Il ferro, quello da rollingsteeler, se ce l’hai nel sangue, ce l’hai sin da bambino; è una passione innata messa lì forse dalla genetica, forse dal dio dei motori.
Per quanto mi riguarda il primo amore ferramentoso è stata la cosa più improbabile di tutte, e oggi voglio provare a condividere quella passione con voi.
Negli anni ’80 la mia famiglia aveva una casa in montagna in un luogo chiamato “Motta”, mezzo sperduto sopra Madesimo in Valchiavenna: per arrivarci ci si doveva inerpicare per una strada tenuta volutamente innevata tutto l’inverno.
Considerate che già il viaggio fino a Madesimo allora era una mezza avventura, prima l’imbuto di Lecco senza sottopasso e poi i tornanti strettissimi e spesso ghiacciati, il tutto con le auto e gli pneumatici dell’epoca. Si finiva quindi per arrivare che era già buio, stanchi e magari bagnati sotto una nevicata con le valigie, tuttavia, almeno per me, il momento più bello era proprio quello.
La strada era praticabile solamente con un servizio di “gatti”, meravigliosi mezzi cingolati che per qualche ragione mi esaltavano all’inverosimile per la loro capacità di affrontare con disinvoltura le strade più impossibili.
Quando ero piccolo mi accaparravo di prepotenza il posto accanto al conducente, più grandicello venivo messo a cavalcioni del faro anteriore, da ragazzino in piedi sui portapacchi laterali. Già perché l’altra cosa meravigliosa di questi mezzi è che in qualche modo con l’incoscienza degli anni ’70 e ’80 ci potevano stare 7 persone comode all’interno e almeno altrettante appese fuori.
Ricordo quell’odore di grasso e metallo e poi il rumore, molto simile a un maggiolino, ma di questo ne parliamo tra poco.
All’epoca per me erano solo “gatti”, ma oggi so che erano prodotti da una società svedese chiamata Aktiv Fischer ed erano noti col nome di Snow Trac S4.


Il progetto nasceva da un certo Lars Larsson che progettava macchine agricole e che nel ’54 aveva immaginato un veicolo semplice e tuttofare per andare a pescare d’inverno.
Due erano le idee geniali che lo avrebbero presto portato a commercializzare con successo il suo prodotto: semplici e leggeri cingoli in gomma e un meccanismo di sterzo a dir poco geniale.
Nel ’57 Larsson avvia la produzione su piccola scala, ma il prodotto è talmente riuscito che resterà in commercio fino al ’81 senza particolari variazioni.
Nei fatti lo Snow Trac si guidava come una normalissima auto: tre pedali standard e soprattutto un VOLANTE.
In un’epoca di leve e marchingegni complessi per gestire un cingolato, Larsson portò un colpo di genio che stupisce non rivedere su macchine successive. Il motore era collegato ad un differenziale da cui si dipartivano due alberi connessi alle ruote di un variatore; lo sterzo agiva su una delle ruote del variatore aumentandone o riducendone il diametro e costringendo quindi i due alberi a ruotare a velocità differenti.
Dagli alberi verticali si passava a delle coppie coniche per rendere il moto orizzontale e poi, tramite trasmissione a catena, il moto veniva portato alle ruote dentate di trazione poste all’anteriore del mezzo. L’unico limite di questa soluzione è che ovviamente non puoi girare sul posto perché comunque non puoi invertire un singolo cingolo.
Segue lunga serie di foto esplicative e pure un video meraviglioso.



Nel video sotto il funzionamento è chiaro.
Col volantino pubblicitario che recitava “facile da guidare come un’auto” lo Snow Trac colmò un vuoto di mercato e fu un immediato successo globale .
L’altra genialata di Larsson fu di fare un mezzo semplice, terribilmente semplice, riciclando là dove possibile componentistica già esistente. Il motore era un 1.6 Volkswagen boxer a benzina per veicoli industriali raffreddato ad aria, inizialmente con 36 cv anche se crebbe fino a 54 nelle ultime varianti. Il motore era largamente usato all’epoca e fondamentalmente derivato da quello del Maggiolone. Sempre dal Maggiolone erano presi gli ammortizzatori e altra componentistica minore, il cambio arrivava invece dal mitico VW Bus.
Visti così 40 cv circa sembrano pochi – e lo sono – ma nella neve non si dovevano fare le corse e il mezzo era pensato più come uno “spostanordici” che come macchina heavy duty. L’asso nella manica era una rapportatura corta (o cortissima a richiesta) che consentiva di affrontare un po’ tutti i tipi di neve con una velocità massima di 30-35 km/h.
Il veicolo ebbe ovviamente un successo particolare nei paesi scandinavi, in Canada, in Scozia, ma fu utilizzato (con più fortuna di altri progetti più ambiziosi) anche in Antartide.
Esiste anche la variante NATO da guerra armata con un cannone da 120 mm, ah i bei tempi della creatività.
A dirla tutte le varianti pullulano, con cabina, pick-up, cabrio: ce n’è per tutti i gusti.
La macchina era spesso adottata anche da enti governativi, per lo più polizia e forestali.

In un delirio di onnipotenza il buon Larsson realizzò anche la versione “heavy duty”, in pratica un S4 con cingoli allargati e funzione “battipista”: con umiltà lo chiamò “Snow master”. Ne furono venduti pochissimi, molti in Giappone dove lavorarono alla preparazione delle piste per le Olimpiadi del ’72.

In ogni caso la versione top resta quella destinata all’Australia dove il locale importatore di Porsche, tale Norman Hamilton, era uso brandizzare Porsche qualunque cosa avesse un motore Porsche. Fu lui ad avere l’idea di rimpiazzare il motore VW con uno di derivazione Porsche 356 e molti da lui riadattati finiranno in Antartide.

A quanto pare dopo anni e anni di successo commerciale, VW smise di produrre il motore utilizzato e, forse complice la concorrenza sviluppatasi nel frattempo, gli amici di Aktiv Fischer chiusero bottega nel ’81 con 2265 esemplari prodotti più altri 30 circa che furono comunque realizzati successivamente in Scozia.
Per parte mia ho da poco avuto occasione di tornare a Motta dove i gestori dell’Albergo Bucaneve ancora possiedono alcuni di questi mezzi. Gli stessi acquistati dai loro padri negli anni ’60 e ’70.
Stiamo parlando di veicoli che si sono fatti tra i 50 e 60 anni di lavoro TUTTE LE STAGIONI in condizioni d’uso certamente non facili.
Ho fatto loro una piccola intervista al gestore Marco, vi riporto qui una sintesi:
- RS: Come cavolo fanno ad essere marcianti e operativi dopo tutto questo tempo i gatti?
- Marco: Perché sono macchine semplici. Pochi pezzi e meccanica facile da replicare, anche se ormai non si trovano più i ricambi è possibile fabbricarseli con un certa facilità.
- RS: Per esempio?
- Marco: I pignoni che portano la trasmissione dal variatore alle catene, quelli si consumano col tempo, ma qui in montagna sappiamo arrangiarci e li ricostruiamo.
- RS: I motori sono sempre gli originali?
- Marco: No, quelli sono andati da tempo
- RS: quanto ci fai a cannone?
- Marco: 25-30 km/h
- RS: Ti diverti a guidarli eh?
- Marco: da ragazzo un mucchio!
- RS: E non scingolano mai?
- Marco: Può capitare. Se fai lo splendido in curva o magari quando c’è tanta neve, in questi casi capita che si infili tra le ruote e il cingolo portandolo fuori asse.
- RS: Come fai in questi casi?
- Marco: con un po’ di esperienza puoi provare ad eseguire al contrario la manovra che ti ha portato a scingolare, quando va male bisogna armarsi di cric per sollevarlo, chiave inglese per allentare la ruota posteriore che fa da tendincingolo e un sistema a paranco per tirare il cingolo in posizione. Anche qui serve un po’ di esperienza.
- RS: Per altro un lavoro da fare in condizioni precarie in mezzo alla neve, brrrr… Come funziona il tendicingolo?
- Marco: Si può agire sulla ruota posteriore e su quella anteriore, è importante trovare la giusta tensione. Troppo molle lo perdi, troppo teso tende a rimbalzare e dare colpi forti… e lo perdi anche qui.
- RS: Eri a conoscenza della versione maggiorata “Snow master”?
- Marco: Sì, ma ho qualche riserva, nella neve alta non sempre il cingolo largo aiuta, aumentano di conseguenza anche le leve e in certe circostanze è più facile perdere il cingolo.
- RS: Il fatto di non poter invertire un cingolo crea problemi?
- Marco: Non direi, al massimo sterzo di fatto ruota praticamente sul posto.
- RS: Che programmi avete per loro?
- Marco: Sicuramente di tenerli, anche se ne abbiamo appena restaurato uno e venduto, pensa un po’, in Puglia
Seguono le foto che ci ha dato Marco sul restauro di questo splendido esemplare anni ’60.

Di recente una compagnia americana ha iniziato a produrre una versione tarocca/pezzotta (secondo la latitudine a cui ci leggete) chiamata “Sno Trac”, cioè senza la “W” (imbarazzante). Esteticamente c’è una certa somiglianza, ma per il resto sono macchine totalmente diverse: questo è diesel e con un sistema idraulico basato su joystick.
Aggiungo che è anche terribilmente più brutto.
Vi lascio con un’immagine presa da Shining (1980) dove lo Snow Trac appare diverse volte.
bellissimo,freddo a parte,meno male che certi pezzi vengono ancora tenuti e riparati,è uno spettacolo!!!Ecco dove mi sembrava di averlo visto,all’Overlock hotel…
Che mezzo…
In merito alla distribuzione dello sterzo: entrambe le ruote del variatore variano in diametro, non solo una.
Carissimo Paolo, eh sì che mi ha fatto piacere leggere il tuo articolo: ho imparato a conoscere e amato gli snow cat allo Stelvio dove All’epoca era l’unico mezzo per poter raggiungere la scuola di sci del Livrio dove andavo con mio padre negli anni 60. Anch’io impazzivo per sedermi di fianco al pilota o all’esterno sugli sci accumulati sopra i passaggi dei ingoli. Credo che quasi nessuno oggi sappia che il nome “gatto” deriva proprio dal fatto che quel mitico mezzo in movimento produceva alcun rumore del tutto simile al miagolio di un gatto che anche tu penso conosci bene. E poi a quell’epoca credo che fosse un po’ l’unico mezzo per andare sulla neve oltre ai piedi, le racchette e li sci. ancora ti ringrazio per il bell’articolo, scusa gli errori ma non riesco a correggerli
Pietro