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Com’è fatta e come funziona una bomba atomica: la pratica

Bomba nucleare

Disclaimer: in un mondo dell’informazione letteralmente dominato da youtube e mentre il giornalismo oramai è solo un ricordo lontano, credo che la scrittura abbia ancora tanto da dare. Sia perché così ho la scusa per continuare a scrivere – attività che amo – sia perché sono convinto che:

1 – la scrittura non morirà mai

2 – attraverso la lettura è possibile far lavorare la propria immaginazione, costruendosi personaggi, voci, luoghi e odori in una maniera che, con le immagini, è molto difficile se non impossibile. 

Quindi, andare avanti è sempre più dura e scrivere articoli come questo (che di sicuro verrà preso a spunto da uno youtuber che ci farà un milione di visualizzazioni come già capita) è molto difficile, complesso e costoso, sia in termini di tempo che di denaro, necessario per studiare e mantenersi aggiornati. Quindi, se vuoi che ///RS rimanga al suo posto, gratuito come sempre e per sempre, puoi sostenere il progetto acquistando DI BRUTTO, il magazine cartaceo di RollingSteel ma, in generale, il magazine più sexy e cazzuto che esiste.

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Bona, iniziamo articolo.

Puntata 1 QUI

Volevo fare un paio di battute su Oppenheimer e su alcuni commenti offesi che ho letto in risposta al mio articolo (riassumibili in questa gif)

ma vado al dunque che questo articolo sarà già lungo di suo senza bisogno di inutili introduzioni: ci eravamo lasciati al termine della puntata 1 con il fatto che il nucleo dell’uranio, se bombardato di neutroni, si spacca (reazione di fissione) liberando elementi più leggeri, energia in quantità (grande quantità) e altri neutroni, utili per far procedere la reazione ad un ritmo catastrofico. Passato l’esame di teoria, ora tocca alla pratica ma, come nel più proverbiale dei casi, tra il dire e il fare c’è di mezzo il mare e quando il governo USA (ma anche quello tedesco prima e sovietico dopo) decisero di trasformare tante belle teorie, formule ed esperimenti in qualcosa di tangibile

iniziarono a venire fuori le prime difficoltà e la sfida divenne così ingombrante e globale che per capirla e analizzarla nella sua totale complessità bisognerebbe toccare una miriade di temi e aspetti politici/storici/sociali di tutta la prima parte del ‘900 e non solo. Visto quindi che non mi chiamo Hobsbawm (di cui consiglio caldamente il libro che lo ha reso celebre, pesante ma MOLTO illuminante) e che questo è un articolo scritto per il web (quindi veloce e immediato per antonomasia) e pensato per chi non ha nemmeno idea (e non è una colpa) di cosa sia un atomo o un elemento – prima di scrivere nei commenti “articolo zuperficialeh!!1! andate a vedere il significato della parola “divulgazione”, per fortuna non siamo tutti dei nerd – cerchiamo di arrivare al dunque con facilità e immediatezza, il tutto senza perdere il consueto approccio leggero e spensierato di RS che tanto vi piace.

– certo, dal 2016 siamo cresciuti, siamo diventati più complessi e articolati ma, non vi preoccupate, siamo ancora qui e siamo ancora noi. Sgommare, sempre. –

Allora, brevemente, vediamo al volo cosa successe negli USA fra l’agosto e l’ottobre del 1939 che seguire l’ordine delle cose sarà un buon assist per capire come è fatta al suo interno una bomba nucleare: 

2 agosto 1939: la guerra in forma “ufficiale” non è ancora iniziata, Hitler per il momento non ha invaso la Polonia ma, a sapersi guardare un po’ attorno, che qualcosa di grosso stia per succedere è nell’aria. Trascurando il fatto che le cause della Seconda guerra mondiale possono esser fatte risalire agli sciagurati trattati di Versailles del 1919, già da tempo Hitler stava punzecchiando gli altri stati europei, diventando ogni volta un po’ più molesto di quella precedente: prima ci fu la militarizzazione della Renania. Successivamente il Führer allungò le mani su Austria, Cecoslovacchia (prima la bellissima regione dei Sudeti (se avete modo visitatela), poi a seguire Boemia e Moravia) e infine la Slovacchia. Che l’appeasement stava per finire era nell’aria e in parecchi se ne erano accorti. Fra questi ci fu anche il fisico americano di origine ungherese Leo Szilard (a destra nella foto qui sotto)

che conscio delle potenzialità delle reazioni a catena dell’uranio che all’epoca erano un po’ sulla bocca di tutti come lo sono oggi femminismo e inclusività-non-ne-posso-più e intuito il putiferio che stava per scoppiare in Europa, contattò i due fisici Eugene Wigner e Edward Teller (uno dei personaggi principali del supplizio film di Nolan) e assieme a loro convinse il pacifico Einstein a scrivere una lettera al presidente Franklin Delano Roosevelt con cui esponevano le potenzialità offerte dalla fissione dell’uranio (ovvero il costruirci una bomba) e di quanto fosse impellente avere pronta un’arma del genere prima che lo facessero i Nazi.

– leggetela, e provate anche voi come successo a me, il peso di ogni singola parola ivi scritta –

1 settembre 1939: Meno di un mese dopo dalla redazione della lettera qui sopra, Hitler invade la Polonia e l’Europa finisce nel caos. 

11 ottobre 1939: La lettera, dopo ripensamenti vari (legittimi), finisce nelle mani del Presidente degli Stati Uniti il quale il

6 dicembre 1941, 24 ore prima dell’attacco giapponese a Pearl Harbor, autorizzò l’organizzazione di un progetto segreto gigantesco – che negli anni successivi arrivò ad occupare oltre 130 mila persone con un costo totale superiore ai 2 miliardi di dollari dell’epoca – finalizzato alla messa a punto della bomba nucleare, possibilmente prima dei tedeschi, questi ultimi impegnati in due programmi distinti, uno civile e uno militare, proprio per trasformare tutte le teorie – ricordiamo che il primo a teorizzare la fissione dell’uranio fu il tedesco Otto Hahn – in qualcosa di reale e dannatamente pericoloso.

– Werner Karl Heisenberg, personaggio storico da cui prende il nome il protagonista di Breaking Bad e famoso per aver condotto il programma nucleare civile tedesco in tempo di guerra. Nei libri di fisica lo troviamo associato al famoso “principio di indeterminazione di Heisenberg”, una delle teorie base della meccanica quantistica e secondo la quale, data una particella subatomica in movimento, è impossibile conoscere con esattezza la sua posizione E CONTEMPORANEAMENTE la sua quantità di moto (grandezza ottenuta moltiplicando la massa per la velocità, a parità di velocità una mosca ha molta meno quantità di moto di un camion, potete provare ma ve lo sconsiglio). Se conosci una, perdi l’altra e viceversa. In soldoni, io so che la Porsche è a 320 km/h ma non so dov’è di preciso, lo posso solo approssimare. Viceversa io so che la Porsche è al km 7 della A14 (sicuramente ferma in coda) ma, conoscendo la sua posizione io “l’ho congelata” e quindi non posso sapere con esattezza la sua quantità di moto e, di conseguenza, sapendo che una 911 992 gira attorno ai 1450 kg, la velocità istantanea. –

A questo punto uscirono le prime magagne.

Magagna 1, che già Einstein esplicava nella sua lettera all’inizio della seconda pagina: “The United States has only poor area ores* of uranium in moderate quantities“: tradotto “ci serve l’uranio ma non sappiamo dove prenderlo“. Benché infatti l’uranio sia un elemento abbastanza comune sulla crosta terrestre (la sua presenza è 400 volte superiore a quella dell’oro) è anche molto disperso, così che sono molto rari i luoghi nel mondo in cui lo si trova in filoni minerari ricchi o comunque in concentrazione ragionevole. In poche parole, di uranio al mondo ce n’è ma invece che essercene tanto in pochi posti ce n’è poco un po’ ovunque, tanto che, aggiungendo alla ricetta il fatto che prima delle bombe nessuno al mondo aveva mai avuto bisogno dell’uranio, nel 1939 in tutti gli Stati Uniti erano stati prodotti 28,3 grammi di uranio metallico.

*nella prima versione dell’articolo avevo erroneamente letto e trascritto “areas” invece di “ores” dalla lettera di Einstein. Chiedo venia. Il resto del discorso non cambia.

Per fare una bomba ne servivano diversi chili, almeno 60.

A questo punto viene fuori la seconda pugne problematica: nell’articolo 1 dedicato alla tecnologia delle bombe nucleari abbiamo visto che solo l’isotopo 235 dell’uranio è fissile (ovvero può subire reazioni di rottura dell’atomo e sostenere reazioni a catena) mentre per l’isotopo 238 dello stesso elemento – che è quello più presente in natura – la fissione è molto più difficile e meno “efficace” (infatti l’U238 si definisce “fissionabile“, ovvero può subire reazioni di fissione ma con molta meno facilità e con poca probabilità di dare vita a violente reazioni a catena come invece avviene per un materiale fissile).

(rega lo so, è complesso, cercate di tenere botta)

Nell’uranio metallico solo un atomo su 140 appartiene all’isotopo U235 mentre tutto il resto è U238: avviando una reazione di fissione con questa massa metallica, i neutroni liberati dalla fissione degli atomi di 235U vengono inevitabilmente catturati dagli atomi di 238U adiacenti che “spengono” la reazione a catena. Gli scienziati dell’epoca capirono quindi in fretta che per fare una bomba che funzionasse fino in fondo era necessario non solo ottenere uranio metallico (che già di suo è una bega) ma che era fondamentale separare l’isotopo 235 dalla grande maggioranza di uranio 238 disponibile, un problema che coinvolse centinaia di fisici e che venne risolto con il metodo della “diffusione gassosa”, sviluppato nel 1940 da Francis Simon e Nicholas Kurti presso il Clarendon Laboratory, Oxford, Inghilterra. Una volta che l’apparecchiatura si mostrò efficace, tutta la tecnologia venne trasferita negli USA come parte integrante del progetto Manhattan nella cittadina segreta di Oak Ridge, in Tennessee.

– impianti di Oak Ridge, gli stabilimenti sono stati demoliti nel 2013 –

– cella di diffusione gassosa all’interno dello stabilimento di Oak Ridge, all’epoca identificato con il nome in codice K25 –

(alzi la mano chi vuole un articolo su come funziona la diffusione gassosa)

Attenzione ora che sia in un passaggio chiave e viene fuori un termine che sicuramente conoscete: grazie al processo di diffusione gassosa (ma non solo, ne esistono diversi, alcuni migliori, altri peggiori, alcuni con costi spaventosi, altri più “economici”) si ottiene una quantità di uranio ricco in isotopo 235: il materiale così ottenuto si chiama uranio arricchito. A diverse percentuali di arricchimento corrispondono diverse applicazioni del materiale ottenuto:

– l’ultimo a destra, ricco al 90% di 235U è quello che si chiama uranio “weapon grade” e che viene utilizzato nelle armi atomiche –

Con riferimento alla figura (e alla didascalia) qui sopra vi dò un’informazione curiosa che fa capire quanto complessi e articolati siano gli equilibri geopolitici del mondo e come dietro a ogni notizia/azione/provvedimento, spesso, ci sia altro. Se all’inizio dell’era atomica i processi di arricchimento dell’uranio erano mostruosamente costosi, con il tempo ne sono stati sviluppati altri (in particolare il metodo della centrifugazione) che hanno permesso a nazioni meno ricche di aver accesso a materiale utile a scopi prima energetici e poi, come spesso accade, militari (anche se a volte il processo è il contrario). È il caso dell’Iran – ricordate Top Gun: Maverick? – che da tempo preoccupa tutto il mondo occidentale perché, nonostante esistano diversi accordi internazionali che impediscono all’Iran di arricchire uranio oltre al 3,65% proprio come misura preventiva alla proliferazione di armi nucleari, da pochi mesi lo stato mediorientale – complici gli USA e l’amministrazione Trump che si è mostrata poco interessata a questi accordi e al farli rispettare – ha iniziato a spingere sul gas producendo – per errore dicono loro – quantità apprezzabili di uranio arricchito con percentuale superiore all’83% ovvero uranio sufficientemente arricchito per poter produrre un’arma nucleare. Stesso discorso per la Libia. 

– il rischio è che a questa mappa si aggiungano Iran e Libia, e nessuno vorrebbe che questo accada –

Comunque, lasciamo indietro le moderne questioni geopolitiche e torniamo a noi: mentre il progetto Manhattan procedeva a ritmo sostenuto e i costi per arricchire l’uranio continuavano a salire in maniera vertiginosa, alcuni scienziati fecero una scoperta rivoluzionaria: bombardando l’uranio 238 con neutroni sufficientemente lenti (anche detti “termici”) da evitare la reazione di fissione, questo si trasforma prima in uranio 239 per poi decadere in nettunio 239, il quale a sua volta si disintegra dando origine ad un nuovo elemento, il plutonio 239.

Questo nuovo elemento possiede un numero dispari di neutroni (145, sembrerà assurdo ma nell’instabilità nucleare conta il fatto che i neutroni siano pari o dispari, magie della meccanica quantistica) mentre l’uranio 235 ne ha 92 (di meno, e pari) il che porta al fatto che il plutonio 239 è molto più instabile e suscettibile di dar vita a reazioni di fissione nucleare a catena per opera di neutroni lenti e non solo, il plutonio non richiede costosissimi e complessi metodi per arricchirlo come nel caso dell’uranio: non dico sia facile ottenere il plutonio ma di sicuro lo è di più rispetto all’U 235. Per questo, mentre ancora non era chiaro se dagli stabilimenti di Oak Ridge sarebbe uscita una effettiva quantità utile di uranio arricchito, l’esercito degli Stati Uniti e gli scienziati impegnati nel progetto Manhattan si misero dalla parte dei bottoni iniziando a produrre (sempre ad Oak Ridge o ad Hanford, Washington) il plutonio 239 su vasta scala ed eleggendo questo nuovo materiale a quello prescelto per le prime esplosioni atomiche, tanto che la bomba di Oppenheimer – chiamata in gergo “The Gadget” – era alimentata a plutonio e possiamo quindi dire che il primo “vero” esperimento con l’uranio furono, ahimè, Hiroshima e i suoi abitanti.

– interno della Wendover Air Force Base, a poche miglia dalla Bonneville Speedway. Avete visto il mio reportage della gara più tosta del mondo? No? MOLTO MALE! –

Fu quindi così che nel 1945, con la Germania definitivamente fuori dai giochi ma con l’imminente minaccia sovietica che bussava alla porta, dai laboratori impegnati nell’ambito del progetto Manhattan uscirono quantità di uranio arricchito e plutonio in quantità sufficienti a costruire delle bombe. Il materiale venne quindi trasportato in una nuova città segreta costruita ex-novo nel mezzo del deserto del New Mexico e chiamata Los Alamos.

Qui la mattina del 16 luglio 1945, alle ore 05:29 e 45 secondi, venne fatta detonare la prima bomba atomica della storia e che è al centro della storia narrata nel film Oppenheimer ma per arrivare a parlare della “pratica” nascosta dietro una detonazione nucleare ci vuole ancora un po’ di tempo perché, immagino lo avrete capito, con queste bombe, complici la complessità dei fenomeni chimico-fisici che entrano in gioco, le cose non sono mai semplici e nemmeno immediate.

Quindi, coraggio e andiamo avanti: prodotti in quantità sufficienti i materiali necessari ad innescare le reazioni a catena esplosive, ora c’è da capire in che modo “meccanico” e pratico questi vennero utilizzati per generare le bombe in quanto tali. Per procedere però dobbiamo iniziare a familiarizzare con un altro concetto chiave che sicuramente avete già sentito nominare e che è centrale nella progettazione di una bomba nucleare: la massa critica.

Vediamo di cosa si tratta.

Per Massa Critica si intendono gruppi di ciclisti che ogni tanto invadono le strade delle città del mondo creando scompiglio e infinite bestemmie negli automobilisti per (giusta?) protesta nei confronti delle moderne città autocentriche e per riappropriarsi di spazi oramai schiavi di tonnellate di acciaio (spesso brutto), gomma ed arroganza.

No, momento momento, l’altra massa critica.

Ah ok.

Per parlare dell’altra massa critica serve un veloce passo indietro: tenere in piedi una reazione a catena che si autosostenga è una questione complessa e affinché questo accada bisogna che il blocco di materiale fissile abbia un volume molto grande rispetto alla superficie.

– schema per capire la questione: osservando alcuni semplici solidi, vedete che entro Volumi piccoli la superficie A è maggiore di V e, con una sfera, per ottenere una oggetto il cui volume V sia maggiore dell’area A bisogna salire di dimensioni –

In questo modo si minimizza la quantità di neutroni che sfuggono dalla superficie senza essere assorbiti dagli atomi di 235U e, anzi, il numero di neutroni intercettati dagli atomi “giusti” saranno in numero sufficiente per tenere in vita la reazione: in poche parole, per far si che una massa di uranio o plutonio sia capace di sostenere una reazione di fissione a catena, bisogna che questa sia superiore ad un certo livello definito “massa critica”, un valore che dipende dal tipo di materiale fissile (uranio, plutonio ecc), le sue proprietà nucleari, dalla purezza di questo, dalla sua densità (quantità di massa per unità di volume) ma anche, come visto sopra, dalla forma del blocco destinato alla reazione.

Facendo due esempi, nel caso di blocchi di forma sferica in assenza di riflettori di neutroni (barriere metalliche che riflettono i neutroni che scappano dalla superficie del solido verso di esso, cosa che diminuisce la massa critica necessaria), la massa critica dell’uranio 235 è di 46,7 kg mentre quella del plutonio è molto inferiore, circa 9,9 kg. Nel caso di un riflettore di neutroni queste quantità si dimezzano.

– sfera di plutonio circondata da riflettori in carburo di tungsteno che agiscono come riflettori di neutroni. Quella della foto è la ricostruzione di una sfera analoga che prende il nome di Demon Core e che causò due incidenti, ognuno dei quali provocò la morte del fisico che ci lavorava attorno, maggior info QUI

Questa cosa della dimensione (o massa) critica è interessante perché ci spiega per quale motivo non è possibile “simulare” esplosioni atomiche su piccola scala ma, per fare le prove c’è stato bisogno del test Trinity (quello di Los Alamos) e delle due bombe sganciate sul Giappone. Già vedo qualcuno di voi inorridire e prepararsi a scrivere commenti indignati: chiamo “test” le due bombe sganciate sul Giappone perché, come vedremo fra poco, le due bombe sganciate su Hiroshima prima e Nagasaki dopo funzionavano in maniera diversa e sfruttavano materiali e tecnologie diverse. Materiali e tecnologie che andavano collaudate, cosa che, finita la guerra tanto gli USA quando l’URSS (ma anche Francia e Inghilterra) continuarono a fare sul proprio territorio.

– foto satellitare di una porzione del Nevada Test Site, vicino all’Area 51 –

– foto satellitare del sito per test nucleari sovietici di Semipalatinsk in Kazakistan –

A questo punto, se vi è chiaro il concetto di massa critica, possiamo procedere e incontrare un altro grosso problema la cui soluzione è alla base del funzionamento delle bombe nucleari: una massa critica di uranio o plutonio, una volta messa assieme, inizierà spontaneamente la reazione di fissione nucleare a causa sia dei neutroni presenti nell’aria come risultato dei raggi cosmici che naturalmente entrano nell’atmosfera terrestre che di quelli generati dalle reazioni di autofissione dei materiali, quasi inesistenti nel caso dell’uranio, molto forte invece nel caso del plutonio. È quanto successo nel corso degli esperimenti con il “Demon Core”: in entrambi gli incidenti la massa divenne critica a causa di un errore dello scienziato che la maneggiava innescando la reazione di fissione. Per questo una massa critica di materiale fissile deve venire divisa in parti più piccole – chiamate masse sub-critiche – in modo da evitare l’inizio della fissione e, finalmente arriviamo al dunque, questo è quello che succede all’interno delle bombe nucleari: qui una massa critica di uranio o plutonio è organizzata in modo da creare una o più masse sub-critiche (la massa critica può venire divisa in due oppure si può fare una sfera cava a bassa densità) le quali, al momento richiesto, vengono fatte entrare in contatto generando una massa critica e dando così il via alla reazione di fissione a catena e alla conseguente esplosione nucleare.

Quindi, avvicinandoci alla fine di questo lungo articolo, all’interno di una bomba nucleare abbiamo:

  • una o più masse sub-critiche di materiale fissile
  • un esplosivo convenzionale utile per spingere (con forza) una contro l’altra le masse subcritiche a formare una unica massa critica
  • un involucro esterno, chiamato tamper costruito di un materiale tale da riflettere i neutroni in fuga dalla superficie del materiale – uranio o plutonio – interessato dalla reazione di fissione in modo da ottimizzare la reazione, non sprecare nemmeno un neutrone generato e ridurre la massa critica. Non solo, a causa della violenta reazione di fissione che interessa il materiale fissile e delle enormi temperature che si sviluppano, il tamper ha anche la funzione di ritardare e contenere l’espansione termica del materiale fissile, mantenendo così più a lungo la massa nel limite della criticità: in poche parole il tamper rende la reazione di fissione più duratura, più energetica e più efficiente. In breve, rende la bomba più potente.
  • una sorgente di neutroni per avviare la fissione
  • un involucro esterno aerodinamico che dia al tutto l’aspetto di una bomba

A questo punto, se fin qui vi è tutto chiaro (lo spero), vediamo al volo come erano fatte le prime tre bombe nucleari della storia, il cui funzionamento è comunque alla base anche di quelle esistenti oggi. A parte qualche esperimento strano di cui non siamo a conoscenza, a parte i materiali utilizzati per la generazione dell’energia, a livello di funzionamento fondamentalmente esistono due soli tipi di bombe nucleari, quelle a implosione e quelle di tipo “a cannone”. Le bombe di Los Alamos e di Nagasaki erano per primo tipo (più complesso e costoso) mentre la bomba di Hiroshima – prima e unica del suo tipo ad essere mai stata utilizzata in ambito bellico – era del secondo tipo, più economico, rudimentale e semplice.

Vediamo, brevemente, queste due tipologie di bombe, come sono fatte e quali sono i pro e i contro che hanno portato ad escludere quasi del tutto le armi “a cannone” a favore di quelle ad implosione.

1 – Bombe nucleari “a cannone”

Capire il funzionamento di queste armi è relativamente semplice: in questa tipologia di ordigni la massa critica di materiale fissile è fisicamente separata in due masse sub-critiche le quali, quando necessario, vengono letteralmente sparate una contro l’altra all’interno di una canna d’artiglieria come fossero due proiettili: in questo modo la massa diventa critica e, come al solito, grazie alla presenza di una sorgente di neutroni attivata al momento opportuno la reazione di fissione può iniziare.

Questo metodo di funzionamento – detto “a cannone” – fu il primo a venire ideato agli albori del progetto Manhattan (ordigni di tipo “Thin Man”) ma fu abbandonato dopo che il plutonio 239 (che all’epoca era ancora una novità) prodotto a Hanford, Washington, conteneva al suo interno impurità tali (di plutonio 240, altro isotopo di questo elemento) che rischiavano di autoavviare la reazione di fissione, rendendo di fatto una bomba di questo tipo estremamente instabile e imprevedibile (poi vediamo il perché). Discorso diverso per l’uranio, che si mostrò il materiale perfetto per una bomba di questo tipo e i cui studi andarono avanti comunque qualora il tipo di bomba ad implosione avesse mostrato problemi di funzionamento.

All’interno della bomba erano quindi presenti 64 kg di uranio altamente arricchito diviso in due masse sub-critiche (60% una, 40% l’altra) installate all’interno di una canna liscia lunga 1,80 metri e del diametro di 170 mm. Da un lato erano presenti 9 anelli di uranio (159 mm di diametro con un foro di 100 mm) alle cui spalle era presente una carica esplosiva a base di cordite. Al momento dell’esplosione questa carica veniva fatta saltare, sparando gli anelli di uranio come un proiettile verso la parte opposta della canna, dove avrebbero incontrato un cilindro di uranio con un diametro di 100 mm, il restante 40% della massa critica. In questo modo, dall’incontro (violento ed esplosivo) delle due masse di uranio si sarebbe generata un’unica massa critica di materiale fissile e la reazione nucleare a catena veniva avviata da diversi iniziatori di neutroni a loro volta “accesi” dalla violenza dell’esplosione.

– schema di funzionamento di Little Boy –

A questo punto può essere lecito domandarsi come mai gli USA abbiano testato per la prima volta una bomba di questo tipo su un obiettivo nemico: non si sapeva se avrebbe funzionato e, qualora non fosse esplosa, la sua tecnologia sarebbe potuta finire in mano avversaria. Obiezioni sensate ma all’epoca gli scienziati che progettarono la bomba si dicevano sicuri che avrebbe funzionato (erano stati fatti diversi test con piccole masse sub-critiche) e, comunque vada, all’epoca non sarebbe stato possibile testare l’ordigno in un esperimento simile a quello di Los Alamos perché non era presente sufficiente uranio in tutti gli USA per costruire due bombe quindi, dal momento che se ne poteva fare una sola, tanto valeva provarla direttamente sul campo. Questo rende la città di Hiroshima e i suoi abitanti vittime di quello che posso definire un vero e proprio esperimento da parte del governo USA.

Per chiudere, è importante ricordare che le bombe del tipo “a cannone” sono le più rudimentali e che più di tutte preoccupano i “Grandi” del mondo perché, a differenza delle armi ad implosione – costose e complesse -, per la loro costruzione è sufficiente entrare in possesso di una massa critica di uranio, il resto è “relativamente” semplice. Non solo, le bombe di questo tipo sono anche le più pericolose perché il fatto che le due masse critiche siano separate fisicamente all’interno di una canna rende relativamente facile in caso di incidente che queste si incontrino, cosa che, complice la loro inferiore potenza rispetto alle bombe ad implosione, ha portato molti stati ad abbandonare questo tipo di armi.

Od oggi, infatti, (per quanto ne sappiamo noi) tutte le armi nucleari convenzionali (quindi non termonuclerari) sono del tipo “ad implosione” anche se, prima della loro caduta in disuso, sono stati sviluppati alcuni proiettili di artiglieria destinati al famigerato “cannone atomico”

Intermezzo complesso per i più curiosi: 

Perché il plutonio non va bene con una bomba di tipo “a cannone”?

In un dispositivo “a cannone” il proiettile viene sparato ad altissima velocità contro il suo bersaglio da una carica di cordite. Nel corso del movimento del proiettile contro il suo bersaglio all’interno della canna può succedere che questo raggiunga la criticità a causa della compressione data dal movimento. Se per l’uranio questo non è un problema a causa della sua bassa velocità capacità di fissione spontanea, questo non è vero nel caso del plutonio il quale, oltre ad essere molto più instabile, se non perfettamente puro (cosa difficile da ottenere) al suo interno contiene piccole percentuali di plutonio 240 il quale ha un altissimo tasso di fissione spontanea con conseguente emissione di neutroni. Questo può portare alla pre-detonazione del dispositivo, cosa non proprio desiderabile sia per questioni di sicurezza sia perché queste predetonazioni abbassando di molto l’efficenza distruttiva della bomba (è un po’ come la detonazione nei motori)

Fine dell’intermezzo complesso per i più curiosi.

Andiamo avanti:

2 – Bombe nucleari ad implosione (tipo Los Alamos e nagasaki)

A differenza di Little Boy, nelle bombe di Los Alamos (The Gadget) e di Nagasaki (Fat Man) venne sfruttato un innesco di tipo “ad implosione”: all’interno delle due bombe (molto simili nel design) il nucleo in plutonio era composto da una sfera cava del peso di circa 6.2 kg che raggiungeva circa il 41% della massa critica.

Parentesi complessa

La sub criticità (ovvero la bassa densità della sfera) era ottenuta non solo da una cavità al suo centro (del diametro di circa 2 cm) che alloggiava l’iniziatore di neutroni ma “congelando” il plutonio in una sua particolare configurazione cristallina (fase delta) a bassa densità, il tutto legandolo con una piccola percentuale (ca. 3,35%) di gallio. In queste condizioni l’elevatissima pressione esterna generata dagli esplosivi convenzionali non solo schiacciava la sfera su se stessa attivando l’iniziatore di neutroni al centro ma faceva anche cambiare di stato (cristallino) al plutonio in una sua “versione” alfa a più alta densità. Se la cosa vi gasa, trovate molte altre informazioni QUI.

fine parentesi complessa

Il cuore di plutonio era circondato da più sfere concentriche di metalli diversi (una fungeva da tamper, le altre servivano per accelerare o rallentare l’esplosione delle cariche di cui parlerò adesso), e da un complesso sistema di cariche esplosive opportunamente sagomate per orientare la loro esplosione verso l’interno. Innescando le esplosioni dei vari gusci esterni (nel film Oppenhemer in un paio di scene si vede quando li posizionano) si genera una serie di esplosioni che, rivolte opportunamente verso l’interno e in direzione della sfera cava di plutonio nel centro della bomba, la schiacciano su se stessa facendole raggiungere la criticità e dando via alla reazione di fissione nucleare.

– modello 3d della bomba fatta esplodere a Los Alamos: si vedono i gusci esplosivi con i loro detonatori e la sfera cava di plutonio al centro della bomba, a sua volta circondata dal tamper metallico –

– l’implosione schiaccia su se stessa la sfera cava di plutonio che così raggiunge la criticità dando via della reazione di fissione –

All’interno della bomba “Fat Man” di Nagasaki era presente un’ordigno molto simile a quello fatto esplodere a Los Alamos, sia per funzionamento che per materiali utilizzati:

– installazione del dispositivo all’interno del suo involucro a forma di bomba –

– Fat Man completa –

– schema della bomba –

– B-29 Bockscar e suo equipaggio, foto del 1961. Il nose art venne disegnato dopo il raid su Nagasaki e il riferimento a Salt Lake nasce dal fatto che la base aerea di Wendover, vicino a Salt Lake City e a Bonneville, venne utilizzata alla fine della guerra per addestrare i piloti di bombardieri allo sgancio delle prime armi nucleari –

Insomma, come vedete il discorso è complesso e ogni singola parola e concetto aprirebbe a sua volta altri discorsi e questioni, a volte tecniche, a volte politiche altre volte etiche. Per quanto chi scrive è polemico e scettico nei confronti di quanto fatto dagli Stati Uniti nei confronti del Giappone nel 1945 – credo si sia trattata anche di una grande prova di forza voluta dal presidente Truman più nei confronti dell’Unione Sovietica (nessuno in USA si aspettava che i russi sarebbero arrivati all’atomica così presto come effettivamente fu) che nei confronti del Giappone – non si può ignorare l’esistenza di queste armi e conoscere la loro storia, il loro funzionamento e la tecnologia che le comanda è fondamentale, tanto ieri quanto oggi, per capire un po’ di più il mondo che ci circonda. L’articolo è stato lungo e complesso, spero vi sia piaciuto.

Nota finale: per quanto sia stato un ottimo fisico, il ruolo di Robert Oppenheimer nell’ambito del progetto Manhattan fu più quello di “manager” che di scienziato. Oppenheimer infatti eccelleva per quelle che erano le sue doti organizzative e fu scelto proprio per questo. Fu lui, carismatico e con una consolidata credibilità nel settore, a convincere alcuni dei migliori scienziati del mondo a riunirsi tutti sotto un unico cappello e a perseguire, tutti assieme, un unico obiettivo comune. La sfiga di Oppenheimer fu data dal fatto che si trovò fra l’incudine e il martello nella feroce guerra politica e ideologica che caratterizzò gli USA del dopoguerra. Fra la paranoia generata dal Maccartismo e le manie di grandezza del generale Curtis LeMay, capo del SAC – Strategic Air Command – e feroce sostenitore del bombardamento strategico, Oppenheimer, apertamente schierato e sostenitore delle piccole armi nucleari tattiche, finì invischiato in una guerra politica molto più grande di lui e da cui uscì, sì riabilitato, ma comunque a pezzi.

P.S. lo devo ammettere, una volta ho partecipato ad una critical mass. Poche volte in vita mia ho provato un disagio paragonabile a quello di quella domenica pomeriggio di tanti anni fa: posso essere d’accordo con l’idea di riappropriarsi dei propri spazi e che le città stipate di suv e macchine hanno un po’ rotto il ca ma vedere gente prendere a calci macchine altrui o, viceversa, vedere gente in macchina schiumante di rabbia che potendo mi avrebbe ucciso nel peggior modo possibile mi ha fatto stare un po’ male. Sono un tipo sereno, non mi piace provocare e, in generale, gestisco male la rabbia altrui.

Articolo del 12 Settembre 2023 / a cura di Il direttore

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  • Giordano

    Articolo interessantissimo anche se per capirci qualcosa ho dovuto impegnarmi a fondo…., credo che una materia così ostica per chi come me ne è a digiuno sia stata trattata in modo esemplare, grazie mille!

    • Giuseppe

      Buongiorno Direttore, ho letto con piacere i due articoli, e devo dire che qualcosa c’ho capito anch’io che sono a digiuno di queste nozioni, grazie.

    • Franco

      Per chi volesse approfondire (parecchio) esiste, anche se quasi introvabile, “L’invenzione della bomba atomica” di Richard Rhodes. È una sfacchinata dalla scoperta dell’atomo nell’800 fino al progetto manahattan passando per le vite diversissime e intrecciate fra loro di tutti quelli che ci hanno messo un pezzettino. Si dedica abbastanza alle vite ma parecchio ai pezzettini. Non è per niente banale anche avendo una discreta confidenza degli argomenti ma è talmente appassionante che non si può mollarlo.

      A chi lo incrociasse per fortuna lo consiglio vivamente.

      • Filippo Monni

        Lo possiedo ed è interessantissimo.

  • massimo

    Un pezzo esplicativo anche nei particolari e scritto in maniera comprensibile anche ai profani,bellissima spiegazione del perchè furono usate due tipi di bombe,e la loro tecnica costruttiva…ho dato un’occhiata alla diffusione gassosa,legge di Graham,altri procedimenti per arricchire l’uranio,e penso che tu abbia ragione a chiedere un’alzata di mano,ci vorrebbe un trattato di fisica nucleare applicata…molto interessante comunque…
    sottoscrivo in pieno la nota finale parola per parola e anche il P.S…grande direttore,un caro saluto e una buona giornata

    • Grazie mille. Duole constatare come un articolo del genere – non voglio essere io a dire di aver fatto un buon lavoro ma credo poterlo almeno credere – finisca nel mare magnum di una informazione ormai completamente deviata e sempre più superficiale. Poco male, mi fa comunque molto piacere vedere che chi lo legge lo apprezza, pochi ma buoni.

  • Giorgio

    Innanzitutto complimenti, Direttore, per la magistralità con cui ti sei riuscito a destreggiare ANCHE tra le bellissime fronde della divulgazione (tanto affascinanti quanto insidiose, e lo dico per esperienza), per giunta trattando egregiamente temi “spinosi”.
    Ho una domanda, che -mannaggia a me- non ho mai posto a persone competenti quando ne avrei avuta occasione: esiste un tempo necessario affinché la reazione a catena diventi catastrofica, ovvero è necessario un certo tempo durante il quale la catena di fissioni “accelera” fino al punto da poter originare una detonazione?
    La domanda nasce dal fatto che già conoscevo gli incidenti del “Demon Core” e so che si trattò di lampi gamma devastanti ma non di reazioni esplosive (né deflagrazioni), peraltro velocemente arrestate dal rapido intervento del tecnico direttamente coinvolto. Cosa rende possibile questa differenza?

    P.S.
    Io sì che lo voglio, l’articolo sulla diffusione gassosa

    • Grazie mille Giorgio. Al volo, senza aprire libri, mi vien da dire che con il Demon Core ci fu tempo di “reagire” in quanto la reazione era di “autofissione” data dal fatto che il plutonio raggiungeva la massa critica. Ben altro discorso nelle reazioni di fissione provocate (come nelle bombe) mediante sorgenti neutroniche.

      • Giorgio

        Quindi la differenza la fanno la quantità e qualità dei neutroni disponibili al momento dell’innesco. Grazie!

  • Manfredi Girolamo

    Posso darti del “tu”? Ti sei superato! L’ho letto di un fiato e lo rileggerò con più calma. P.s. le manifestazioni “Critical Mass” le approvo in toto, purtroppo, e spiace dirlo, c’è chi ha maggiore sensibilità verso temi etici, una sensibilità che se avessimo tutti, farebbe cambiare le cose con una certa rapidità.

    • Andrea

      No. La differenza la fa tutto l’esplosivo che c’e` intorno e il tamper che confina la massa di materiale per un tempo sufficiente in modo che la fissione si propaghi alla maggior parte del materiale fissile prima che it tutto vada in frantumi allontanandosi e fermando la reazione a catena, l’iniziatore aumenta l’efficienza aumentando il numero di neutroni iniziali.

  • Riguardo gli impianti di arricchimento iraniani, è il caso di ricordare l’attacco informatico compiuto tramite uno dei peggiori worm mai concepiti, lo Stuxnet.
    Attivo solo in presenza di specifici PLC e periferiche di controllo, portava le centrifughe a frequenza di risonanza finché non esplodevano, ma solo dopo aver registrato abbastanza dati da riprodurre verso la sala controllo, che non si accorgeva di nulla fino al guasto. Dopodiché, si auto-eliminava.
    È stato appurato che chi ha messo insieme questo bastardello – gli americani fischiettano facendo i vaghi – ha sfruttato diverse falle di sicurezza non note di tutti i sistemi operativi coinvolti, falle che in un altro momento avrebbero reso l’hacker in questione molto ricco.

    • Davide

      Basato su un bug della libreria S7 dei PLC Siemens. In parole povere mandava in scrittura verso gli inverter il riferimento di velocitá a palla (32K) mentre mandava in lettura verso l’HMI di controllo un riferimento del tutto normale.

  • Davide

    Bellissimo articolo come del resto la parte 1 più teorica! Argomento sicuramente affascinante e a mio parere “spaventoso” allo stesso tempo…
    Un’ appunto, ho partecipato per anni alle critical mass a Milano, e ti assicuro che non ho mai, ripeto mai, visto gente prendere a calci automobili, al contrario, per due volte, ho visto automobilisti cercare di buttare per terra i ciclisti solo perché incazzati… la critica ci può stare rispetto pienamente il tuo punto di vista, ma se si scrive qualcosa di così forte poi lo si dovrebbe argomentare meglio, altrimenti suona come una pura e semplice provocazione/esca per aizzare ferramentisti contro ciclisti (io sono entrambe le cose quindi la vedo da tutti i punti di vista).

    • Beh Davide, ho poco da argomentare se non portare la mia esperienza: quella volta – saranno passati 12-13 anni buoni – vidi gente dare di matto da entrambe le parti e, come scritto nell’articolo, io nella rabbia sto male. Credo che nel mio articolo e nelle mie parole ci sia tutto tranne che la volontà di aizzare qualcuno contro i ciclisti anzi, ammetto di aver partecipato a manifestazioni del genere e, di più, scrivo nero su bianco che ritengo giusta la volontà di riprendersi i propri spazi.
      .
      Peggio: nel prossimo DI BRUTTO porterò diversi articoli dedicati al mondo del ciclismo 😉
      .
      P.S. una volta mi recai ad una alleycat (ne ho corse parecchie) in auto con la bici nel baule. Arrivato al punto di ritrovo parcheggia la macchina (che era di mia mamma) per scaricare la bici. Arrivò uno e mi mollò un calcio contro la portiera (della macchina di mia madre) al grido di “CHECCAZZOÈQUELLA”. Amico calmati e sparisci che oltre alla bici tiro giù il cric.
      .
      Purtroppo di stronzi e pazzi fanatici il mondo ne è pieno e, che guidino auto, che vadano in bici o a piedi, bisogna imparare a starci alla larga. Ricorda: un pedone è un automobilista che ha trovato parcheggio.

      • Davide

        Ottima risposta, con la quale concordo pienamente, da ciclista sono io il primo a dire che il fanatismo abbonda trasversalmente…

    • Marco Gallusi

      Bellissimo articolo… in sottofondo mi è sembrato di sentire l’aria sulla quarta corda… e mi sono immaginato Paco Lanciano a fare l’esperimento… complimenti ancora una volta…

  • Marco

    ….Ore e Ores, ovvero Minerale e Minerali,, non Areas e quindi aree… Santa Polenta.! Non si può scrivere un articolo sulla fissione nucleare – divulgazione o non divulgazione – e ciccare l’inglese delle scuole superiori… (dopo aver sparso bilioni di litri di supponenza contro quei cattivoni, copioni e cattivi, degli youtuber.)… Direttore ultimamente mi pecca un po’ di superbia e tutto ciò fa perdere qualcosa della bella e modesta semplicità degli inizi….
    Ed è un peccato perché Rollingsteel.it è una delle poche novità editoriali, interessanti e divertenti, di questi ultimi anni…

  • Roberto Tubaz

    Grande Direttore
    Tralasciando il giudizio sul film che è di fatto “Oppenaibile”, ti ringrazio davvero per questi due meravigliosi “articoli” cosi ben scritti per arrivare dritti anche ai novizi e creare attenzione anche stasera a cena dove, e lo potete capire tutti, i miei figli di 22 e 26 anni non avevano minimamente voglia di sentirmi leggere l’articolo appunto per divulgare e invece d’un tratto si sono calamitati sull’argomento. Complimenti davvero.

  • Andrea

    Seconda parte bella, interessante e comprensibile anche da chi, come me, non è mai stato un alunno troppo diligente, complimenti

  • Luca

    complimenti, questi sono articoli di quelli da salvare e leggerli offline in aereo, tipo. TANTA ROBA!
    a quando un approfondimento sulla bomba H?

  • Filippo Monni

    Bellissimi articoli, complimenti.
    Io non riuscirei a farli così semplici e godibili.
    Inoltre l’ironia e ben dosata.
    Complimenti.

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