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La leggendaria cavalcata atlantica del Destriero, più veloce di lei solo gli aerei

“Un uomo che non piange, non potrà mai fare grandi cose”
– Gianni Agnelli –
Excellere
– Motto del Destriero –

Una Domenica mattina di Ottobre, era il 1991, stavo pescando con mio padre sulla scogliera di Priaruggia, un piccolo quartiere del levante genovese ove abitavo. Quella mattina avevo già pescato ben una quindicina di marlin, eh… volevo dire bughe (piccole) ed occhiate (piccolissime)… quando ad un certo punto il cimino (estremità della canna da pesca per chi è campagnolo e non capisce) cominciò a vibrare fortemente. Mio padre, che era con me, vedendo il mio sguardo che trasudava stupore e meraviglia, capì subito che finalmente la preda dei sogni aveva abboccato. Per come tremava la canna, per mio padre, non poteva che essere una bella orata, mi chiese anche qualcosa ma per l’eccitazione le mie corde vocali erano incapaci di emettere alcun suono nonostante la bocca spalancata come se avessi visto il Cristo che camminava sulle acque. Però il mio sguardo non era sulla canna, guardava oltre, verso l’orizzonte, a ponente. Ad aver catalizzato la mia attenzione e ad aver illuso mio padre che un’orata sarebbe (finalmente) finita nel nostro forno, non fu un pesce che Sampei levati, ma una visione onirica che si materializzò all’orizzonte. Non poteva essere vero, mi sembrava di essere in un sogno, una nuvola immensa di spruzzi bianchi si stava avvicinando da ponente ad una velocità impressionante, sopra a questi spruzzi una striscia di finestrini orizzontale seguita da tre fumaioli neri, non poteva che essere lui, il Destriero, quella entità quasi astratta, quella sorta di futuristica creatura mitologica di cui tutti i giornali parlavano. Passò a 60 nodi davanti agli increduli occhi di un bambino che era cresciuto fra le barche, con le barche (e purtroppo anche gli aerei e le auto) come uniche passioni. Il quel momento provai una sensazione che forse fui in grado di riprovare nuovamente solo durante il tumultuoso periodo della pubertà, una visione fantastica, una visione di potenza e maestosità, neanche Mosè che divideva le acque mi avrebbe potuto fare tanto effetto.

Bene, dopo avervi raccontato il mio primo incontro (V.M. 16 anni) con Il Destriero, di questa mitica barca bisogna raccontarne la “genesi”.

Parto da lontano: siamo negli anni ’60, il Principe Karim Aga Khan IV, imam dei musulmani Ismailiti Nizariti e diretto discendente di Maometto (non sto ad elencare gli altri suoi titoli in quanto lo farebbero sembrare un mito come il Duca Conte Maria Rita Vittorio Balabam un semplice usciere) si compra una selvaggia porzione di costa nel Nord Est della Sardegna e la chiama Costa Smeralda. Lì costruisce villaggi caratteristici, porticcioli, locali e discoteche ed in un men che non si dica quella sconosciuta costa sarda diventa l’epicentro di chi ha tanti (issimi) soldi e di chi, grazie ad una magica polverina bianca, si cura il diabete (cit.).

– A sinistra il mega Principe Karim Aga Khan IV, a destra Gianni Agnelli. Perché Gianni Agnelli? Ci arriviamo –

Ovviamente non poteva non farsi vedere da quelle parti anche il “re” della allora giovane Repubblica Italiana, Gianni Agnelli, per tutti “L’avvocato”. All’epoca, il mezzo top per “pascolare” da quelle parti erano dei velocissimi motoscafi e, visto che le persone che finora abbiamo citato non erano per nulla attratte da gare di “chicellhapiuduro”, scatenarono una spasmodica gara a “chicellhapiùveloce”. Il Principe contro l’avvocato, ogni giorno a sfidarsi a singolar tenzone con velocissimi motoscafi carichi di fi… danzate. Ogni tanto qualche outsider li sfidava con mezzi nati con l’unico scopo di dargliele di santa ragione, outsider del calibro del Re di Spagna o del Conte Agusta. Mica bruscolini.

– La Barbarina del Conte Agusta, dal genio del mitico Sonny Levi

Dopo una vita passata a sfidarsi sulle onde, per divertirsi ancora bisognava alzare la posta, e di molto, motivo per il quale Aga Khan e Agnelli decisero di unire le forze, come già fecero qualche anno prima per la sfida della Coppa America, ma essendo silenziose barche a vela (per ora) non ne parleremo.

Beh, visto che eravamo alla fine di quei meravigliosi anni ’80, quelli degli yuppies, quegli anni esagerati ove tutto era possibile, per questi due califfi fu quasi “normale” costruirsi una nave di 70 metri che volava sulle onde a 70 nodi spinta da tre turbine simili a quella in uso sull’F-14 Tomcat (e che hanno ucciso Goose), capace per giunta attraversare l’atlantico senza scalo ad una velocità mai vista… non stupitevi, negli anni ’80 tutto ciò era normale, normalissimo, taaac…

– Il destriero sfreccia a tutto gas a 65 nodi davanti al faro di Bishop Rock, estremo avamposto della Cornovaglia –

Ebbene si, due ego ipertrofici come l’Avvocato ed il Principe non potevano che concepire qualcosa di grandioso come quello di vincere il leggendario Nastro Azzurro, destinato al più veloce nell’attraversare l’Atlantico in nave. Dopo essersi sfidati su barchette cariche di fi… gliole, per questi due era giunto il momento di combinare qualcosa che non finisse su Novella 2000 ma che rimanesse scolpita nella storia.

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Per tentare una impresa simile bisognava scegliere solo le eccellenze. Per la progettazione fu scelto lo studio statunitense Donald L. Blount specializzato in “barchette” veloci, il cantiere scelto per la sua costruzione (all’epoca la più grande barca in alluminio mai fatta) fu invece Fincantieri, l’eccellenza italiana, nello specifico nella sua sede di Muggiano, La Spezia. Il designer degli esterni? L’avvocato non poteva che chiamare un suo “umile collaboratore”, ovvero un anonimo studio di design dal cognome artefatto che operava sotto la Mole (Antonelliana), Pininfarina, autore di un design mozzafiato che stupisce ancora oggi, non so perché ma mi ricorda quel capolavoro della Testarossa… poi bisognava scegliere qualcosina che spingesse le sue 400 tonnellate a vuoto. Il principe disse che poteva metterci 3 turbine dei DC-9 della sua compagnia aerea, ma qualcuno obbiettò che non erano abbastanza potenti, causa per cui i suoi aerei arrivavano sempre in ritardo.

– MD-82 della Alisarda a Bologna, sullo sfondo la mitica Bonfiglioli Riduttori, poco più in la la casa natale del direttore –

Alla fine si optò per tre turbine General Electric LM 1600 da circa 20.000 cavalli (51.000 cavalli complessivi all’asse), versione marinizzata delle F404, quelle turbine che normalmente spingevano verso Baghdad l’F-117 Nighthawk. Insomma, in un’epoca di strafatti bisognava strafare. Il consumo? Solo 12.000 litri ora (dodicimila/00), per giunta di uno speciale combustibile che l’Agip aveva fatto apposta per quella barca.

– Le tre turbine per non rendere sordi tutti i membri dell’equipaggio erano racchiuse in enormi “sarcofagi” insonorizzati –

Mi vedo già il Principe (che era l’armatore) e l’avvocato, rilassati nel salottino dello Yacht Club Costa Smeralda, uno dei due con la “lista della spesa” in mano che chiede all’altro: “scafo di 70 metri in alluminio?” e l’altro risponde “taaac”, “tre turbine di un caccia supersonico?” – “taaac”, “fantamilioni di litri di combustibile ad hoc?” – “taaac” salvo poi arenarsi al momento di decidere quale trasmissione usare. Come ca… spita si collegano 3 motori turbogetti ad una nave di 70 metri? Semplice, si contatta la MTU con la banale richiesta di 3 riduttori che potessero ridurre i millemila giri della turbina fino ai 700 rpm richiesti dagli idrogetti. “Taaac…”

– I tre enormi idrogetti, capaci di riempire una piscina in una manciata di secondi –

Ma aspettate…. mancavano ancora gli idrogetti! All’epoca internet non c’era, ecco quindi il nostro Avvocato ed il nostro Principe intenti a sfogliare le Pagine Gialle alla ricerca del produttore di un idrogetto che facesse al caso loro. Presto si resero conto che nessuno aveva nulla di simile, quindi andarono da una ditta svedese di nome Ka.Me.Wa. chiedendogli solo di realizzargli qualcosina di mai realizzato fino ad allora. Dopo un paio di anni di esperimenti e test, gli svedesi fornirono ai loro folli clienti tre giganteschi idrogetti capaci di espellere 20.000 (ventimila) litri di acqua al secondo. Per chi è negato in matematica (come me), ricordo che 20 mila litri sono pari a venti tonnellate di acqua (20,5 t in mediterraneo, ed i saputelli muti) che ogni secondo venivano vomitate da quelle immense giranti, il tutto per spingere in avanti a velocità autostradali quel magnifico mezzo.

Finalmente Il Principe e l’Avvocato avevano completato la loro lista della spesa. Ne venne fuori questo scafo di quasi 70 metri (67,7), con scafo a spigolo semiplanante interamente costruito in lega leggera. Il design di Pininfarina lo rendeva più arrogante di una Testarossa in via Montenapoleone, le turbine della General Electric più cattivo di un B-52 che compie un super low flight proprio sul ponte di una portaerei. Era tutto perfetto. Però mancava ancora l’equipaggio…

Momento rèclame, li hai visti i nostri stickers?

 

I nostri due eroi erano stati bravissimi in passato nell’avere le loro barche sempre cariche di fi… nissime ragazze, ma qui ci voleva qualcosa di più efficiente anche se meno eccitante. L’Avvocato prese la sua agendina, sfogliò qualche paginetta fitta di numeri, arrivò alla solita lettera F, Fi… Fiorio… Cesare! Agnelli alza la cornetta, Mondial Casa ti aspetta, e chiama l’uomo che prima fondò la divisione corse della Lancia con la quale vinse un decina di titoli mondiali di rally, poi divenne direttore sportivo della Ferrari…. poi penso che vi possa bastare in quanto un team manager più titolato di così proprio non si poteva trovare. Agnelli aveva trovato il manico giusto.

– Cesare Fiorio alle “redini” del Destriero –

Al salone Nautico di Genova del 1991 il Destriero venne presentato fra lo stupore generale. Quel clima di ottimismo e di super orgoglio italiano che stava per scomparire per mano di un pool di magistrati allora era più vivo che mai ed il Destriero ne rappresentava l’apoteosi.

– Salone Nautico di Genova 1991, “e tutto il resto è noia” (cit.) –

Per quanto riguarda l’equipaggio, Fiorio scelse le persone più adatte ad attraversare l’Atlantico ed a portare a casa il famoso Nastro Azzurro (che, come avete già letto, non è una cassa di birra). Peccato che il Nastro Azzurro gli fu negato ancora prima della partenza in quanto riservato alle navi passeggeri ed il destriero proprio non lo era. Ad ogni modo, il record si doveva tentare lo stesso e quando venne l’estate il Destriero e il suo equipaggio capitanato da Cesare Fiorio partì, con la speranza di attraversare l’atlantico senza scalo e di farlo più velocemente possibile, poco importava del premio, una pezza in qualche modo ce l’avrebbero messa (in un estremo tentativo di arrampicata sugli specchi, si portarono dietro anche un sacchetto di posta in modo da definirsi ufficialmente almeno battello postale… non si sa mai).

Il record fu tentato inizialmente in direzione Est-Ovest ma una tempesta ne impedì la riuscita. Così ritentarono una seconda volta da Ovest a Est, da Ambrose Light a Lizard Point, 3.016 miglia nautiche di oceano atlantico del nord, 3.016 miglia di condizioni meteo severe se non estreme.

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– In 500 anni gli italiani ne hanno fatto di strada, dalle caravelle ad una strafigata pazzesca come il Destriero, qui, sotto al ponte di Verrazzano, N.Y.C. –

– Mosé is nothing…. (ricit.) –

Il Destriero cavalcò quelle onde alte fino a 5 metri con una arroganza mai vista, le 12 tonnellate di benzgasolavio (nessuno sa come chiamare quel miscuglio fatto apposta dalla Agip) consumate ogni ora lo spingevano a velocità sempre più alte, man mano che si alleggeriva. Le ultime 24 ore furono percorse alla mirabolante media di 58,4 nodi con punte di 65 nodi, pazzesco!

Per darvi una idea del consumo, 12 tonnellate orarie significano oltre 700 tonnellate per l’intera traversata, un peso che rappresentava quasi il doppio del dislocamento (peso) della barca stessa… meno male che Greta non era ancora nata…

Il Destriero, con una cavalcata degna del suo nome (se non lo sapevate, il Principe era il più grande allevatore mondiale di destrieri, leggasi cavalli da corsa), riuscì a polverizzare le 3.106 miglia che separano l’Europa dal’America in 58 ore, 34 minuti e 50 secondi, alla velocità media di 53,09 nodi (98,323 km/h), ben 21 ore e mezza in meno del record precedente del catamarano Hoverspeed Great Britain e 26 di meno (più di un giorno!) dello United States. Il Principe, con l’aiuto dell’Avvocato, dimostrarono al mondo che gli italiani ce l’avevano… più veloce! Un trionfo!

Ovviamente in men che non si dica scattarono le diatribe su nastro azzurro si ma nastro azzurro no ma nastro azzurro forse. L’unica cosa che sappiamo è che il Destriero fu la barca, anzi la nave, che attraversò l’Atlantico nel minor tempo e senza scalo e questo record resiste ancora oggi a distanza di quasi 30 anni, quindi fu un trionfo a tutti gli effetti.

Ed ora, voi necrofili patiti di rottami da mettere nel garage nella speranza che prima o poi resuscitino, vi starete chiedendo che fine ha fatto, vero? Ora è abbandonata a Brema, in quanto subito dopo il record venne messa in disarmo. Dissero che consumava un po’ troppo e che pagava troppo di bollo….

– Il parallelismo fra questa foto e la moderna Italia è fin troppo scontato –

Fincantieri però fece tesoro dell’esperienza e divenne il leader mondiale nella costruzione di unità superveloci. Dal Destriero non solo derivò una serie di traghetti superveloci, ma anche una classe di navi militari per la U.S. Navy, la LCS (acronimo di Litoral Combat Ship) che ancora oggi gli italiani stanno costruendo proprio per gli americani, mica male!

– Non è l’astronave di Starwars che è finita in acqua, è una Litoral Combat Ship a tuttaforza, la moderna eredità del Destriero –

Anche alla FIAT infine decisero che bisognasse in qualche modo celebrare la possanza del Destriero. Quindi, secondo voi, una dirigenza di persone normodotate, con quale auto pensò di fare una edizione straordinaria a tiratura limitata? Immaginate che figata una Ferrari Testarossa cabrio bianca “Destriero final edition”? Eh no…. allora immaginatevi una Campagnola con motore V6 busso (al limite anche PRV), bianca con interni in pelle blu, figa vero? Eh no… i vertici della FIAT pensarono che l’auto che potesse impersonare al meglio le qualità del Destriero fosse una edizione “spiaggina” della Panda 1000 fire…. un’auto che ora potrebbe fare gola solo ad un noto collezionista di auto uniche che abita a Milano (Architetto, lo sappiamo che ci sta leggendo, anziché alla Panda, pensi a salvare il Destriero!). E con questa lezione di “celabbiamomollissimo by Fiat”, vi salutiamo.

– Didascalie mute –

Testo di Francesco Foppiano, Il nostro lupo di mare, yo-ho beviamoci su (voi, lui è totalmente astemio), qui sotto immortalato in questa foto d’epoca, accanto alla barca dei suoi sogni di bambino

Articolo del 2 Ottobre 2020 / a cura di Francesco Foppiano

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  • Massy

    Ed anche a sto giro mi avete fatto godere!!!!
    Vi lovvo!!!!

  • Davide Nicoloso

    Bho. Mi sono dovuto fermare per strada a leggere tutto l’articolo. Mentre mio figlio aspettava davanti a scuola, sotto la pioggia.
    Grande storia!

    • Antonio De Bellis

      Ora capisco perché 3 o 4 idioti figli di papà negli anni 90 presentarono al salone di Genova un mezzo in alluminio di una 15na di metri in alluminio che speravano di vendere al governo libico come motovedette. Per farle essere più leggere e veloci gli idioti optarono per motori senza riduttore, a presa diretta. Per fermare la barca si inventarono un timone basculante che ruotando davanti all’elica bloccava il flusso dell’acqua. Partiti da Genova hanno incontrato maltempo, arrivati a Terracina l’hanno dovuta tirare a terra perché imbarca a acqua. Una volta in secco si sono resi conto che la barca era da buttare. Del tutto deformata.

  • Livio Comisso

    Conoscevo la storia e anche la fine del Destriero. Qualche anno fa, per le celebrazioni del centenario di fondazione del cantiere di Monfalcone ( oggi Fincantieri ) l’idea era quella di portarlo qui, visto che si trovava ancora a La Spezia in disarmo ed esporlo come esempio del genio italiano…ma gli Agnelli è gli Aga Khan sono finiti da mo’ e a nessuno frega niente.. Mi resta un modellino, realizzato negli anni 90, con la scatola in legno, personalizzata Fincantieri, che ogni tanto mi fa sognare.

  • Marco Gallusi

    Mi avete fatto venire voglia di andarlo a prendere per dettare legge sul Garda… dov’è che è? A Brema?

    • PowerOne

      Ecco Bravo… vedi di smuovere bene un po’ di fango dal fondo del Garda… Ah… non credo che la Brema sia intesa come la spiaggia di Sirmione a fianco del porto turistico. 🙂 .)

  • Elio

    Articoli bellissimi,scritti bene,disegni tecnici stupendi,storie quasi sconosciute ma leggo con passione.Grazie del suo impegno nel pubblicare tutto questo. e per finire una punta di ironia che….non guasta mai.

  • VINCENZO

    Altri anni ed altri personaggi-è un vero sacrilegio l’abbandono senza nulla pensare di replicare- all’epoca comperai un modellino ma non lo trovo più.peccato mi era sempre piaciuto .

  • Axel

    A quel salone nautico c’ero anche io…avevo 12 anni… 😀

  • Giuseppe

    Grazie per avermi ricordato una impresa a cui m8 appassionai da ragazzo

  • Maurizio

    Grande Francesco

  • Aldo

    Bella storia.Non la conoscevo.Scritta anche bene e con una buona dose di ironia e citazioni divertenti.
    Una sola nota: anche i campagnoli usano la canna da pesca ( mai sentito parlare dei fiumi? ) e capiscono molto bene. Forse la troppa salsedine manda a massa i circuiti elettrici.
    Nel complesso bell’articolo.

  • Antonio

    L’articolo (o forse meglio “la storia”) è scritto molto bene e ben si adatta al mondo giornalistico odierno. BENE
    Va un pò meno bene che – tra uno scherzo e l’altro – Lei ometta di citare il VERO Comandante del Destriero, cioè Odoardo Mancini (deceduto alcuni anni fa…) Con tutta la stima e l’amicizia sincera che ho con Cesare FIORIO, guidare quel mostro d’acciaio non è la stessa cosa che avere il volante di un offshore cl.1 (Fiorio ha dovuto prendere un brevetto nautico speciale… tra l’altro). Per quanto riguarda l’uso postale, le Poste Italiane avevano emesso un annullo figurato e nominato la nave Destriero come Corriere Postale. Dato che io ero uno dei due giornalisti italiani presenti a Plymouth, le posso garantire che il team di tecnici che hanno condotto “Destriero” alla vittoria del Nastro Azzurro erano dei veri “top” nelle loro specializzazioni ed il carburante Agip utilizzato fu definito come il livello più alto della sperimentazione tecnologica negli idrocarburi.
    La scommessa di “Destriero” fu molto, ma molto di più che uno sghiribizzo di due ricconi… Fu invece la dimostrazione al mondo che in Italia si poteva progettare, costruire e far navigare un gioiellino che avrebbe dato molte soddisfazioni alla cantieristica italiana e mondiale, se gosse poi stato supportato da un’idea di commercializzazione.

  • Ho avuto il Piacere di conoscere e lavorare con L’ing Alcide Scualati il papà del destriero e non solo! Fu il progettista dei Baglietto anni 80′ i primi 35 metri a velocità di 35 nodi, mai visti prima! Fu anche il padre del Chato 26m Baglietto con il quale in prova toccammo i 63 nodi! Son d’accordo con Antonio che il Destriero non fu solo un mero gioco, fu come la realtà ha poi dimostrato che in Italia si possono fare e si fanno cose straordinarie nella nautica come da nessuna altro paese!

  • Lodovico Denegri

    In occasione di quel Salone Nautico ho avuto modo di salire a bordo, avevo 10 anni, ricordo ancora le cuccette per l’equipaggio in modalità bara per evitare di essere sbalzati fuori dalle onde dell’Atlantico. E quanto tristezza a vederlo abbandonato per anni a Muggiano.

  • enrico

    bravissimi

  • Marco Fambrini

    Anni fa ho lavorato con Giacomo Petriccione, tecnico Ka. Me. Wa. e tecnico della propulsione del destriero, a parte avere coglioni abbastanza grandi da non passare per i sopracitati idrogetti, mi disse che durante il primo viaggio, poco prima di arrivare a New York erano si a 65 nodi a con la manetta al 90%, mi disse che al 100% avrebbero toccato tranquillamente i 70/72 nodi… Che macchina fantastica

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