Sono andato a fare un giro sui colli dell’Appennino con una macchina che ha letteralmente spazzato via ogni mio preconcetto. Pensavo fosse una scatoletta ignorante ed invece questa Clio 182 è un vero ferro del dio come non ne fanno più, diobò.
È una tiepida mattina di fine estate. L’aria finalmente si è rinfrescata ma ancora non è freddo, sono le due settimane che nel resto del mondo vengono chiamate mezza stagione ma che a Bologna separano il caldo demmerda dal freddo dicristo.
Sono con la mia bella (la MX-5, sia chiaro) che risalgo agilmente la Futa. Per chi non la conoscesse, la SP65 della Futa collega Bologna a Firenze passando per l’omonimo passo. Molto amata dai motociclisti (che si ritrovano allo Chalet Raticosa situato a 968 metri di quota), questa strada è una vera figata: molto scorrevole, ben asfaltata e, cosa più importante, poco frequentata. In macchina non la avevo mai percorsa e, sopratutto, mai a bordo di una macchina capace di darmi le sensazioni che mi regala la mia Mazda. Estremamente precisa e scattante, la macchina mi permette di alzare continuamente il ritmo senza mai dare segni di cedimento, arrivo a precorrere alcune curve in successione senza mai avere il volante dritto, è una sensazione strana e profonda, credo molto simile a ciò che si proverebbe a cavallo di una moto. Come la differenza che c’è fra sentire ed ascoltare: non sto semplicemente andando, sto guidando.
E con che gran stile
Ma non sono qua per parlare della Futa né della mia Mazda, ma per raccontarvi della macchina che mi sta spettando propio lassù, al passo che separa l’Emilia dalla Toscana.
Quel granferro™ della Renault Clio RS 182.
Giù c’era il sole ed era una tiepida mattinata di fine estate. Qui le nubi sono basse e fa fresco freddo. È tutto grigio attorno a me, grigio come la Clio che ho appena incontrato.
È piccola, rotondetta e acquattata su quei grossi cerchioni da 16″. Sembra una Clio normale ma non lo è, i passaruota appena appena più larghi ed il paraurti specifico rivelano subito il fatto che sia speciale e le conferiscono un’aria molto più minacciosa e piantata a terra rispetto a quella normale. Questo la dice lunga su quanto riuscita sia la linea di questa macchina. Potrà non piacere, ma è talmente giusta che per renderla più sportiva anche nell’aspetto hanno dovuto cambiare di pochissimo la linea originale, alla facciazza della nuova Civic Type-R che diobono pare un’astronave. Semplicità ragazzi, semplicità.
Ed è la semplicità con cui questa Clio ti sbatte in faccia il suo potenziale a risultare drammatica. Non è una macchina tutta sbom sbam sbem (tipo la 500 Abarth) che ti inchioda al sedile a botte di coppia o con le sue sbrappate ad ogni pelata di gas. No, questa è subdola, è più intima. Questa non è una pornostar che in 10 secondi fatto e sigaretta, questa è un’elegante donna di classe che con cui fare conoscenza, da sedurre e da cui lasciarsi intrigare e della quale, infine, innamorarsi fino a perdere la testa.
Tipo lei, ah no.
(ps. mi/ci manchi tanto)
Ma prima, un pelo di storia giusto per chiarire un paio di robe.
Alla Renault le macchine le sanno fare, e le sanno fare bene. Forse più in passato che adesso, rimane il fatto che Renault, nella storia del Motorsport, è un nome importante. Nella sua storia decine di modelli stradali ad alte prestazioni hanno picchiato tanto e forte una volta portati in pista. Lo abbiamo visto con quel ferro del dio che è la 5 Turbo, una roba da fuori di testa. Lo stesso è successo con la Clio nelle sue declinazioni più sportive. La Clio prima serie, prima con la clamorosa 1.8 16V poi con la Williams, aveva già fatto capire di che pasta fosse fatta quella simpatica scatoletta da neopatentati.
Con la Clio seconda serie la storia non è cambiata, anzi, è migliorata. Preso il motore della Williams, il famoso quattro cilindri F7R, i tecnici Renault lo hanno aggiornato facendolo evolvere nell’ F4R da 2 litri, 16V e 172CV e lo hanno schiaffato nel telaio della nuova serie della Clio che, ad oggi, viene ricordato come uno dei migliori telai mai costruiti.
Il risultato fu la prima Clio RS seconda serie che poi con il tempo ed i vari restyling portò a quella che vi racconto oggi, ovvero la Clio RS 182. Questa versione, l’ultima della Clio II prima di quella nuova (quella con gli sfoghi nei passaruota vorrei provarne una), veniva venduta con una lunga serie di optional dei quali a noi frega poco. Gli unici che è interessante ricordare sono il motore potenziato a 182CV, il doppio scarico centrale (e quindi il pianale del baule piatto senza ruota di scorta) e, infine il telaio in versione “Cup” (di cui parlerò alla fine per non tediarvi).
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Ora viene il bello: la Clio 182 su strada.
Forse non sarà la più bella delle compatte ma voi questa Clio non la dovete guardare, la dovete guidare. Guidare e basta. La vedete così e boh poi la guidate e scendete pensando che sia un cristo di ferro incredibile dio ne voglio una. Mai avrei pensato che il telaio, i freni e lo sterzo potessero riuscire a mettere in secondo piano il motore, per quanto ottimo esso sia. L’ho già scritto e non mi stancherò di farlo: le auto moderne sono vittime del loro stesso marketing che a sua volta è vittima di quello che il pubblico è e vuole. La potenza sfrenata non serve a nulla se poi devi stuprarla a botte di elettronica per tenerla a bada, per castrarla e per evitare che tutto quello che sta attorno al motore, pilota compreso, non sia in grado di gestirla.
Da ferma potrà non piacere….
…ma una volta in movimento, cristo che roba!
Nelle macchine, come nella vita, bisognerebbe imparare a togliere invece di aggiungere. Ritornare al semplice, all’essenziale, al puro. Eliminare rumore distrazioni polvere orpelli per riavvicinarci a noi stessi, alla vera essenza della vita: le emozioni.
Prima che mi perda in filosofia spicciola, torniamo a parlare di macchine, che mi viene meglio: di questa Clio ho sentito tantissimo parlare in passato, ho letto decine e decine di articoli, specialmente sui vecchi EVO, nei quali si elogiava a gran voce questa folle scatoletta francese. Ma, nonostante la quantità di storie sentite sul suo conto, non ho mai dedicato troppa attenzione a questo ferro ma, oggi lo ammetto, è stato un grande errore perché dopo averla provata sono rimasto letteralmente folgorato dalla purezza che trasuda questa Clio attraverso ogni cristallo di Carburo di Ferro che la compone.
È assurda la qualità delle emozioni e dei sentimenti che riesce a trasmette questa Renault una volta in movimento. A velocità normali è una normale compatta, certo ha lo sterzo bello diretto e il motore si fa sentire ma fin qui nulla di speciale. Sicuro in mezzo al traffico è una macchina con cui è facile sorpassare, ma no, quello non è il suo habitat. È quando lo spazio attorno a voi si allarga, il traffico si dirada e la strada si attorciglia su se stessa che la faccenda cambia. È alzando il ritmo e guidando per davvero che questa macchina letteralmente si trasforma e diventa quello che è. Solo allora inizierà a parlarvi; solo allora vi sembrerà che il telaio vi si chiuda attorno mettendovi al centro di tutto, ci si trasforma nel cuore della macchina e nel suo cervello. Si entra in simbiosi con lei, ogni vostra singola volontà ed emozione passa direttamente alle ruote anteriori ed ogni risposta che questo cristo di telaio vi fornisce ve la trasmette direttamente al cervello, è una roba da fuori di testa, dopo averla provata mi sento cresciuto, come appassionato di auto e come uomo. Bella o brutta che sia questa è una cazzo di macchina fatta come si deve.
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Oggi ogni mio preconcetto relativo a questa Clio è stato demolito da quella che è stata, per quanto breve, una esperienza di guida totale. Sarà che recentemente ho attraversato il Portogallo con una schifosa Citroen C3 ma sono rimasto sconvolto da quanto questa Clio sia analogica. Lo è pure più della MX-5 (e ce ne vuole!): il volante è demoltiplicato alla perfezione, in qualunque curva non ti obbliga quasi mai a staccare le mani da lui; il cambio, con l’asta lunga ma incredibilmente preciso e, uao, quell’acceleratore, posizionato alla perfezione rispetto al pedale del freno, è incredibilmente sensibile, pare di dare gas ad una moto da cross due tempi per quanto il motore è reattivo nel prendere giri. Forse avrei dovuto controllare ci fosse il volano.
Spesso quando si parla di queste macchine si sente dire “che non vanno”. Il problema è l’abitudine ad avere a che fare con i motori turbo. Su queste macchine dal motore aspirato si dà gas aspettandosi che arrivi la botta che invece non arriverà mai, il motore continua a salire di giri lineare, senza grossi strattoni o botte. Se però un tale tipo di accelerazione non regala le emozioni tipiche del turbo questo non significa che state andando più piano, il punto è che non vi accorgete di quanto diavolo state andando forte. In questa Clio la lancetta del contachilometri sale quasi più velocemente di quella del contagiri. L’avere un motore aspirato, che per molti (sciocchi!) è un limite, rappresenta invece un grandissimo vantaggio: un motore aspirato difficilmente metterà in crisi il telaio con grosse botte di coppia, anzi, permetterà al telaio di lavorare al meglio in collaborazione con voi e col motore. Altra conseguenza dell’avere un motore che non mette in crisi il telaio è che quest’ultimo sarà più semplice e meno pesante ed anche lo sterzo, non dovendo mai gestire grossi esuberi di potenza, non vi scapperà mai di mano in accelerazione. La macchina rimane sempre e comunque sincera, precisa e connessa al vostro cervello, è eccezionale quanto sia viva fra le mie mani.
Certo non è una macchina semplice: il motore è tanto, il peso poco e il suo posteriore richiede rispetto. È leggero, molto leggero, e mettersi il retrotreno davanti è un attimo ma questa sua caratteristica, se gestita correttamente, diventa il suo punto forte. Questa Clio si guida di avantreno, questa Clio è il suo avantreno. È così preciso che pare di essere sui binari e la si può buttare dentro quasi di cattiveria, l’importante è staccare a ruote dritte e poi sbom, dentro la curva. Ovvio, è una trazione anteriore, e dunque soffrirà di un po’ di sottosterzo, ma allora basta tornare sul gas, sfruttare l’incredibile fluidità e linearità del motore per riportarla alla corda e venire lanciati verso la curva successiva. È la macchina con l’avantreno più preciso, sensibile e diretto che io abbia mai guidato, è incredibile. Guidando allegri il posteriore ballerà, scodinzolerà, probabilmente alzerà la gambina ma sarà lì con voi dandovi la sensazione di avere le ruote posteriori al posto delle scapole. È talmente fatta bene che non ha l’autobloccante, non voglio immaginare cosa sarebbe con un bell’LSD all’anteriore.
Purtroppo questa Clio mi ha un po’ ucciso la solita ignoranza ma credo sia giusto, qui di ignoranza ce n’è poca. Per quel che mi riguarda, fanculo i numeri, questo è il piacere di guida.
ps. Clio 182 con telaio Cup: quella della prova è una Renault Clio 2a serie in versione RS 182. Questa versione veniva venduta full optional (con addirittura il cruise control) ed il motore era stato portato a 182CV rispetto al precedente da 172 utilizzando un nuovo impianto di scarico (4 in 2 in 1 con due terminali) e un catalizzatore sportivo ad alto flusso. Inoltre, per permettere il doppio terminale il pianale posteriore era piatto e non c’era quindi spazio per la ruota di scorta. A queste modifiche si aggiungo il telaio in versione “Cup”, optional dell’epoca, che comprendeva un set di cerchioni specifici color antracite, ammortizzatori più rigidi di un 10% accoppiati a mozzi ruota con interasse dei fori da 60mm al posto dei 54 standard. A tutto questo i simpatici proprietari di questa Clio, due fratelli toscani (che, lo sappiamo tutti, hanno “quel senso dell’umorismo da quattro soldi che ha devastato questo Paese” cit.) hanno voluto aggiungere un po’ di carattere (come se servisse): scarico completo Scorpion, testa lavorata e lucidata sia in aspirazione che scarico ed abbassata utilizzando una guarnizione di testa più sottile (mi dicono 7 tacche). Il variatore di fase è stato sostituito con una puleggia alleggerita e regolabile per evitare tagli di anticipo dopo la mappatura della centralina, i supporti del motore ora sono rigidi per far sì che il motore diventi parte integrante del telaio, il volano è stato sotituito con uno alleggerito e la frizione è in rame. Infine la macchina appoggia su un assetto completo ktec con supporti rigidi sui duomi. Nella sua mappatura più spinta la macchina ha bancato 205CV a 8100 giri ma, sai com’è, per evitare che il motore esploda in 3, 2 ,1 alla fine è stata scelta una configurazione più “blanda” rullata a 195CV.
Infine, come premio per essere arrivati alla fine dell’articolo, eccovi la prova video!
ex possessore di un 182 cup, presa praticamente nuova e tenuta per quasi 200mila km..
hai detto bene..macchina INTIMA….un godimento assoluto..
e poi quando il variatore di fase faceva la sua comparsa…uuuaaaaaaaaaaaaaaaa
che ricordi!