Edit: nella foga di parlare di turbine, ci siamo lasciati scappare qualche concetto fraintendibile che abbiamo subito aggiustato
Immaginate di essere comodamente seduti sul vostro divano, a fare zapping di informazione
“informazione”
tra una rivista di auto e una ricerca di Google. State tranquillamente voltando pagina quando vi imbattete nella pubblicità a foglio intero del nuovo sensazionalissimo super mega concept fighissimo con 10 fari full-led, 45 schermini interni, ionizzatore integrato e cerchi da 24 pollici.
“Accidenti, questa macchina viene dal 3000, chissá quanta meccanica figa nasconde, devo saperne di più, ora!”
Quindi prendete in mano il telefono, aprite una nuova pagina in incognito in tranquillità, digitate “Super mega concept fighissimo”, cliccate sul primo articolo della vettura che trovate (saltando in una frazione di secondo alla sezione “dati tecnici” ) e cominciate a leggere:
“…Motore: 1199cm^3 benzina aspirato da 90cv abbinato ad un powertrain elettrico capace di 30 poderosi cavalli…”
Silenzio.
La sentite questa sensazione? Questa sensazione si chiama “aspettative infrante”.
Immaginate invece ora di stare facendo zapping su Rollingsteel, e di imbattervi in questo concentrato di design minimalista di fine anni 80:
Probabilmente la prima cosa che vi rimbomberà in testa é “Tóh, la sorella sfigata di una Integra mk3” e avrete voglia di passare oltre, ma arrivati al titolo in grassetto dell’articolo avrete recuperato tutta la curiosità con la sigla “gtv” e con la parola “turbina”.
“Turbina? Ma GTV non stava per Gran Turismo Veloce?”
In questo caso no, o meglio, sì se stessimo parlando dei rossi ferri italici qui sopra ( che tra l’altro la più recente condivide lo stesso “sguardo” tondeggiante della nostra vettura misteriosa), ma nel nostro caso la sigla “GTV” abbrevia un nome molto più accattivante: “Gas Turbine Vehicle”. Proprio così, come avrete già intuito questo minimalista concept Toyota presentato nel 1987 al salone di Tokyo, nasconde sotto al cofano una motorizzazione che non può deludervi, ovvero una turbina a gas bi-albero da 68.000 giri al minuto.
sessantottomilagirialminuto
Nella testa di chiunque abbia una passione per i ferracci (peggio ancora se ingegnere) la parola “turbina” può solo che far venire un rigolino di saliva alla bocca.
Tralasciamo per un momento tutti i discorsi sul ciclo Brayton-Joule, sui rendimenti, sulle varie isoentropiche e in generale su tutto ciò che potrebbe farci perdere l’attenzione su questo momento di magia: immaginate solo una turbina a gas che si accende cominciando a sputare fumi infernali a 600 gradi, arrivando in un rapido fischio a quasi 70.000 giri.
Diciamocelo, tutto ciò è una figata immonda, ed è probabilmente il motivo principale che ha spinto diversi ingegneri folli a voler montare questo capolavoro di termodinamica su un veicolo con le ruote.
Ok, le reali motivazioni che hanno spronato per quasi 20 anni i piani alti della Toyota a voler sviluppare un’auto con motore a reazione erano in realtà gli appetibili vantaggi di questa tecnologia, ma sono altrettanto certo che tutto questo non sarebbe mai stato possibile se non grazie a qualche matto con una perversione per le turbine ed una matita in mano.
“Forza ragazzi, dobbiamo sviluppare un veicolo per il futuro che sia efficiente, economico, silenzioso ed ecologico, avete idee?”
“Io pensavo ad un veicolo elettrico oppure ibrido, che ne dice?”
“è un ottima idea, da domani nascerà il reparto di ricerca e sviluppo “EV”. Avete altre idee?”
“Si, io pensavo di mettere una turbina a reazione da 330nm di coppia sul pianale di una Supra”
– Il risultato: la concept Toyota GTV –
Facciamo un piccolo salto indietro:
Il primo tentativo di Toyota di seguire questa strada alternativa al classico motore endotermico risale alla metà degli anni ’70, quando il concetto del “turbo” automobilistico non era ancora troppo di moda ma il concetto di “turbo-jet engine” era già un chiodo fisso da una trentina di anni nella testa di tutti gli ingegneri, aeronautici e non.
Analizzando le caratteristiche che su carta offriva un motore a turbina, possiamo vedere come queste fossero sia perfette per un’applicazione aereonautica che molto vicine alle caratteristiche auspicate per un motore automobilistico del periodo, come dei rapporti di potenza/peso vantaggiosissimi, una coppia di spunto all’albero utopica, quasi nessuna vibrazione e persino la possibilità di funzionare con quasi tutti i tipi di carburante.
“E perché allora oggi non usiamo tutti delle turbine?”
Beh, penso che le parole “consumi” ed “emissioni” siano sufficientemente esaustive come risposta, ma d’altronde dobbiamo ricordare sempre che l’ingegneria è solo una scienza del compromesso che sceglie da che parte tirare una coperta abbastanza corta.
Ad ogni modo, sulla base di questa filosofia, a partire dagli anni ’50 comparvero piano piano in tutto il mondo sempre più esperimenti di auto con motori a turbina, come la Fiat Turbina e la Chrysler Turbine (l’originalità dei nomi era sbalorditiva), e come anticipato nel ’75 e ’77 ci si mise anche Toyota presentando una berlina ed una piccola sportiva con una motorizzazione ibrida turbo-gas/elettrico, frutto di 10 anni di studio.
– Eccole qua, negli anni ’70 la Toyota aveva già presentato una Toyota Century e una Toyota 800 con motorizzazione turbo-gas ibrida –
Con questo piccolo ma rivoluzionario inizio, prese sempre più piede nell’azienda giapponese l’idea di sviluppare una innovativa turbina a gas per la propulsione terrestre, senza compromessi ibridi, che fu prontamente presentata esattamente 10 anni dopo sotto il cofano della nostra coupé GTV.
La turbina in questione è la Toyota GT41, una piccola unità propulsiva multi-carburante con la particolarità di essere letteralmente un turbo compressore unito ad una camera di combustione, ad una turbina assiale e ad uno scambiatore di calore.
Per capire di cosa stiamo parlando, dobbiamo fare un rapido recupero sulla struttura di una turbina a reazione ad albero singolo, che solitamente é composto da un compressore (radiale o assiale – QUI approfondiamo la faccenda a modo nostro) e una turbina assiale a 2 o più stadi, tutto sullo stesso albero.
Il problema di questa tipologia di motore, per farla in breve, è che l’intera turbina è preposta ad assorbire tutta l’energia dei gas combusti per trasformala in potenza all’albero, dovendo però cedere allo stesso tempo al compressore il minimo indispensabile di energia necessaria al suo funzionamento; essendo tutto attaccato allo stesso asse potete immaginare quanto sia difficile trovare un modo per rendere modulabile la gestione di tale motore. È proprio il motivo per cui i primi esperimenti di Toyota utilizzavano la turbina solo come generatore e non come unità propulsiva diretta.
La soluzione della GT41? Separare le due turbine su due alberi diversi, così da ottenere un motore semplice, modulabile e che non necessiti di un convertitore di coppia o di un generatore, utilizzando però anche una turbina radiale al posto di due assiali, così come nei normali turbo compressori.
Come vedete (e come anticipato) si tratta letteralmente di un turbocompressore trasformato in un turbogetto, abbinato ad una turbina assiale secondaria che gira su un’altro albero. In questo modo compressore e turbina primaria permettono il continuarsi della combustione rubando solamente quel minimo di energia necessaria al funzionamento del sistema, mentre la turbina assiale è libera di usare come e quando vuole tutto il resto dell’energia dei gas frutto della combustione, senza vincoli imposti dal compressore. In tutto ciò è ovviamente presente anche uno scambiatore di calore, che ha il compito di trasferire parte dell’energia termica dei gas di scarico ai gas freschi che stanno entrando nella camera di combustione, sia per evitare di cuocere vivi gli occupanti del veicolo con gli eventuali 600 gradi dell’impianto di scarico, sia per recuperare energia che andrebbe inevitabilmente sprecata.
Tornando a noi, questo sistema permetteva alla Toyota GTV di avere 2 turbine rispettivamente da 68.000 e 65.000 giri, la seconda collegata ad un riduttore e ad una rivoluzionaria trasmissione CVT a 4 marce gestita elettronicamente, che permettevano di trasformare il tutto in circa 150cv e 330nm di coppia all albero, con una curva di potenza e di coppia lontanissime da quelle di un motore endotermico.
Per chiudere in bellezza condite tutto con il pianale della Supra mk3, un set di sospensioni ad aria, degli interni minimalisti usciti direttamente da un centro stile giapponese di fine anni ’80 et voilá:
Mi piace immaginare gli ingegneri del reparto EV, con l’ufficio proprio di fianco al reparto GTV, che per la terza volta chiedono gentilmente di poter fare meno rumore durante i test della GT41, ricevendo in risposta solo un “ SCUSATE NON SENTIAMO NIENTE, ASPETTATE CHE DOBBIAMO ARRIVARE A 68.000 GIRI E RIMANERCI PER 15 MINUTI, ASTRONZI”.
Dato che il progetto GTV morì da li a poco tempo dopo, lasciando il posto allo sviluppo dei futuri veicoli ibridi, é probabile che situazioni simili abbiano infastidito le persone sbagliate, anche se é più plausibile che qualcuno ai piani alti si sia accorto nei primi anni ’90 che con l’avvicinarsi delle sempre più stringenti normative ambientali fosse meglio investire sulla mobilità ibrida ed elettrica piuttosto che in una tecnologia con le stesse emissioni sia inquinanti che di gas serra di un intero polo industriale.
“…e in tutto ciò che fine ha fatto questo progetto?”
Beh, sicuramente la GTV si può definire uno dei progetti più fighi, brevi e dimenticati di Toyota, ma nonostante l’assenza di eredi tutto lo sviluppo dell’auto non fu inutile; paradossalmente, l’elemento meccanico che più venne criticato dalla stampa automobilistica, la trasmissione cvt, divenne l’unica soluzione ad essere sviluppata per intero, dimostrandosi un progetto rivoluzionario che venne utilizzato nel 1995 per la neo-nata Prius ed industrializzato ufficialmente 10 anni dopo la presentazione della GTV, nel 1997.
Penso non ci sia finale più bello e glorificante per questo progetto se non ricordare come uno dei veicoli simbolo della rivoluzione ecologica moderna sia nato grazie all’eredità lasciata da una Supra con una turbina a gas sotto al cofano, a dimostrazione del fatto che qualche tocco di vera e razionale follia, ogni tanto, non fa male nel sempre più fiscale mondo dell’ingegneria automobilistica.
Se non erro la Punto Selecta, che aveva un CVT, fu commercializzata nel 1997. Non fu capita in Eurupa come tutti i CVT ancora oggi, che pero’ ritengo piu’ efficienti e leggeri dei cambi automatici sia std che doppia frizione. Forse i CVT sono limitati nella coppia che possono gestire entro pesi/ingombri accettabili, ma onestamente non saprei.
Bravi andate a trovare cose veramente interessanti per i patiti di meccanica come me!
Le cose più fighe sono quelle più inquinanti, c’è poco da fare.
Ma perché scrivete che è un motore a reazione? Lo spiegate bene che è una turbina a gas, che eroga la potenza da un albero di tramissione, non con un getto.
È una questione annosa. L’albero di trasmissione è mosso dall’espansione dei gas combusti (non è collegato direttamente al compressore) quindi, in teoria, dovrebbe andare bene comunque. L’auto non è mossa n avanti “direttamente” dal getto ma il getto fa girare la turbina che muove in avanti l’auto.
Il motore a reazione non si definisce come tale perchè espelle dei gas.
Distinguiamo tra motore ad azione e motore a reazione:
In un motore ad azione l’unica energia che la turbina assorbe dai gas è la loro energia cinetica, mentre il salto entalpico si consuma tutto nel palettamento statorico.
Un motore a reazione invece ha il salto entalpico che si conclude nella turbina, e si definisce a reazione.
Nella turbina quindi, oltre ad avvenire un cambio di direzione dei gas, avviene anche parte della loro accelerazione.