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Rover serie K: l’ultimo quattro cilindri di Sua Maestà

Il Regno Unito ha dato molto all’umanità, di bello

e di brutto.

Il motore serie K prodotto dal gruppo Rover tra il 1989 ed il 2005, è uno di quei personaggi controversi, che dividono le opinioni, che ha equipaggiato alcuni dei ferri più divini di fine secolo (si vedano Elise, Exige, Caterham…) eppure è stato anche concausa del collasso dell’intero gruppo MG Rover.

Ma lasciamo la fine alla fine, saliamo a bordo della nostra DeLorean Rover SD1 Vitesse Twin Plenum e torniamo al 1986, a Longbridge. I Saxon pubblicano Rock the Nations, la disoccupazione è ancora sopra l’11%, la Thatcher prosegue le privatizzazioni, la British Leyland cambia nome in The Rover Group plc.

Ne fanno parte il gruppo Austin-Rover e Land Rover, i cui bilanci sono in rosso da tempo. La compagnia va preparata alla privatizzazione: l’ammiraglia SD1 viene pensionata in favore della 800, di derivazione Honda Legend, la Maestro, la Montego e la prima serie 200 (su base Honda Ballade) si preparano a lasciare il passo alle nuove 200 e 400, su base Honda Concerto.

In quanto a motori, nel 1986 giravano per Longbridge i motori serie A, S, O, M, i vecchi V8 ed i nuovi V6 (per la 800) provenienti dal Giappone.

Una breve overview: il serie S è il 1.6 montato su Montego, Maestro e 200 MK1, quattro cilindri monoalbero evoluzione del serie E risalente agli anni ’50. 103 cavalli con l’iniezione elettronica su Rover 216 EFi.

Il serie O, anch’esso evoluzione di motori degli anni ’50 (BMC serie B), anch’esso quattro cilindri monoalbero, ma a differenza del serie S è prodotto (dal 1984 in poi) solo in cilindrata 2.0, ed equipaggia le versioni di punta di Maestro e Montego. Pistolato Turbato Turbizzato su MG Maestro e Montego Turbo, arriva a sviluppare 152cv.

Col serie M la faccenda comincia a diventare più interessante. È un’evoluzione del serie O appena citato, ed è stato introdotto per la nuova ammiraglia Rover 800. Bialbero 16 valvole in lega di alluminio, iniezione elettronica, montato su Rover 820, 220 (MK2) e Morgan Plus 4, capace di sviluppare 138cv. La turbina arriverà nel 1992 col serie T, che motorizzerà la stupidissima Rover 220 Tomcat.

Lasciando stare i V6 C25A e C27A giapponesi (sì, il C30A è quello dell’NSX) ed il leggendario 3500 V8 tutto alluminio di derivazione Buick – ci sarebbe da scrivere un articolo solo per lui –, restano da dire due parole sul serie A.

Quello che tutti voi conoscete come il motore della Mini.

Questo piccolo blocchetto di ghisa ha motorizzato i britannici dagli anni 50 agli anni 80, rimanendo in produzione fino all’alba del nuovo millennio. Il BMC A-Series (diventato poi A+ con i miglioramenti introdotti nel 1970) è un quattro cilindri ad aste e bilancieri, nato 803cc e morto 1275cc, sottoquadro come tutti i motori che presenteremo in questo articolo. Per la sua semplicità e robustezza è stato montato praticamente su tutta la produzione britannica dell’epoca, sia auto di serie che kit car, ed ha visto ampio impiego nelle competizioni. Il 1.3, in applicazioni di serie, ha raggiunto i 90cv in forma aspirata (Mini Cooper S John Cooper Works ’99), 94cv in versione turbo (MG Metro Turbo).

Ma il serie A è in circolazione dal 1951, ed ora noi siamo a metà anni 80, la legislazione europea in materia di emissioni comincia a stringere e la via da intraprendere sembra ormai palese: motori lean-burn, a combustione magra.

Serve quindi un nuovo motore, progettato da zero, un motore per il futuro, efficiente, leggero, facile da produrre e veloce da assemblare, che possa sostituire l’insostituibile serie A. Nasce l’idea del nostro Rover serie K.

Gli ingegneri erano seduti alle stazioni CAD già dal 1984, con il compito di progettare un motore di cilindrate 1100 (8v) e 1400 (8v e 16v), interamente in lega di alluminio.

Il blocco motore in alluminio è necessario per ridurre il peso, ma essendo meno tenace (a trazione) rispetto alla cara buona vecchia ghisa, si dovrebbe impiegare una maggiore quantità di materiale, riducendo il vantaggio in termini di peso e rischiando una distorsione delle camicie dei cilindri. Per aggirare questo problema, gli ingegneri optano per far lavorare il blocco intero in compressione, usando delle lunghissime viti che serrano testa, blocco e basamento in un unico sandwich, che devono sopportare tutti i carichi a trazione sviluppati dal motore.

Le viti – prodotte in Germania – meritano due righe a sé: costruite in acciaio al boro, permettono di ottenere un punto snervamento a trazione preciso e controllato. In fase di produzione, vengono inserite nel motore e serrate ad una coppia tale da arrivare appena prima del punto di snervamento; durante il primo avviamento, una volta entrati tutti i componenti in temperatura, le viti subiscono un’ulteriore deformazione che porta il materiale appena dopo il punto di snervamento, garantendo così un determinato, uniforme e consistente carico di serraggio su tutto il blocco.

Disegno motore Rover Serie K
Notare le lunghissime viti di tenuta

Monoblocchi e teste sono prodotte per LPS, low pressure sand system, ovvero pressofusione a bassa pressione, che permette di spingere la complessità geometrica un passo oltre la classica fusione in conchiglia. Si possono ottenere sezioni più sottili, quindi ridurre il peso. Anche le testate dei motori serie M sono prodotte così.

La lega utilizzata è la LM25 secondo il British Standard 1490, trattata termicamente. Torneremo su questo punto.

Un po’ di aesthetics dalla fonderia di Longbridge

Il serie K ha inoltre distribuzione a cinghia, punterie idrauliche ed iniezione elettronica single point per il top di gamma 1.4 16v. Il blocco è in lega, semi-closed deck, con wet liners in ghisa. Gli alberi motore sono in ghisa, con 5 supporti di banco.

Nessuna guarnizione in questo motore (oltre a quella di testa), tutti i blocchi di alluminio sono sigillati tra loro con uno speciale sigillante anaerobico, necessario viste le bassissime tolleranze, che se sostituito con un normale silicone – come quasi sempre capita sui motori revisionati – trasformerà il gioiellino in un colabrodo (oltre ad ostruire i condotti di lubrificazione delle punterie).

La guarnizione di testa è una tecnologia appena arrivata sul mercato: un sottile foglio di acciaio con delle linee di materiale elastomerico “stampate” sull’acciaio stesso. Questa soluzione permettere di sigillare i vari condotti richiedendo una forza inferiore rispetto alle altre tipologie di guarnizioni di testa, condizione imposta dalla particolare costruzione “a sandwich” del motore.

Il 1.1 (75x63mm) a carburatore sviluppa 60 cavalli, il 1.4 (75x79mm) sviluppa 75cv in versione monoalbero e 90cv bialbero ad iniezione single point.

Gli anni passano, ora è il 1989, gli Scorpions cantano Still Loving You sul palco del Music Peace Festival di Mosca, in un’Unione Sovietica che sta per collassare proprio come la guarnizione di testa del nostro serie K, il gruppo Rover fa parte di British Aerospace dall’anno scorso, il serie K viene presentato il 30 agosto, la nuova serie 200 (su base Honda Concerto) l’11 ottobre, il 9 novembre crolla il muro di Berlino, a dicembre ci si prepara a presentare le nuove Metro (serie 100 per l’oltremanica) e 400.

Ora la cilindrata media, montata sulle 200 e 400, è il 1.6 Honda, monoalbero (D16A6) e bialbero (D16A8), quest’ultimo in grado di sviluppare 130cv e di frullare fino a 7200 giri sulla pepata Rover 216 GTi.

Gli anni passano, le nuove 200 e 400 vendono, il serie K si sta dimostrando il motore che prometteva di essere, la 800 viene ringiovanita da un pesante restyling (1991) la 200 diventa anche cabrio e la 800 anche coupé (1992), nasce la serie 600 su base Honda Accord (1993), tutto rose e fiori, insomma! Fino a quando, il 31 gennaio 1994, la British Aerospace dichiara a sorpresa che venderà la sua quota del gruppo Rover (80%, l’altro 20% era di Honda) a BMW.

Ed è il panico generale.

Poco dopo, Honda vende il suo 20% e smette di fornire motori. Ed ora? Che 1.6 si monta?

Si opta per il serie K. Che però è 1.4. Deve ora crescere, e per crescere deve cambiare. Bisogna aumentare l’alesaggio. Ma il serie K è nato 1.4, è stato pensato ed ottimizzato per essere non più grande di 1.4, l’architettura del blocco non può ospitare camicie più grandi.

Si cambia l’architettura del blocco, sparisce il top deck (quindi ora è un open deck) e le camicie diventano di tipo damp liner. Questa scelta tecnica fa perdere rigidità torsionale al blocco, e l’aumento degli stress causati dalla maggior cilindrata (che oltre a 1.6 arriva a 1.8), sono alla base del noto problema di cedimento della guarnizione di testa. Il blocco flette, il riporto elastomerico sulla guarnizione di testa subisce uno sforzo di taglio eccessivo, e si rompe:

Collassata la guarnizione di testa (“HGF”, Head Gasket Failure), avviata l’infernale giostra refrigerante nell’olio + olio nel refrigerante + refrigerante in camera di combustione + gas di combustione nel refrigerante, presto il motore beve il refrigerante e si surriscalda.

Qui entra in gioco la lega LM25 che abbiamo citato prima; essendo la testa trattata termicamente, qualora le temperature dovessero salire troppo, la lega rischia di subire rinvenimento, perdendo le sue proprietà meccaniche. La testa è quindi da buttare.

(Breve lezione pratica di metallurgia e trattamenti termici qui: https://youtu.be/uG35D_euM-0?si=A8riuvdHln-o3dUr)

Le camicie dei cilindri, ora che sono damp liner, appoggiano solo nella parte inferiore del monoblocco, sottile lembo di alluminio che, se surriscaldato, rischia anch’esso di cedere. Ed ecco un altro problema caratteristico del serie K: l’affondamento delle canne dei cilindri. Se le canne scendono sotto un valore critico di protrusione dal piano superiore del blocco (4 thou, 1 decimo di millimetro) oppure se non sono tutte perfettamente a livello, la nuova guarnizione di testa non farà tenuta ed il blocco è da buttare (oppure si può provare a recuperare l’altezza delle canne con degli appositi spessori, shims in inglese).

Il problema è aggravato dagli sbalzi termici, che gli impianti di raffreddamento dell’epoca (soprattutto a causa dell’infelice posizione del termostato, pensato per piccole utilitarie da città) non riuscivano a gestire in maniera efficiente. Le auto più affette sono infatti i Freelander (Ford, acquisita Land Rover nel 2000, risolverà parzialmente con un carter inferiore più rigido, una nuova guarnizione di testa ed un nuovo termostato) e tutte le auto a motore centrale (MGF, TF, Lotus).

Ma torniamo al 1995. Il 1.8 riceve la fasatura variabile in aspirazione (VVC, agisce sul timing e non sul lift) e da 118cv sale a 143cv (più tardi arriverà a 160cv con l’accensione digitale). Il nuovo 1.8 pistolato fa venire strane idee ai dirigenti: prendono l’avantreno della Metro, lo fanno diventare retrotreno et voilà la nuova MG F. La serie 200, giunta alla terza generazione e basata ora su telaio Civic, riceve il 1.8 VVC e nasce la Rover 200 BRM.

Honda non ci da più i V6, BMW non ha V6, un V8 trasversale dentro la 800 non ci sta, bisogna fare un V6. Ed ecco il violino di Longbridge Rover KV6.

Nel 1996 il 1.8 finisce in casa Lotus, che crea il Very High Power Derivative (VHPD) per l’Exige, capace di 184cv a 7000 giri.

Nel 1997 ci mette le mani Caterham e riesce a fare di peggio, con ben 235cv a 8500 giri su Caterham R500.

Nel 1998 viene presentata la Rover 75, la nuova ammiraglia, che sarà la prima ad ospitare (nel 2000) la versione turbo del 1.8 serie K (160cv), versione turbizzata che comunque non vedrà mai applicazione in ambito sportivo.

In Italia i serie K, nelle corse, sbarcano con il monomarca per le 114 GTi ed il Trofeo Rover per le 214 e 216. Si distingue Adolfo Elaborazioni, di Bologna (fra Sala Bolognese e San Giovanni in Persiceto, ad un tiro di schioppo dalla casa natale del Direttore… coincidenze?), che si specializza su questo motore, arrivando a costruire un 1.9 da 240cv e più di 8000 giri. Farà furori nel Campionato GT Peroni, il Campionato Superproduzione, il CIVT N4, il trofeo Lotus Elise ed il trofeo MGF.

Sbirciata nel Michelangelo del ‘Dolfo – il 1.9 da 240cv

Torniamo oltremanica: finisce il millennio, finiscono i soldi. BMW dichiara che il gruppo Rover sta perdendo 3 milioni di dollari al giorno, vende Land Rover a Ford, si intasca il marchio Mini, e vende (per 10 sterline) quel che rimane del disastrato gruppo al consorzio Phoenix.

Rover è in fin di vita, annegata dai debiti, eppure proprio in questo momento cominciano a succedere cose strane.

Mentre tutto comincia ad esplodere, nel 2001 vengono presentate l’MG ZR e ZS, versioni pepate delle Rover 25 e 45 (a loro volta restyling delle 200 e 400), l’anno dopo vengono preparate rispettivamente per il Rally ed il BTCC. La Rover 75 impazzisce e diventa MG ZT, la station wagon passa per le mani di Xpower e fa il record a Bonneville (2003), poi nel 2004 rinnega la trazione anteriore e monta motore e trasmissione della Mustang GT (MG ZT 260), che finiscono anche sulla folle MG XPower SV (2003), prima e ultima “supercar” del gruppo Rover, di fatto ricarrozzamento della Qvale Mangusta, già De Tomaso Guarà fu Maserati Barchetta. Il marchio MG si spinge fino a Le Mans, con la MG-Lola EX257 (2001).

Il gran finale si avrà nel 2005, quando tutto il gruppo MG-Rover collasserà clamorosamente, lasciando a piedi 6000 lavoratori di Longbridge e 25.000 (stimati) lungo tutta la catena di fornitori e concessionari.

Come accennato, tra il 2001 ed il 2005 hanno visto la luce mezzi molto interessanti, sotto la bandiera di MG ed Xpower. La gnocchissima MG ZR EX258 per il S1600, sviluppata da GSE Motorsport, con il nostro amato serie K – qui 1600cc e 220cv – preparato da AER. Correrà (tra l’altro) a Montecarlo nel 2002, ma un incidente la costringerà al ritiro.

La MG ZS EX259, affidata al team West Surrey Racing, correrà il BTCC. Il motore è il KV6, in cilindrata 2000cc, sempre preparato da AER, qui in grado di sviluppare ben 270cv. Sarà il canto del cigno del sei cilindri serie K.

Il quattro cilindri vedrà la sua ultima e massima evoluzione nel 2004, quando, dopo un po’ di gin, i mattacchioni di Xpower andranno a bussare alle porte di… Judd (si quella di motori F1). Ne uscirà il K2000.

Qui la presentazione all’Autosport Show del 2003, su MG ZR X-Power 210

Per il K2000 da pista, Engine Develoment Ltd. (EDL, Judd è un marchio EDL) fornisce camicie in acciaio (passando da 80mm ad 82.5mm di alesaggio), pistoni forgiati (compressione 11.0:1), testa flussata, camme, albero ricavato dal pieno, punterie meccaniche, volano, quattro corpi farfallati e carter secco. Nel 2004 Xpower vi vendeva anche iniettori, centralina, cablaggio, garanzia e rullaggio con ispezione a banco prova per la bellezza di 12.900 sterline. Avevate 250 cavalli, 258Nm, e 7500 giri, con una revisione programmata ogni 3000 miglia (4800km circa) di uso pista.

Tutto questo ben di Dio per un peso piuma di 75kg a secco, con volano e cablaggio, senza frizione e scarico.

Il K2000 “stradale”, quello presentato nel 2003 nella foto sopra, manteneva fasatura variabile, punterie idrauliche ed aspirazione a farfalla singola (da 52mm) del VVC 160cv di serie, erogava 210cv a 7000 giri e 230Nm, costava 8895 sterline.

Il K2000 da pista

Ma il tempo sta per scadere. Nel 2004 MG-Rover tratta con Proton, la trattativa fallisce, tratta con SAIC, vende i diritti della 25 e della 75 a SAIC, stalla la trattiva con SAIC, collassa tutto, Longbridge chiude, Nanjing compra tutto e affitta Longbridge per 33 anni, SAIC perde il diritto del marchio Rover, crea ROEWE.

Si comincia a produrre la 75 in Cina, Nanjing invece comincia a produrre la MG TF in Cina, SAIC si fonde con Nanjing, Ford compra il marchio Rover, SAIC-Nanjing torna a produrre la TF a Longbridge, la TF non vende più, si assemblano le nuove MG 6 dalla Cina, le MG 6 non vendono come sperato, stop! Stop davvero, questa volta. Nel 2016 finisce tutto definitivamente, e gran parte degli stabilimenti viene rasa al suolo per lasciare spazio ad abitazioni.

Tuttavia, il nostro amato motore sopravviverà al collasso ed all’acquisizione cinese.

Nanjing (NAC), che aveva acquisito i diritti ed i macchinari per la produzione del serie K, andò a bussare alla porta di Lotus Engineering, si fece ridisegnare la guarnizione di testa ed il carter inferiore, lo rinominò serie N e tornò in Cina a produrlo ed a montarlo sulle MG TF, MG3 SW (Rover 25 Streetwise) ed MG7 (Rover 75), quest’ultima pure col 2.5 V6 rinfrescato da Lotus. Il NAC serie N è morto nel 2013 con la fine della produzione della MG7.

SAIC aveva comprato i disegni ma non i macchinari, quindi andò da Ricardo PLC (McLaren M838T vi dice niente?), che ridisegnò testa e blocco (e materiali e macchinari), risolvendo in maniera definitiva tutti i problemi del vecchio serie K. Il nuovo SAIC “Kavachi” TCI-Tech, 1.8 turbo, fu installato sulle Roewe 750 (Rover 75 allungata), 550 (evoluzione della Rover 75 in fase di studio appena prima del collasso), e – dopo la fusione con NAC – MG 6 (evoluzione della Roewe 550). Il Kavachi morì nel 2016 con la MG 6.

Il SAIC TCi-Tech 1.8 appena uscito da ̶L̶o̶n̶g̶b̶r̶i̶d̶g̶e̶ 塔庙村  fresco fresco su Alibaba.com

Anche il K2000 di Judd ha continuato a vivere dopo la morte di MG-Rover (2005).

Nel BTCC il Team WSR, poi Team RAC, pensionò il V6 e montò il K2000 nell’MG ZS, che finì terza assoluta nel 2006 con Colin Turkington. La ZS K2000 corse nel BTCC col Kartworld Racing Team fino al 2008.

2006, Castle Donington, Turkington va a funghi con Giovanardi

L’MG ZR, senza il supporto della casa madre, è riuscita ad arrivare al S2000. Nel 2006 Motor Sport Development (MSD, quelli che hanno fatto la Hyundai Accent WRC) mise un K2000 in una ZR, mandò un po’ di carte alla FIA e tirò fuori la MG S2000 Sport. 270 cavalli a 8500 giri, ne furono prodotte 5.

Come giudicare l’ultimo quattro cilindri di Sua Maestà? È stato un motore buono o cattivo? È stato un motore innovativo, raffinato, leggerissimo, delicato e talvolta problematico, ma che passato per le mani giuste sa ancora oggi dire la sua. L’aftermarket è ancora vivo nel Regno Unito, dalle camicie in ghisa sferoidale Westwood ai kit di conversione a punterie meccaniche Piper Cams, dalle guarnizioni di testa elastomeriche Victor Reinz alle trimetalliche SAIC.

E voi con le Elise e le Exige, là fuori, pensateci due volte prima di guardare languidi ad un Honda K20A!

Hawker Hurricane in produzione a Longbridge, 1942. So che a voi piace…

Articolo di Diego Nardelli che stanco di vedere Lotus Elise ed Exige S1 swappate Honda K20 ed esasperato dalla sua Rover 114 GTi ci ha sottoposto questo suo articolo mandandocelo via mail e mi sa che oggi pomeriggio gli telefono per complimentarmi

Articolo del 24 Gennaio 2024 / a cura di La redazione

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  • Luigi Cavallo

    Molto esaustivo, tecnico e anche divertente!
    Bravo!

    • Antonluigi

      Quanto godo e rido a leggere questi articoli!

    • Mauro

      In famiglia abbiamo distrutto testata di Rover 416, 214 e 216 coupé. Ma quanto mi piacevano…

  • Michele

    Mia mamma aveva comprato la 111 a luglio 1992, per 20 anni non ha avuto problemi, poi le sospensioni esauste, i supporti motore dove si è consumata la gomma hanno dato qualche problema parzialmente risolto, da due anni però devo periodicamente sostituire tutto il liquido referente una volta all’ anno per via del fango che si forma, ma nonostante tutto è ancora una buona macchinina

  • Alessandro

    Articolo magnifico. Appassionante e scritto benissimo. Complimenti all’autore!

  • Sergio

    Articolo eccellente che ho letto tutto d’un fiato. Vi lascio immaginare il mio interesse per questa cronostoria, avendo ancora oggi in garage un Freelander che monta il 1800 serie k, in attesa di montare prima o poi una nuova testata.

  • Gianmarco

    Bellissimo. Grazie!

  • Emilio PERRI

    Complimenti, ho lavorato per cca 20 anni in Rover Italia ed è la prima volta che leggo qualcosa di molto vicina alla realtà… Molto sofferta! EP

  • raimondo randon

    eccomi
    io sono uno di quelli la fuori con l’ Elise 11S col Rover VCC
    Eh, lo so… che culo ho avuto 🙂

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