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La Lega Pro delle auto: Trofeo Alfa 33

Sportellate, cerchi in ferro, auto verniciate a bomboletta e il suono arrogante del boxer Alfa Romeo. Questo è il Trofeo Alfa 33, la Lega Pro delle auto, un campionato dal cuore sportivo ma con le tasche vuote

Avete presente quei siti dedicati al calcio che parlano della magia della terza categoria? Calciatori non proprio fenomeni o molto giovani, che giocano per passione o per aspirazione, un posto dove l’eleganza non è di casa?  Bene, anni fa involontariamente ne scoprii una controparte motoristica. Un magico mondo lontano dai soldi, dai media e dalla fama delle serie più titolate, ma dove si dava solo del gran gas. Persino campioni del mondo come Senna o Alonso in passato hanno affermato che le gare migliori che hanno fatto erano quelle in kart, dove ci si dava battaglia senza sosta o enormi pressioni. Il risultato contava eccome, ma erano gare dove si condivideva tutto, anche i panini, e si creavano delle vere amicizie. I kart, si sa, sono l’espressione più pura di ciò che è l’automobilismo, ma sono anche tremendamente costosi, direi costosissimi.

Questa riflessione è nata guardando il portafoglio, rigorosamente vuoto. Quali sono le gare più alla portata di un comune mortale? Ci sono diversi di esempi: come la 24H of Lemons in America, le classiche Banger Racing in UK e nord Europa, e il nostro vanto italico, il Rally degli Eroi. Ma se uno volesse correre in un campionato competitivo amatoriale su pista mantenendo un po’ di spensieratezza, sana ignoranza e competitività come il torneo di calcio saponato del bar di paese?

Io una risposta potrei averla: il Trofeo Alfa Romeo 33 a Magione.

Credits: autodromomagione.com

Anni fa ho avuto l’occasione di assistere ad una manche di questa campionato, è stata una giornata indelebile per me che ero un pre-adolescente. Senza l’odierna potenza di internet a quell’età andava bene tutto, bastava poco per vedere o fare qualcosa di divertente, ma poi si cambia e si comincia a fare i difficili con gusti ed opinioni da sommelier della figa e delle macchine.

Comunque

Il Trofeo Alfa 33, nato nel 2003, era una serie di gare che si svolgevano per lo più sull’Autodromo d’Umbria e in diverse occasioni anche su altri circuiti come Varano, Adria, e Franciacorta. Ebbe un notevole successo solo negli ultimi anni, quando ormai i prezzi erano triplicati e le gare si erano sensibilmente ridotte. Stando alle poche notizie sul web non vi sono state gare negli ultimi anni. La formula non prevedeva turni di qualifiche, ma una griglia di partenza a sorteggio e due manche in un’unica giornata che vedevano al via anche 34 vetture (limite massimo consentito dalla pista), limite che richiedeva delle batterie di qualificazione per poter partecipare. Il monomarca era composto da 10 gare nelle quali erano ammesse solo Alfa Romeo 33, non quella del 1967, cowboy, ma le discendenti dell’Alfasud, quelle prodotte a Pomigliano d’Arco. Le versioni utilizzate erano quelle con il 1.3 con poche modifiche e pezzi forniti dagli organizzatori. L’adozione di carburatori da 40 e di alberi a camme dal profilo più spinto sono la cosa più interessante da ricordare. Il tutto con un leggero assetto, roll bar e barre di rinforzo, peso limite di soli 910 kg e gomme semislick. Niente male regaz.

Nonostante la discreta diffusione sul mercato di 1.7, anche a trazione integrale, usare infatti le 1.3 quasi di serie e leggermente ottimizzate permetteva di tenere le spese contenute, al punto che il Trofeo Alfa 33 aveva i costi d’iscrizione più bassi d’Italia. A dire il vero quasi in parallelo nacque nel 2005 anche il monomarca Fiat Barchetta, ma prevedeva una preparazione gruppo N delle vetture, che era indubbiamente più costoso.

Credits: Paolo Ambrosi

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A Magione ora c’è il 318i Racing Series ma oggi non vi voglio parlare di queste, oggi vi tocca leggere di Alfa Romeo, e pure scassate. Qualche mese fa ho ritrovato per caso alcune copie di Autosprint (l’ABC di ogni appassionato di motorsport) dove c’erano articoli dell’epoca che parlavano del Trofeo Alfa 33. Vedendo quelle immagini è come se avessi risentito quell’odore acre di benzina e delle gomme quasi sciolte di allora. Facendo qualche ricerca ho trovato anche dei video, e mi sono reso conto guardandoli con il senso critico odierno di quanto quelle gare fossero pure ed “ignoranti”. Avete presente la gara di “Altrimenti ci arrabbiamo” dove Bud Spencer e Terence Hill corrono con le Escort mk1 e Ford Capri facendo a sportellate, salti e gag a tutto gas? Ecco per me il livello era quello, mischie da saloon ad ogni curva, battaglie serrate che spesso finivano con qualche testacoda a centro curva, con il rischio di farsi centrare dal malcapitato che sopraggiungeva.

Credits: Paolo Ambrosi

Se poi ci soffermiamo sulle livree stile Golf Harlequin, come verniciavano noi i motorini per fare i tamarri, cerchi perlopiù in ferro resi più chic con le bombolette della ferramenta sotto casa, e i fanali e adesivi provenienti dai peggiori bar di Caracas avremo la ricetta perfetta per il trofeo più unico in Italia.

Credits: Paolo Ambrosi

Non pensate che ne stia parlando male, anzi, il concept di questo campionato rusticano era una figata. Se ci pensate un attimo, la maggior parte di queste comunissime berline sarebbe finita in demolizione o convertite a metano per poi essere usate fino allo sfinimento meccanico, invece facendo così ci si divertiva, dando una seconda chance a questi ferri, gareggiando sfruttando la sorprendente dinamica dell’auto e fottendosene della “affidabilità” del mezzo. Tutto fa brodo. Trovatemi un motivo non di parte che non sia d’accordo con questa teoria, i costi di base erano contenuti, la disponibilità di ricambi era discreta e la competitività della serie era assicurata. Oddio non stiamo parlando del BTCC o del DTM, i piloti non erano cavalieri scintillanti, forgiati da numerose battaglie,  come i VIP della F1, e magari facevano mestieri da uomini barbuti e tutti d’un pezzo come il carrozziere, il carpentiere o l’idraulico. Non c’erano i petrodollari degli sceicchi o dei russi che sponsorizzavano, quelli erano degnamente sostituiti da salumifici, bar degli amici d’infanzia o officine della zona. Però c’era tutto quello che serviva: i piloti quasi sempre si facevano tutto da soli o supportati da amici, cuggini o parenti, l’atmosfera era quella della domenica in compagnia a grigliare carne, non quella opprimente e professionale dei campionati più patinati e “fighetti”.

Credits: Paolo Ambrosi

Tra una manche e l’altra il cibo e birre non mancavano mai, con paninari e porchettari sempre in prima linea per rifocillare i gladiatori affamati dalle battaglie in pista. Ragazze immagine casareccie e con poche pretese, tifo caloroso con urla e boati ad ogni incidente tra un sorpasso e l’altro. Roba da rodeo.

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Penso che ci vorrebbero più campionati così, magari poco raffinati e dal contenuto tecnico povero, ma divertenti da vedere e sopratutto secondo me anche da fare. Avete presente quando si dice che è bello anche guardare film che servono a “staccare il cervello”, poco impegnati ma che riempono la serata e ti fanno andare a letto più leggero? Tipo quelli di Steven Seagal o Micheal Bay? Dove si menano e si sparano a tutto fuoco, con fighe a pioggia ed esplosioni ad ogni battito di ciglio? Penso di sì. Ogni tanto non fa male lasciarsi andare, il motorsport ad alti livelli è serio perché ci sono soldi e sponsor che pretendono risultati. Ma dove sei tu a pagare per correre, solo per li gusto di farlo, francamente, con tutti il rispetto per chi lo fa di mestiere, che cazzo te ne frega?

Spingere è correre

Credits: Paolo Ambrosi

Questo sport era nato per ricchi annoiati ed è diventato un modo per spendere la domenica dopo le sbronze e le donne del sabato sera. Poi solo dopo è diventato più professionale e serio.

La felicità non ha prezzo, per tutto il resto c’è Mastercard.

Per la foto di copertina e le altre presenti nell’articolo ringraziamo Paolo Ambrosi, che ci ha gentilmente concesso di utilizzare le sue immagini. Grazie!

Articolo del 29 Gennaio 2020 / a cura di Luca Maini

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  • LS

    Fantastico.
    Per un periodo ho vissuto in Inghilterra ed andai al circuito di snetterton per un evento di beneficienza. Piloti piu’ o meno amatori mettevano a disposizione i loro mezzi e il loro manico, Facevi un paio di giri da passeggero pagante e il provento andava in beneficienza.
    C’era di tutto, dalle clio cup, alle catheram, a mitsubishi evo9, un paio di ferrari (costavano di piu’, e una si e’ schiantata sul bagnato, tra glia applausi al pilota per non essersi risparmiato). E poi c’era… una 33 rossa, svuotata, che suonava col ratto metallico tipico alfa, un 1700 penso, scarico laterale che ruggiva da leone alfa (per l’appunto), non teneva il minimo quanto grassa girava, tracotante ignoranza.
    Ebbene dopo un’oretta tutti parlavano della 33. Tutti volevano salire sulla 33. Perche’ 1) il padrone picchiava duro sul pedale e sul bagnato le dava a molti e 2) col casino che faceva e la simpatia del “team” era il mezzo piu’ divertente in pista per i passeggeri!
    E questo e’ senso del motorsport. Punto.

  • Danilo

    Articolo bellissimo che rispecchia il mio pensiero. Purtroppo chi gestisce l’automobilismo in Italia non vuole che la gente pratichi questo sport per divertimento. Io ne ho una e purtroppo rimarrà in garage.

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