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Pillole Tecniche – Sovralimentazione pt. 1: Il turbo

Turbo sì o no? Oppure compressore volumetrico? Nooo, ancor meglio l’aspirato! Queste sono solo alcune delle domande che qualunque appassionato di auto si è sicuramente posto almeno una volta nella vita.

Per meglio chiarire la differenza fra i vari sistemi, come funzionano e, perché no, aiutarvi a trovare la risposta che fa per voi, RollingSteel.it viene in vostro soccorso inaugurando una serie di articoli tecnici dedicati alla sovralimentazione, cos’è, come si ottiene e, sopratutto, come funziona.

Dove eravamo quindi rimasti? Ah si, l’ultima volta abbiamo parlato di uno dei motori aspirati più performante che sia mai stato generato da menti umane, stavolta quindi si discute sul suo naturale antagonista: il motore turbo.

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La sovralimentazione.

Intanto partiamo dal significato del termine sovralimentazione. Lo dice la parola stessa: si alimenta più del dovuto, più del necessario un qualcosa, nel nostro caso un motore. Si andrà quindi ad aumentare la quantità di comburente (il combustibile è la benzina, la cui quantità dipende dalla quantità di aria – il comburente – secondo un opportuno rapporto, detto stechiometrico) cioè la quantità di ossigeno, il quale è contenuto nell’aria. Se quindi in un motore aspirato (o meglio, atmosferico) l’aria in aspirazione si trova alla pressione atmosferica, e gli unici effetti di compressione dell’aria in aspirazione possono essere dati da effetti dinamici dovuti al moto dell’aria (vedi l’airbox nelle motociclette), in un motore sovralimentato l’ aria viene compressa e quindi portata ad una pressione maggiore rispetto quella atmosferica.

Per fare questa magia esistono vari metodi, alcuni meccanici altri chimici (se state pensando al famoso NOS ci avete preso) e noi, per cominciare, affronteremo il più classico ed utilizzato sistema di sovralimentazione: il turbo.

Il Turbocompressore AKA Turbo.

Da un punto di vista prettamente fisico, quel coso a forma di lumaca che tutti vorremmo sotto al cofano,  è un dispositivo in grado di trasformare energia cinetica in energia di pressione, sfruttando l’ energia dei gas di scarico del motore che altrimenti andrebbe dispersa nell’ ambiente. Un turbocompressore è composto da 2 componenti principali: la turbina centrifuga (lato caldo, molto caldo) ed il compressore centrifugo (lato freddo) da qui la parola composta, turbo + compressore. Ognuno di questi 2 componenti presenta uno statore ed un rotore: lo statore è la cassa a forma di chiocciola che vediamo dall’esterno, il rotore non è altro che una girante con delle palette conformate appositamente per svolgere il ruolo di comprimere o espandere il fluido che le attraversa. Le 2 giranti sono collegate tra di loro da un alberino e quindi ruotano alla stessa velocità, che può arrivare anche a 180mila giri al minuto!

Il Turbo: Funzionamento.

I gas di scarico espulsi dalle camere di combustione ad ogni ciclo vengono convogliati tramite opportuni collettori all’ingresso del lato caldo del turbocompressore. Al suo interno hanno la possibilità di espandersi e fornire energia alla girante lato caldo mettendola in rotazione. Il moto della girante calda ha la conseguenza che, essendo calettata sullo stesso albero di quella fredda, girerà pure questa alla stessa velocità con il compito di comprimere l’aria in ingresso al fine di avere la maggior quantità possibile di comburente in camera di scoppio. Però, se è vero che PV=nRT, l’ aria, durante il processo di compressione, tende a scaldarsi e ad aumentare quindi il suo volume; e questo è un male perché noi malati di cavalli, per avere sempre più potenza, vorremmo che nei cilindri entrassero più molecole possibili di aria (e quindi di ossigeno) per bruciare la maggior quantità di benzina! Ecco quindi che entra in gioco l’intercooler, sostanzialmente un radiatore che raffredda la carica d’aria compressa in precedenza, ne aumenta la densità e siamo tutti contenti! Dopo questa volutamente semplicistica spiegazione (non siamo mica tutti ingegneri eh!), veniamo alla realtà di tutti i giorni ovvero andiamo a vedere come avviene la scelta di un opportuno turbo.

La scelta del turbo.

Come viene quindi scelto un turbocompressore? Conoscendo la portata in termini di massa d’aria in ingresso desiderata e la temperatura di uscita della carica dall’intercooler si può determinare di conseguenza la pressure ratio ottenuta con quella determinata turbina. Fatto ciò si deve andare a prendere la mappa di rendimento del compressore (nella figura sotto ne vediamo una), e si verifica di non essere prima della linea di surge (compressore grosso) e di non essere dopo la linea di choking (compressore piccolo).

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Essendo macchine speculari, una volta scelto il compressore rimangono poche opzioni per la turbina. Se utilizzo un compressore troppo grosso ai bassi regimi avrò una coppia piccola e la macchina sarà poco guidabile (e sarà vittima del famoso turbo-lag), ma se uso una turbina troppo piccola salendo troppo di giri rischio di aumentare a dismisura la pressure ratio. Ecco però che viene in nostro soccorso una valvolina chiamata wastegate (waste = rifiuto) la quale non è altro che una valvola sul lato turbina che sottrae flusso in ingresso alla chiocciola, appunto, della turbina. In questo modo, una volta raggiunta la pressure ratio desiderata, si può evitare di superarla al salire di giri motore buttando via l’energia in più che potrei sfruttare. La wastegate può essere attuata elettronicamente o meccanicamente tramite una membrana sulle cui 2 facce ci sono pressioni diverse. Il vantaggio della wastegate elettronica è quella di poter sfruttare, entro certi regimi e per un tempo limitato, una bella funzione: l’overboost. In parole povere viene chiusa la wastegate e si incrementa la pressure ratio solo dal lato del compressore. L’ altra valvolina, che forse è quella che piace di più a chi ha il gusto di ascoltare i motori (e ai tamarri), è la pop-off. Cosa accade in rilascio, quando solleviamo il piede destro dal nostro pedale preferito? La farfalla dell’aspirazione si chiude molto velocemente, nel condotto di aspirazione però abbiamo dell’aria in movimento ad una certa pressione: sulla farfalla quindi si scarica la pressione ambiente a cui deve essere sommata la pressione dinamica dell’aria in movimento. A lungo andare ciò potrebbe comportare dei problemi strutturali e si preferisce quindi utilizzare una valvola pop-off che scarica all’ esterno quest’aria “dannosa”. No dai scherzo, in realtà la pop off con lo scarico esterno si mette solo per sentire il pffffff in rilascio!

Ora che ne sapete qualcosa in più, i motori turbo vi piacciono come prima o siete rimasti colpiti dalla loro complessità e ve ne siete innamorati? In questo caso non potrete perdervi i prossimi appuntamenti in cui si approfondirà ulteriormente il tema turbo e si analizzeranno anche gli altri tipi di sovralimentazione, soprattutto quello amato dai cugini al di là dell’oceano atlantico, il compressore volumetrico.

Articolo del 19 Aprile 2016 / a cura di Il direttore

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