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Il mostruoso Parisgeschütz, il cannone che colpiva Parigi da oltre 120km

Questa incredibile storia può iniziare in due luoghi e due tempi diversi.

Questa storia può, per esempio, iniziare in Germania in un giorno imprecisato, diciamo che il periodo è quello della Prima guerra Mondiale. Siamo a 60 km dal poligono di tiro della Krupp, una zona sicura, e il parroco della zona è nel suo giardino che cura le piantine dell’orto quando, all’improvviso, un rombo di tuono scuote la sua quiete e un proiettile d’artiglieria gli piove in casa, tirando giù tutto e devastando l’abitazione del povero prelato.

“cazzosuccede” avrà pensato il nostro prete quel giorno.

Semplice: succede che alla Krupp un artigliere ha sbagliato l’alzo di un cannone di prova impostandolo a circa 55° e facendo piovere un proiettile oltre 10 km più in là di quanto previsto. Il direttore della Krupp e il famoso balistico V. Eberhard si mettono a tavolino e scoprono una cosa interessante: se si spara con un angolo di tiro elevato, diciamo superiore a 45°, il proiettile raggiunge in fretta gli strati superiori dell’atmosfera, là dove l’aria è meno densa e di conseguenza diminuisce la resistenza aerodinamica, facendo quindi conservare al proiettile quantità di moto e aumentandone di gittata. Fino a quel giorno la massima gittata di un cannone era di circa 40km, raggiunta da un cannone da costa inglese calibro 380 mm.

Fino a quel giorno.

(e qui mi gioco la gif di Loris Batacchi)

Vi ricordate però che vi ho detto che questa storia può iniziare in luoghi e giorni diversi?

Bene, lasciamo il prete senzatetto a causa degli esperimenti della Krupp e andiamo a Parigi, per la precisione al 23 marzo 1918, alle 7:17 del mattino. Quella mattina il sole si affaccia timido sulla capitale francese riscaldando il terreno e facendo assaporare la primavera che, in tutti i sensi, sta per arrivare: nessuno ancora lo sa, ma la Prima Guerra Mondiale è agli sgoccioli. Il conflitto che negli ultimi 4 anni ha fatto conoscere al mondo il significato della parola “orrore” sta per terminare, lasciando dietro di sé non solo un nuovo modo di fare e intendere la guerra, ma un’infinita scia di sangue e tristezza, oltre a incomprensioni che 20 anni dopo riporteranno il mondo sull’orlo del baratro.

Comunque, sono le 7.17 del mattino del 23 marzo 1918 e la gente passeggia tranquilla, pronta per affrontare una nuova giornata nella sicurezza offerta dalla città, giustamente tenuta lontana dalle battaglie, ancora condotte con un fare cavalleresco che tende a risparmiare certe sofferenze ai civili. I tedeschi ci avevano già provato, con gli Zeppelin prima e con i Gotha dopo ma, per ora, la tecnologia l’arretratezza dei bombardieri e delle bombe tiene al riparo le città dalla follia umana.

– 1918, così a Parigi proteggevano l’Arco di Trionfo contro eventuali bombardamenti. Foto via

Scoccano le 7:18 e all’altezza del numero 6 di Quai de la Seine, zona nord-est di Parigi, il terreno, i vetri, i timpani, la quiete tutto viene sconquassato da un boato: una gigantesca esplosione irrompe nella pace di quella mattina, generando caos e terrore nei passanti. Una volta diradati il fumo e la polvere, per terra, nessuno, né morti, né feriti, ad aleggiare resta solo la paura.

All’improvviso, in quella che sembrava una tranquilla mattina primaverile, a Parigi scoppia il caos, nessuno capisce cosa sia successo: una fuga di gas? Un deposito di munizioni è saltato per aria? Nemmeno il tempo di farsi troppe domande che nel giro di 15 minuti un’altra tremenda esplosione devasta un altro punto della città, stavolta però facendo 8 morti, e poi un’altra, e poi un’altra e poi un’altra ancora. Nessuno capisce più niente.

Dal cielo, che in molti guardano con sospetto, il silenzio, non si sente né il rumore di un bombardiere né quello di un dirigibile. Poi, di colpo, SBAM!, un’altra esplosione, venuta dal nulla, ritornata nel nulla. Dalle 7:18 del mattino fino alle 15, il 23 marzo 1918 Parigi viene colpita 20 volte, ininterrottamente e puntualmente ogni 15 minuti. Ci vorrà un po’ di tempo, quello necessario a raccogliere le schegge, per capire che la città sta venendo colpita da dei mostruosi colpi di artiglieria da almeno 208 mm.

– frammenti ritrovati sui luoghi delle esplosioni, si nota la superficie esterna profondamente segnata, tipica dei colpi d’artiglieria –

Il silenzio viene rotto dal quotidiano “Le Temps”, che il giorno dopo pubblica la seguente notizia: “il nemico ha sparato su Parigi con un cannone a lunga gittata… si stanno attuando le misure per combattere il cannone nemico. Aggiungiamo alla spiegazione ufficiale, che la distanza più breve dal fronte a Parigi è di oltre 100 chilometri”. Un valore semplicemente incredibile: mai, MAI, un pezzo di artiglieria era mai riuscito ad avere una gittata superiore ai 40 km.

CANNONE? QUALE CANNONE?

Il Cannone di Parigi, dalla Krupp con amore

Nel marzo 1918 la Germania si era giocata tutto quello che poteva giocarsi ed era allo stremo delle forze ma le cose non buttavano poi così male: la Russia, devastata dalla Rivoluzione del 1917 e ora capitanata dai Bolscevichi, si era tirata fuori dai giochi e la pesantissima sconfitta asfaltata che si era presa l’Italia a Caporetto faceva preludere ad un colpo di coda dell’impero Germanico, ora di nuovo predominante sul suolo europeo. In questa situazione i tedeschi ne approfittarono per tornare a spingere con forza sul fronte occidentale, fermandosi a poche centinaia di km da Parigi, con il fronte alleato devastato ma tenuto assieme da una incrollabile forza di volontà e dagli imponenti aiuti in arrivo dagli Stati Uniti. Ai tedeschi serve un modo per fiaccare il morale nemico prima dell’arrivo degli Yankee, per gettare scompiglio nelle retrovie colpendolo al cuore e spingerlo ad arrendersi.

L’idea è quindi quella di bombardare le città colpendo i civili ma nel 1917/1918 la cosa è tutt’altro che semplice da realizzare: l’aviazione è ancora agli albori, gli aerei sono lenti, goffi e faticano a portare in quota bombe sufficientemente grosse per fare danni rilevanti, senza contare che non esistono sistemi di puntamento degni di questo nome.

– Un Gotha G.V viene caricato con le sue poche bombe –

Poi ci sono gli Zeppelin, ma anche loro hanno qualche controindicazione, specialmente nel momento in cui vennero sviluppati dei caccia capaci di volare alle loro stesse quote, con quindi la capacità di abbattere quegli oggetti tanto affascinanti ma alla prova dei fatti enormi, lenti e tremendamente fragili (e anche un po’ infiammabili). Insomma, serve una alternativa concreta per portare un po’ di scompiglio nel cuore del nemico, là dove fa più male, là dove cenano mogli e figli degli uomini al fronte.

– se non lo avete mai letto, avete appena trovato il vostro prossimo libro, disponibile QUI

La Germania arrivò alla soluzione a tutti questi problemi sfruttando alcuni dei migliori tecnici dell’epoca – su tutti Fritz Rausenberg della Krupp e il famoso balistico Eberhard – per costruire una delle armi più terribili e affascinanti di sempre, il gigantesco Lange Kanone in Schiebegerüst, passato alla storia come il Cannone di Parigi.

Caratterizzato da una canna lunga 37 metri con un calibro di 210 mm, questo prodigioso cannone era il risultato di tutto il know-how maturato dalla Krupp con la costruzione di un’altro cannone estremamente potente e famoso, la Grande Berta da 420 mm di calibro. Il cannone di Parigi però, nonostante un calibro dimezzato, stava su un altro pianeta. Per ottenere questa arma mastodontica alla Krupp partirono da una bocca da fuoco navale SK L/45 Langer Max da 380 mm di diametro dentro alla quale infilarono due canne molto più lunghe e dal diametro di 210 mm (la prima sbucava dal Langer Max, la seconda era flangiata sulla prima, si nota l’attacco fra le due cane nella figura qui sopra) più un tratto terminale di 6 metri completamente liscio per limitare il beccheggio del proietto (tra l’altro l’utilizzo di un tratto terminale liscio obbligò gli uomini della Krupp a studiare un particolare tipo di proietto con una doppia scanalatura, fondamentale per evitare perdite di pressione nel passaggio dal tratto rigato a quello liscio; è un discorso molto complesso, vedremo di scrivere qualcosa a parte).

– nella foto in alto il Langer Max sul suo affusto, sotto un proietto del Langer Max accanto ad un artigliere, così per capire di cosa stiamo parlando. –

Alla fine questo incredibile minestrone diede vita ad un obice pesante non meno di 250 tonnellate (la Grande Berta fermava la bilancia a “sole” 42 tonnellate) bisognoso di speciali tiranti per evitare che la canna si piegasse sotto il suo stesso peso. Una volta in posizione sul suo affusto di cemento armato e acciaio, il lange Kanone in Schiessegeruüst raggiungeva un peso di oltre 750 tonnellate e veniva messo in opera da 80 marinai della Kriegsmarine, scelti per la loro familiarità con questo tipo di armi.

– fate tutti “ciiiiis”! –

Sparando colpi con una velocità iniziale di 1.640 m/s (circa Mach 5) e con un alzo di ben 55°, questo gigantesco cannone poteva raggiungere una mostruosa gittata di oltre 135 km in appena 182 secondi, il tutto grazie a cariche multiple da 196 kg e al fatto che i proiettili, nella loro traiettoria balistica, raggiungevano una quota di oltre 40 km – solo le V2 riuscirono ad andare più in alto -, incontrando quindi strati dell’atmosfera più rarefatti e meno resistenti, consentendo così al proietto di allungare la sua corsa molto di più di quanto fattibile a quote più basse.

Tuttavia questo è solo l’inizio: la gigantesca temperatura e pressione che venivano raggiunte in camera di scoppio – parliamo di circa 2.000°C e 4.800 bar – usuravano in maniera considerevole le pareti della canna e ogni proiettile (del peso indicativo di ca. 106 kg) che veniva sparato allargava il calibro dell’obice, obbligando gli artiglieri a misurare accuratamente il diametro della canna dopo ogni sparo e ad utilizzare man mano proiettili di diametro maggiore e cariche più potenti… si stima che la vita utile di una canna fosse di circa 65 colpi, dopo i quali raggiungeva un calibro di 240 mm. Inoltre, per sparare questi colpi alla mostruosa velocità iniziale richiesta, la Nobel dovette sviluppare un’innovativa carica, grande tre volte il normale.

– schema dei proiettili utilizzati dal cannone di Parigi, si noti il disegno particolarmente aerodinamico –

Tuttavia, avere a che fare con un oggetto del genere spinse la scienza balistica un po’ più in là, obbligando gli addetti al Cannone di Parigi di fare i conti con fenomeni mai considerati fino ad allora fra cui la forza di Coriolis, dovuta alla rotazione terrestre e che agisce influenzando il moto di tutti i proietti, specialmente quelli con una gittata particolarmente lunga. Nel caso del Cannone di Parigi gli artiglieri dovevano tenere in conto che il proietto sarebbe atterrato 393 metri più vicino e 1.343 metri più a destra di dove sarebbe atterrato senza considerare tale effetto.

Una volta pronto, il primo di questi mostruosi cannoni venne posizionato su una piastra d’affusto girevole di origine navale vicino a Crépy in una posizione accuratamente scelta e occultata al centro di un bosco, il tutto utilizzando due binari paralleli su cui si muoveva un gigantesco carroponte costruito per l’occasione. Per tenere più nascosto possibile il cannone, si dice che gli artiglieri tedeschi arrivarono a piantare altri alberi nella zona in aggiunta a quelli esistenti e di rimpiazzarli quando le foglie appassivano. Oltre a questo nei dintorni del Cannone di Parigi venne piazzata un’altra trentina di cannoni d’artiglieria che sparavano all’unisono assieme a lui in modo da non permettere a nessuno di capire da dove provenisse il colpo piovuto su Parigi, questi qui erano fuori di testa.

– ricostruzione artistica del cannone di Parigi in posizione e pronto a sparare –

– il cannone di Parigi nella sua posizione in mezzo alle fratte –

 – piastra d’affusto ritrovata fuori Parigi, probabilmente utilizzata per il lange Kanone –

Il fuoco, come detto, iniziò il 23 marzo del 1918 e continuò senza sosta nei giorni successivi, arrivando a fare il casino quello giusto venerdì 29 marzo del 1918 (Venerdì Santo di quell’anno), quando un colpo centrò in pieno la chiesa di St. Gervais, nell’Ile de France, uccidendo di colpo 82 persone e ferendone 68. Nonostante questo, nelle settimane seguenti il cannone continuò imperterrito a far cadere acciaio rovente su Parigi: si stima che dal 23 marzo 1918 all’agosto dello stesso anno siano stati sparati dai 320 ai 367 colpi, il tutto utilizzando tre cannoni operativi dei sette che vennero messi a punto.

– foto dell’epoca che ritraggono i danni inflitti dal cannone sulla capitale francese nei giorni 12 e 13 aprile 1918 –

– interni della chiesa di St-Gervais dopo il disastro del Venerdì Santo –

– mappa di Parigi con indicati i punti di caduta dei colpi del Cannone di Parigi –

Alla fine della fiera, nei mesi in cui vennero utilizzati, i cannoni di Parigi mieterono circa 250 vittime, un risultato sicuramente al di sotto delle aspettative tedesche e, complice la situazione di stallo che le operazioni militari stavano incontrando a nord, del tutto ininfluente per quanto riguardo il corso della guerra: possiamo infatti affermare che, nonostante l’aspetto minaccioso, il Cannone di Parigi non fu un’arma di successo, era difficile da mettere in opera, la canna doveva essere sostituita regolarmente e la precisione era sufficiente soltanto per bersagli delle dimensioni di una città.

I mesi in cui il cannone venne impiegato furono poi quelli che videro la situazione tedesca ribbaltarsi nemmeno fosse passato di lì Alessandro Borghese. Proprio il 21 marzo del 1918, due giorni prima dei primi colpi su Parigi, Ludendorff lanciò una prepotente offensiva che se fosse andata a buon fine avrebbe causato la vittoria finale della Germania: annientata l’armata britannica sulla Somme, in maggio i tedeschi avanzarono attaccando i francesi prima tra Soisson e Reims poi a Compiégne. Quest’ultima operazione però fallì e nello stesso momento una gigantesca iniezione di uomini e armamenti provenienti dagli Stati Uniti rimise sia la Gran Bretagna che la Francia in condizione di resistere e reagire, respingendo i tedeschi sulla Marna. Nonostante alcuni tentativi di riscossa, l’esercito del Kaiser crollò definitivamente in agosto, fiaccato e dissanguato nonostante fosse ad un soffio dalla vittoria.

– DI BRUTTO sta arrivando, manca poco alla rivoluzione che stai aspettando –

EDIT del 30/12/22, ma che teneri sono i vecchi banner di DI BRUTTO Volume Zero, all’epoca ancora non sapevo che tutto stava per cambiare, finalmente. Ah, sta per uscire una riedizione del volume, iscrivetevi QUI per non perdervi il lancio.

In questi mesi i francesi avevano fatto di tutto per prendere i Cannoni di Parigi senza però mai riuscirci: nessuna di queste spaventose armi cadde in mano alleata e niente di loro, a parte le fotografie che vedete e poche altre, è sopravvissuto alla guerra. Probabilmente i tedeschi hanno distrutto queste armi nel corso della loro ritirata per evitare che gli avanzati studi balistici condotti finissero in mano nemica e molti documenti vennero conservati in gran segreto per poter riutilizzare tutto quanto imparato con questa mostruosa arma durante la Seconda Guerra Mondiale: fra tutti i pezzi di artiglieria utilizzati dai nazisti, il Kanone 21 mostra moltissime somiglianze con il famigerato Cannone di Parigi. Fino ad allora, ad ogni modo, il cannone di Parigi fu il più grande pezzo d’artiglieria mai costruito, poi surclassato dal gigantesco 80 cm K (E), anche conosciuto come Gustav, una delle armi più spaventose della Seconda Guerra Mondiale.

Articolo del 8 Settembre 2021 / a cura di Il direttore

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  • Michele

    Quindi i primi ad infrangere la regola “cavalleresca” di evitare le città, furono i tedeschi ….come mai non mi sorprende?

    • Paolo sporting

      Tecnicamente è balisticamente un prodigio, se solo ricordo le tabelle di tiro dietro ad un semplice colpo con il 155/23 ddi cui disponevano. ( la. Vecchia teoria lungo, corto, centro) Militarmente un fallimento, una quantità enorme di soldati, mezzi, materiali e soprattutto risorse ( leggasi soldi) che potevano essere impiegati meglio nello sforzo bellico del Kaiser e che non hanno raggiunto l. Obbiettivo di demoralizzare il nemico.
      Complimenti per l’articolo.

  • Giorgio

    Direttore non è un cannone ma un obice (howitzer). La differenza tra cannone e obice è che il cannone effettua solo tiri diretti (c.d. di primo arco) mentre l’obice può effettuare tiri diretti e tiri indiretti (c.d. di secondo arco). E per colpire Parigi a 60 km era senz’altro un tiro di secondo arco.

  • Enky

    Mi fa piacere direttore anche l’inserimento di articoli di questo genere. Ci aspettiamo anche un articolo sul Gustav e sul Dora a questo punto 🙂
    L’obiettivo concettuale di questo cannone venne poi ripreso con il progetto per la V3, per poter sparare granate dalle coste occupate della Francia fino a Londra, ma poi mai reallizzato per difficoltà tecniche

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