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Pillole Tecniche – Sovralimentazione pt. 2: Il compressore volumetrico

Bentornati alla rubrica tecnica di Rollingsteel.it! Per la gioia degli appassionati di motori sovralimentati oggi affrontiamo un’altra tipologia di sovralimentazione meccanica molto diffusa, ossia quella ottenuta mediante il compressore volumetrico. Se vi siete persi la puntata dedicata al turbo, date un’occhiata qua!

Con il termine compressore volumetrico si intende una macchina a fluido che elabora volumi costanti di aria ed in cui la compressione avviene in quanto un certo volume (costante) di aria che entra nel compressore viene spinta in volumi sempre più piccoli innalzandone la pressione. 

WLF, ovvero viva la fisica!

Prima però di procedere nella descrizione di questo sistema di sovralimentazione è necessaria un pò di fisica; questo perchè ci aiuterà a capire tante cose e anche perchè siamo ingegneri ed il motto di molti di noi è viva la fisica, o se non lo è ci sono andato molto vicino!

Siete pronti? Partiamo! Come per ogni macchina ciò che ci interessa è il suo rendimento e lo possiamo definire aiutandoci con questo grafico:

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Questo mette in relazione l’andamento di 2 grandezze fisiche, l’ entalpia (H) e l’ entropia (S) al variare della pressione (Entalpia ed Entropia sono due forme di energia, diverse ma correlate fra loro, se volete saperne di più scrivetemi, posso dare ripetizioni di termodinamica!). Le curve rappresentate sono 2 isobare, ossia 2 curve a pressione costante, con p2 maggiore di p1. Teoricamente la compressione ci porterebbe dal punto 1 a punto 2t (dove la t sta per “teorico”), ma in realtà veniamo deviati verso il punto 2 a causa delle inevitabili perdite fluidodinamiche. Il rendimento viene definito quindi come:

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Oltre ad un rendimento di tipo termodinamico possiamo introdurre anche un rendimento di tipo volumetrico definito come il rapporto tra il volume di fluido aspirato effettivamente e quello teorico:

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La portata di aria elaborata in un compressore volumetrico cresce linearmente con la sua velocità di rotazione e dipende dal rendimento volumetrico appena introdotto. Al crescere della pressione però aumento i trafilamenti al suo interno, il rendimento volumetrico diminuisce e diminuisce la portata di aria elaborata. Di conseguenza, con nostra grande tristezza, anzi solo vostra visto che ho un aspirato, non si può esagerare con il rapporto di compressione. Se la mappa dei rendimenti del turbocompressore vi sembrava strana, buttate un occhio a questa roba:

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In ascissa abbiamo la portata massica corretta, in ordinata la pressure ratio (in italiano, rapporto di compressione), all’ interno del grafico le solite zone di rendimento e le linee di isovelocità. Se non avete creduto a ciò che vi ho detto prima riguardo la diminuzione del rendimento volumetrico con l’ aumentare della pressure ratio, prendete una qualsiasi retta di isovelocità (quelle che sembrano verticali ma che non lo sono) e percorretela dal basso verso l’ alto: vedrete che la portata elaborata diminuisce…quindi non vi stavo mentendo! La notizia buona è che all’ aumentare del regime di rotazione questo sconveniente viene man mano limitato. Il consiglio comunque è quello di non esagerare con la pressione! 

Ci avete capito qualcosa? No? Non vi preoccupate, questa materia è talmente vasta e complessa che ci sono corsi universitari fatti apposta per cercare di capirci qualcosa. E poi lo diceva lo stesso Boltzmann (uno dei più grandi fisici di tutti i tempi ed uno dei padri della termodinamica moderna) che, in queste questioni, chi afferma di aver capito è proprio il primo a non averci capito nulla!

Prima di fare quindi la fine di Boltzmann che su queste cose ci è impazzito e ci si è suicidato (sulla sua stessa lapide c’è la formula dell’entropia, non si esce vivi dalla termodinamica!), torniamo a parlare di roba comprensibile!

Tipologie di compressore volumetrico.

A livello costruttivo anche per il compressore volumetrico si individua una parte fissa detta statore ed una o più parti mobili dette rotori. I modelli disponibili in commercio sono molti ma visto che questo non è un libro di ingegneria (per fortuna!), crediamo sia cosa buona e giusta analizzare solo i principali!

Il tipo di compressore più classico e diffuso è quello a lobi (2 o 3) il quale ha 2 (o 3 nel caso di un modello a 3 lobi) corpi lobati che, ruotando in un apposito statore, comprimono l’ aria in ingresso in volumi più piccoli fino all’ uscita. E’ noto anche col nome “roots”.

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Il volumex è la sua variante più famosa brevettata dalla Abarth ed utilizzata in tempi sicuramente più divertenti per noi appassionati su Lancia Delta S4 e Rally 037. Pensate che nel motore della S4, accoppiato ad un turbocompressore KKK era capace di fornire ad un motore di appena 1750 cc una potenza di 500 cavalli. Non male eh.

Un’altra variante del compressore è quello a vite nel quale i 2 corpi lobati sono sostituiti da 2 viti che, andando dall’ingresso verso l’ uscita, riducono progressivamente lo spazio tra di loro e quindi aumentano la pressione del fluido che le attraversa.

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Questa tipologia di compressore può venir preferito rispetto al classico Roots a seconda dello spazio disponibile nel cofano motore della vettura grazie al suo minor ingombro.

Infine abbiamo il compressore a palette il quale è molto interessante perché presenta un meccanismo particolarmente furbo che ricorda, molto lontanamente, il funzionamento del Wankel (Qui l’articolo dedicato):

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La parte interna è costituita da un rotore su cui sono calettate delle palette libere di scorrere radialmente al suo interno, mentre la parte esterna fa da carter. Durante la sua rotazione, l’ eccentricità tra il centro del rotore e quello dello statore fa si che le palette si muovano riducendo progressivamente il volume disponibile per l’ aria che viene compressa di conseguenza e quindi mandata in aspirazione.

Azionamento del compressore volumetrico.

Come si aziona un compressore volumetrico? In questo caso non si sfruttano i gas di scarico che, ahimè, vengono invece dispersi nell’ ambiente: aspettate, non sono un naziambientalista ma piuttosto sono dispiaciuto perché il calore dei gas di scarico viene buttato fuori quando potrebbe invece poter essere sfruttato meglio (con un turbo ad esempio)! Con il compressore è infatti il motore stesso a fornire l’ energia necessaria al suo azionamento per comprimere l’ aria con il risultato che parte della potenza in più che ci garantisce viene sacrificata. La cosa bella di non utilizzare i gas di scarico è che non dobbiamo aspettare di superare una certa soglia magica oltre la quale il motore si trasforma, o almeno così è per i turbo vecchia scuola!

Se quindi vogliamo fare una tabella in cui affrontiamo i pro ed i contro di questo sistema, possiamo affermare che il compressore volumetrico garantisce una certa spinta fin dai bassi regimi e la totale assenza di ritardo in risposta al comando del gas (il famoso turbo lag) ed è più affidabile rispetto al turbo in quanto è sottoposto ad un minor stress meccanico e termico. A discapito di questi vantaggi abbiamo però un maggior consumo di carburante in quanto, come detto, per il suo azionamento andiamo ad assorbire energia dal motore per garantire, comunque, prestazioni inferiori rispetto ad un sistema di tipo turbo a causa dei limiti stessi del sistema, termodinamici e meccanici.

Articolo del 9 Maggio 2016 / a cura di Il direttore

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