realtà vi state divertendo come dei bambini.
Tuttavia il freddo dato di accelerazione non rende giustizia ad un motore che ha i suoi punti forti in un atteggiamento da gilet giallo e in una furibonda progressione a tutti i regimi di giri: che voi pestiate fino in fondo a 3.000 giri o a 5.000 giri non cambia nulla, lui scatta in avanti, riempendosi i polmoni e divorando la curva di coppia sbriciolando qualunque concetto di inerzia: non esiste il minimo ritardo fra la pressione del piede destro e il prendere voce del motore.
È semplicemente assurdo come un motore aspirato possa andare così forte e possa sviluppare così tanta coppia (siamo sui 25 chili) sempre e comunque, il tutto probabilmente merito della configurazione a 8 valvole che regala una curva di coppia più ampia, costante e immediata: non è un segreto che, a parità di potenza, nelle gare di accelerazione un motore a 2 valvole per cilindro vada più forte di uno a 16 che, in fin dei conti, ha bisogno di girare più alto per esprimersi al meglio, sacrificando così i bassi regimi e regalando un’erogazione meno pastosa che è anche più difficile da regolare finemente con il piede destro, cosa importante per evitare inutili sgommate in partenza. La fluidodinamica non mente e se questa Peugeot sotto al cofano avesse un 2 litri MI16 (cosa che in molti fanno) probabilmente non andrebbe comunque così forte: in tanti ci hanno provato e in futuro ci proveranno ma, inesorabilmente, continuano a venire purgati da questa Peugeot 205 con le tendine di Hello Kitty.
– grafici caratteristici ottenuti con la benza 95 ottani della pompa; con quella buona saltano fuori altri 5-6 cv. Guardate la curva di coppia com’è piatta e come la potenza resti elevata negli ultimi 1.500 giri –
Volendo a tutti i costi fare la lista della spesa, di seguito alcune delle modifiche fatte su questo motore, così se volete potete provarci:
- Motore bilanciato e ottimizzato nelle scorrevolezze in ogni suo componente interno;
- Pistoni Wossner;
- Bielle Italian RP;
- Camma gruppo A;
- Testa lavorata con molle valvole in acciaio speciale;
- Valvole aspirazione in acciaio speciale 43 mm, valvole scarico stock;
- Sedi e guide in materiale speciale super segreto che se lo svelo mi uccidono;
- Volano in acciaio speciale dal pieno;
- Farfalla originale maggiorata a 56.5 mm;
- Puleggia servizi in Ergal;
- Iniettori maggiorati;
- Elettronica originale Bosch con debimetro a paletta conforme gruppo A;
- Collettori supersprint con centrale da 50 e finale in titanio ex Yamaha R1;
- Cambio originale, differenziale autobloccante Quaife.
Se poi questo non dovesse bastarvi, potete sempre allungare una mano sotto il sedile del passeggero e aprire il rubinetto della bombola magica contenente protossido d’azoto: in questo modo, utilizzando un controller progressivo minacciosamente nascosto dentro al cruscotto, il gas viene spalmato in maniera continua e crescente lungo tutto l’arco dei giri aggiungendo, al punto di massima potenza, altri 35 cv (aumentabili a 50 con l’uso di benzine ad elevato numero di ottani), facendo andare un due litri come se fosse un due litri e mezzo e, ve lo garantisco, facendo veramente paura. Peccato solo che manchi l’effetto alla Fast and Furious della “botta” perché, come detto poc’anzi, in un sistema come questo il NOS viene iniettato in maniera progressiva, evitando così fastidiose sollecitazioni alla meccanica che è sempre meglio evitare.
– notare l’interruttore che viene attivato quando la farfalla è tutta aperta: ecco, quello è il segnale che libera il NOS –
Tutta questa raffinatezza meccanica alla fine della fiera è incastrata dentro ad una Peugeot 205 GTI che più stock non potrebbe sembrare: la macchina infatti è stata volutamente mantenuta il più originale possibile dal suo proprietario proprio per:
a – attirare poca attenzione
b – divertirsi di più a purgare i ragazzini con la Golf & simili.
Ora, quando si parla di gente impallinata con le prestazioni e per cui anche il mezzo secondo è determinante (oh, conosco gente che sulla bici da corsa guarda il mezzo grammo quindi ad ognuno il suo), anche i più piccoli dettagli fanno la differenza e questa 205, che se uno la guarda distrattamente sembra stock, in realtà, motore a parte, è ripiena di dettagli croccanti, tutti finalizzati a contenere il peso dell’auto.
Partiamo da un dato: la 205 GTI originale pesa sugli 860 Kg. Si può migliorare, ma come?
Beh, si può partire dalle ruote, sassando via i cerchi originali a compositore telefonico (bellissime) da 15″ che pesano, ognuno gomma ESCLUSA, 8 kg. Tanto, troppo. Molto meglio quattro OZ Ultraleggera da 15″ (con gomme 195 50/R15), che pesano 4,9 kg l’uno, anche loro gomma esclusa.
– più leggere ma bruttine, i cerchi originali non si battono, peccato pesino un botto –
Però c’è un però: questa 205, per quanto preparata fino al midollo, ha ancora il cambio originale a 5 rapporti, fin troppo lunghi, specialmente nelle gare di accelerazione che, in Italia, spesso si corrono sui 200 metri per mancanza di spazi e impianti adeguati. Per risolvere il problema si possono quindi utilizzare quattro cerchi in lega di alluminio e magnesio da 13 provenienti da una ex formula Abarth che, oltre ad essere ancora più leggeri (4,2 kg l’uno gomma ESCLUSA), hanno una circonferenza di rotolamento di circa il 10% inferiore rispetto ai 15″, accorciando così il rapporto finale e migliorando le doti di accelerazione della macchina. Interessante infine notare che i 13″ permettono di usare gomme da 205 60/R13 che pesano da sole circa 2kg in meno rispetto alle 195 dei cerchi da 15″. Infine, come potete vedere nelle foto, per migliorare la scorrevolezza generale dell’auto nelle gare di accelerazione, al posteriore si possono montare delle “ridicole” 155 80/R13 di provenienza Fiat Panda base (da leggere alla inglese, beis), meglio conosciute come i ruotini della violenza.
– in primo piano i ruotini della violenza –
Bene, con queste ruote abbiamo risparmiato una ventina di chili, e adesso? Beh, possiamo iniziare a svuotare l’abitacolo, a forare i dischi dei freni e a sostituire tutto quanto possibile utilizzando materiali più nobili come alluminio o, per lo scarico, il santo titanio.
In questo modo – e in futuro si parla dell’arrivo di un cofano in fibra di carbonio – l’auto ferma la bilancia a soli 755 kg.
– Yamaha santa subito –
Ora, per farvi capire quanto sia leggera e sensibile questa macchina, voi non avete idea di quanto cambi l’erogazione e la spinta del motore con o senza passeggero: basta caricare qualcuno (che se pesa intorno agli 80 Kg è più del 10% del peso della macchina) che lei immediatamente se ne accorge e perde qualche decimo in accelerazione. Abituato ai moderni mastodonti da 20 quintali, avere a che fare con una macchina così genuina e sensibile è bellissimo, sembra quasi di tenere fra le mani una farfalla, così bella, così fragile.
– quello che non serve, non c’è –
Ora, per quanto le gomme della prova non fossero certamente le più indicate per fare delle curve o aggredire l’asfalto, anche in queste condizioni questa 205 GTI si è confermata quel gran ferro che avevo avuto modo di testare quando ne avevo provata una standard (ma 1.600): già all’epoca avevo apprezzato l’estrema genuinità del mezzo ma qui siamo su un’altro pianeta. Non è solo il motore indemoniato ma tutta l’auto che si esalta, dimostrando la bontà del progetto che si nasconde dietro queste quattro lamiere francesi. Leggera e reattiva, la 205 si conferma estremante divertente ed educativa, sempre precisa e scattante grazie anche ad un volante (bruttino) sempre preciso e coinvolgente e ad un atteggiamento generale che ci si sente dei veri teppisti e ci si ritrova a guidare con il sorriso a 200 denti in attesa che qualcuno incapace di dare il giusto peso ai dettagli si attacchi. Ovviamente il lavoro è stato fatto come si deve e, per evitare di trasformare una 205 GTI in un assurdo asteroide nero, le sospensioni originali sono state sostituite da quattro ammortizzatori regolabili della GAZ, in modo da rendere l’auto più controllata e controllabile.
Bella, losca e cupa, questa 205 nel complesso è un minaccioso un concentrato di meccanica sopraffina tirata allo spasmo da Mambelli Racing di Forlì, un vero inno ad un modo di preparare e vivere le auto – più casalingo, con le mani sporche di grasso e il fresino facile – che purtroppo, in questa moderna epoca viziata dai numeroni e dall’elettronica, sta venendo un po’ meno. Una cultura, quella meccanica, che purtroppo sta sparendo ma che noi, caparbi e testoni, continueremo a raccontarvi e a trasmettervi, qui su Rollingsteel.it o, per le storie più esaltanti e strane e meno conosciute, su DI BRUTTO, Il magazine con i ruotini della violenza!
Sentivo l odore della benza mentre leggevo….belli sti articoli di vecchie glorie, vecchie ma incazzate!!!RS ci piaci cosi!!!
Stupendo. Fai rivivere gli anni 90 Direttore!