Home / / Lancia Strato’s HF [da] Zero [a mito]

Lancia Strato’s HF [da] Zero [a mito]

Flashback di questo inverno: ero lì che mangiavo la pasta e fagioli e, nel frattempo, imprecavo per via del tavolo traballante, così mi chino per sistemare il cuneo di legno che ci avevo ficcato sotto. Lo sfilo, me lo rigiro tra le mani. E tutto a un tratto mi ricordo di lei. E mi chiedo: sarà forse così che nascono certe idee nelle menti geniali?

Forse, è la risposta alla grande domanda che tutti ci saremo posti almeno una volta nella vita: come *azzo ha fatto Marcello Gandini a concepire la Lancia Strato’s HF Zero? Ballava il tavolo anche a lui? Stava mangiando pasta e fagioli? Me lo immagino, Gandini, che durante il pranzo si china a infilare un cuneo sotto al tavolo traballante e… lì si blocca. Ha un’illuminazione. Si alza dalla sedia e si fionda nello studio per disegnare quella follia. Insomma… se non è arte questa…

– Dopo che hai disegnato la Miura (la Miura!) che cosa ti resta da fare nella vita? Gandini qualche idea l’aveva –

Gandini fu il responsabile del design Bertone dal 1965 al 1979. Tutti lo venerano principalmente – e a ragione – per quella meraviglia che si chiama Lamborghini Miura. Ma Gandini è anche il papà di auto pazzesche come l’Alfa Romeo Montreal, il prototipo della Bugatti EB110, la Ferrari Dino GT4, la Fiat X1/9, la Renault 5 Turbo, ma soprattutto le Lamborghini Countach e Diablo… chi non ha in casa un modellino BBurago di almeno una di queste?

Gandini è un visionario. E a Bertone, a cavallo dell’anno 1970, serviva proprio un visionario. Oltretutto, quando questa storia è iniziata erano gli anni ’60, quando ancora si poteva pensare di togliere le briglie alla materia grigia e lasciare che galoppasse nella grande prateria al confine tra genio e follia, alla faccia delle riunioni dei consigli di amministrazione e del family feeling. La Miura nacque così. E così nacque la Stratos HF Zero, anche se ho l’impressione che se la siano dimenticata tutti. Me compreso, almeno fino a quando non ho sistemato quel cuneo sotto il tavolo.

– Gandini e Bertone, fine anni ’70 –

Bertone, entro il limite temporale del Salone di Torino del 1970, voleva far colpo su una certa Lancia, che all’epoca aveva un rapporto oramai consolidato con una certa Pininfarina; sapeva che a Lancia serviva una sostituta della Fulvia Coupé HF, ormai vecchiotta e destinata per forza di cose ad abbandonare le corse a favore di una erede più competitiva. Era il momento di buttarsi. Gli serviva qualcosa per prendere a schiaffi Lancia e convincerla che sì, Bertone era la risposta a quella domanda: che si fa dopo la Fulvia?

– Che ti avevo detto, Antò..? –

Così, viene recuperata (in gran segreto, a totale insaputa di Lancia) la meccanica di un esemplare malconcio di Fulvia – tutto: motore, cambio e telaio – e a Gandini viene affidato l’importante compito di crearle un nuovo vestito. Il risultato non avrebbe dovuto necessariamente essere traducibile in qualcosa di definitivo: doveva soprattutto essere qualcosa di davvero innovativo, di sconvolgente.

Gli anni ’70 stavano per cominciare: sarebbero stati i primi della fantascienza come la conosciamo oggi e, benché al debutto di Guerre Stellari mancassero ancora sette od otto anni, a Torino c’era Gandini alle prese con un prototipo forse simile alla coetanea Ferrari Modulo come concetto, ma ancora più assurdo. Nella mente e nelle mani di Gandini, quell’epoca era già cominciata da un pezzo: le forme sinuose e languide degli anni ’60 avevano ceduto il passo ad angoli acuti e lame taglienti e il prototipo che stava prendendo forma nel suo studio aveva tutta l’aria di portare questi concetti all’estremo.

Il disegno del profilo mostra un pilota seduto sdraiato all’interno di quello che sembra un enorme proiettile da corazzata; capisci che si tratta di un’auto giusto perché ci sono delle ruote all’altezza delle ginocchia e perché dietro sotto la schiena c’è una ruota di scorta. Soprattutto, un po’ più indietro, praticamente installato sull’asse posteriore, c’è un motore. L’idea, infatti, era quella di caricare le ruote posteriori del peso del motore della Fulvia, in modo da fornire loro il massimo della trazione.

Osservando il prototipo di muso, ti accorgi che l’asse posteriore è di poco più largo dell’anteriore: è per favorire la maneggevolezza, ottimizzata anche grazie al passo piuttosto corto di circa due metri. Gandini e Bertone la vogliono piccola e veloce: viene fuori un’auto lunga tre metri e mezzo e larga meno di due che pesa circa 700 kg, meno di una Lotus Elise prima serie.

Come si fa ad entrare nella Strato’s HF Zero? Se non te lo spiegava Gandini, facevi in tempo a morire prima di capirlo: non esistono portiere, l’unico accesso è il parabrezza, che si solleva ed espone tutto l’angusto abitacolo. Come dite? C’è lo sterzo e non ci si passa? Niente paura, quello si inclina in avanti.

Una volta sdraiato all’interno, ti accorgi subito che dal parabrezza forse vedrai qualcosa, ma che dai finestrini si vede ben poco. A sinistra del volante c’è l’enorme pannello della strumentazione dalla grafica futuristica (per gli anni ’70); in mezzo, fra i due sedili, una classica leva del cambio, che aziona il cinque rapporti Lancia. Ed è tutto qui, anche perché lo spazio è appena sufficiente per i due occupanti.

– La HF Zero a villa d’Este, qualche anno fa –

Vien facile pensare che alla Lancia, alla vista di questa astronave con le ruote, fossero rimasti tutti a bocca aperta. Invece, sembra che anche lo stesso Gandini ricordi un’accoglienza piuttosto tiepida, per non dire fredda. D’altronde, succede così quando solo tu hai la capacità di fare un salto nel futuro a recuperare un oggetto che non si vedrà prima di vent’anni. Ma Bertone non era uno che si lasciava intimidire dalle spallucce del consiglio di amministrazione Lancia: chiamò a raccolta tutte le riviste del settore e bombardò il mondo intero con le fotografie più eccitanti di questo oggetto venuto da un altro mondo, a partire dall’incontro con un Lockheed F-104.

– …che poi sarebbe bastato spammare una singola foto di Kim Kardashian, ma a quell’epoca non era ancora nata –

Nel frattempo, Gandini e almeno tre suoi fidi collaboratori, saltarono anche le ferie per arrivare all’appuntamento del Salone di Torino del 1970. Tutte le teste presenti al debutto si inclinarono verso il basso di parecchi gradi per osservare quella cosa assurda che si chiamava Lancia Strato’s HF Zero.

– Il nome “Stratos” non ha nulla a che fare con la stratosfera. Molto più banalmente, Gandini “prese in prestito” il nome di un aeromodello che acquistò su consiglio di un collega appassionato –

Per vederla di profilo ti dovevi inginocchiare. Così scoprivi che era alta meno di 85 cm. Ottantacinque centimetri è l’altezza di un tavolo, non so se mi spiego. Se eri seduto in una berlina qualunque e Bertone ti parcheggiava di fianco, non lo vedevi.

Getty Images

– Sultan Kosen (a destra) e Chandra Dangi si stringono la mano al passaggio di proprietà della Strato’s HF Zero. Sono rispettivamente l’uomo più alto e quello più basso del mondo. Kosen ha deciso di vendere per “cambio progetto” –

Quel muso sottile e aguzzo terminava giusto con quel tanto di spazio che bastava per una sottile feritoia, attraverso la quale dieci faretti uno di fianco all’altro illuminavano una notte che probabilmente nessuno ha poi visto da dietro quel parabrezza orizzontale.

E fate poco i fighi, voi con le Audi dagli indicatori di direzione sequenziali: questa li montava già all’epoca. Il disegno molto gandiniano del passaruota posteriore lasciava scoperta la sua ruota come un refolo di vento solleva una gonna e la coda terminava tronca, con una griglia continua, misteriosa, giusto ornata dal badge del modello sulla destra, il tutto incorniciato da un ovale illuminato da 84 lampadine; sotto, il cambio a vista e i due cannoni degli scarichi, decentrati sulla sinistra. A proposito: che fine ha fatto il motore?

– Kim… la smetti? Sto cercando di spiegare com’è fatta ‘sta macchina –

Qui il paradosso: se la vita nell’abitacolo è tanto sofferta, quella del meccanico di una HF Zero è probabilmente molto comoda; il cofano è una scultura di diversi triangoli sovrapposti, incernierata solo da un lato, che si apre verso destra, rivelando l’intero vano motore; considerata l’altezza da terra, basta probabilmente accomodarsi su una sedia per fare un tagliando.

Ma niente tagliandi per la HF Zero. Niente produzione in serie per lei. Quale scopo avrebbe potuto avere un’auto tanto folle, nel mondo reale, oltre a quello di infilarsi per dispetto sotto le transenne chiuse dello stabilimento Lancia (cosa che, pare, Bertone e il suo responsabile comunicazione abbiano fatto davvero)? Il suo scopo era quello di convincere Lancia che dietro quel proiettile con le ruote si celava quella che solo pochi anni dopo sarebbe stata la regina dei rally: la Lancia Strato’s.

E in questo ebbe un clamoroso successo, tutti ci ricordiamo delle epiche imprese della sua erede. Il suo destino era e resta quello di protagonista della storia dei concept. Come unico esemplare, fra l’altro; motivo per cui, in quell’abitacolo, sono entrati davvero in pochi. Lo stesso Gandini non l’ha mai nemmeno guidata, anche se pare essersi divertito un mondo a concepirla. Invece, un certo Emerson Fittipaldi pare averci fatto un bel po’ di chilometri…

Michael Jackson sembra ne andasse pazzo e, in effetti, la HF Zero appare addirittura nel film Moonwalker del 1988 – benché, in realtà, si trattasse di una copia, dato che Bertone rifiutò di vendergliela, concedendogli giusto una licenza. Per diversi anni, venne esposta all’interno del museo Bertone. Nel 2000 fu restaurata completamente e ritornò al colore bronzo originale (per un certo tempo è apparsa in veste argento).

Poi, però, Bertone fu costretta a vendere questa e altre bellezze all’asta e, nel 2011, a Villa d’Este, viene venduta a Thomas Mao per 761.000 euro; considerata la stima iniziale di un paio di milioni, praticamente un affare. Attualmente, è di proprietà del miliardario Phillip Sarofim ed è esposta al Petersen Automotive Museum di Los Angeles.

Anche se quella splendida epoca di folle creatività è passata di moda, fortunatamente qualcuno ancora gioca, magari non più con la matita ma con la grafica, ma gioca. Negli ultimi anni, ad esempio, è capitato che Shane Baxley si sia messo al lavoro su una rivisitazione moderna della HF Zero (vedi qui sopra): sempre bassissima, quella di Shane ha l’aspetto di un modellino della Lego incrociato con un’auto volante di Blade Runner.

Ma ben più attraente è quella di Matteo Gentile, senior car designer di Touring Superleggera: nel ben farcito curriculum di Matteo ci sono un paio di anni presso Lamborghini, che evidentemente sono bastati per regalare alla sua visione moderna della Zero alcuni tratti stilistici molto Lambo – vedi il disegno dei cerchi, la forma dello scarico e dei gruppi ottici posteriori, oltre al disegno delle “branchie” del cofano motore – omaggiando Gandini e la sua creatura conservando il cambio a vista.

Oseremmo dire che l’aspetto è quello di un concept di Sant’Agata Bolognese non troppo distante da un potenziale modello speciale in edizione limitata. Sarebbe bello, no? Ma, prima di un modello Lancia in edizione limitata, bisogna riesumare Lancia…

Articolo del 3 Luglio 2021 / a cura di Davide Saporiti

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.

  • Michele

    Caduta di mascella, tuttora.

  • Michele

    “che ti avevo detto, Antò?” è spettacolare

    • Gabriel

      Vedi che si scivola quà sotto!

  • Maurizio

    STANDING OVATION. Adesso vado giù in garage a cercare in qualche scatola il modellino in scala 1:43 che comprai con la paghetta negli anni 70

  • Samuele

    Quello che tu chiami cuneo, dalle mie parti si chiama fiecca

Altre cose da leggere