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Top Gun Maverick, il migliore è tornato

Top Gun Maverick

“Ho saputo che il numero uno, il migliore, sarebbe tornato”
Charlotte “Charlie” Blackwood

DISCLAIMER: ocio agli spoiler

Se solo la salute di Val Kilmer e l’ego sconfinato di Tom Cruise lo permettessero, forse il modo ideale per raccontare un seguito di Top Gun sarebbe quello di abbracciare la filosofia di “Cobra Kai”, raccontando la storia dal punto di vista del vero pilota Top Gun del film, ovvero Tom “Iceman” Kazinsky, ma ammettiamolo, un seguito come “Top Gun: Maverick” era più facile sbagliarlo che azzeccarlo.

Infatti a lungo il rischio è stato proprio quello di non vederlo mai questo secondo capitolo, arrivato a trentasei anni dal capostipite diretto da Tony, lo Scott giusto. Con la pandemia che ha chiuso i cinema, qualcuno accarezzava già l’idea di dirottare il film su qualche piattaforma streaming, ma un uomo con la sua cocciutaggine ha messo le corna a terra e si è opposto, per Tommaso Missile questo doveva essere un film da vedere sullo schermo più grosso della vostra città, possibilmente con un audio da terremoto e sapete che vi dico? Aveva ragione lui.

Pronti a decollare con il post, go volo!

Se Tony Scott lanciò la carriera di uno dei più grandi divi degli anni ’80, Tom Cruise ha fatto di tutto per coltivarla, scivolando solo sui divani di Oprah, aggrappato al suo status di icona come nei vari “Mission: Impossibile” alle carlinghe degli aerei, non è un caso se lo stesso giorno dell’uscita in sala del nuovo “Top Gun” sia comparso in rete anche il trailer della sua prossima missione impossibile, quella caparbietà, quella cattiveria agonista è quella che ha permesso a Tommaso Missile di essere ancora al Top (Gun) dopo quasi quarant’anni, se necessario anche prendendo a male parole chi non indossava correttamente la mascherina sul set del nuovo “M.I.”, probabilmente posseduto dallo spirito di Les Grossman.

Tutto questo per dire che Tom Cruise è come i grandi musicisti, quando si muove non lo fa per portare a casa una figura da cioccolataio, infatti per tornare dentro l’Avirex con le toppe e dietro i Ray-Ban Aviator di Pete “Maverick” Mitchell ha radunato la banda: il produttore Jerry Bruckheimer e poi i suoi pretoriani, il regista schiavo Joseph Kosinski, che lo ha già diretto in “Oblivion” (2013) e lo sceneggiatore schiavo, quello che Tom fa uscire dalla cantina dove lo tiene segregato solo quando bisogna lavorare ad un suo nuovo film, Christopher McQuarrie, autore del copione insieme a Ehren Kruger ed Eric Warren Singer.

“Ora ti spiego come pilotarlo, non è complicato ma resta concentrata ok?”

Per ovvie ragioni manca il migliore, lo Scott giusto (ovunque tu sia Tony, ci manchi di brutto), ma con il coinvolgimento di Val Kilmer, il cui ruolo è stato pesantemente modificato per via della sua condizione di salute, sembrano davvero tornati tutti i nomi grossi, anche se con tutta la mia stima per Tony (infinita), vorrei spezzare un Tomahawk per la grande dimenticata.

Si è tanto parlato di come Cruise abbia spremuto come limoni i giovani attori del cast, costringendoli ad un allenamento da veri piloti e a girare a bordo di veri caccia, ma Kelly McGillis nella vita ha affrontato (e ancora affronta) sfide ben più grandi e toste che correre dietro all’imprendibile Tom, il film non fa il minimo cenno al suo personaggio, piuttosto ripesca dal passato di Maverick la vecchia fiamma Penny, affidandola alla meravigliosa Jennifer Connelly (largamente sottoutilizzata), quindi la dedica a Tony Scott era doverosa, ma ci tenevo a rendere un tributo anche a Kelly McGillis.

Maverick, trentasei anni senza casco. Zero multe, sarà più veloce degli autovelox?

“Top Gun: Maverick” prende il film di culto di Tony Scott e prova ad aggiornarlo all’anno 2022, dove tutto è cambiato tranne Tom Cruise, lui lo sappiamo che è immortale e infatti il suo piano a lungo termine è quello di trovare un modo di morire sul grande schermo in qualche altra impresa folle delle sue. La strada scelta è quindi quella alla moda, le vecchie glorie affiancate da nuovi personaggi, tra malinconia e nuovi eroi in teoria pensati per il pubblico più giovane, insomma “Top Gun: Maverick” prova a fare quello che ha fatto il quinto capitolo di Scream (2022), quasi una sorta di “Requel” come lo chiamano gli amici dall’altra parte della grande pozzanghera nota come oceano Atlantico, un po’ seguito un po’ remake, infatti per tutta la prima parte lo ammetto, ho sentito puzza di bruciato, anzi ho sentito puzza dell’ennesima operazione paracula in stile “Star Wars – Il risveglio della forza” (2015), poi per fortuna è arrivato l’ultimo atto del film, l’ultima mezz’ora a farmi fare pace con questo seguito che ricalca le orme del predecessore.

I primi cinque minuti di un film sono quelli che ne determinano tutto l’andamento, infatti l’inizio di “Top Gun: Maverick” è un film muto che inizia con il logo di Top Gun, il decollo dalla portaerei, i POSTBRUCIATORI e il “Top Gun Anthem” seguito da Danger Zone come se fossimo ancora nel 1986, con la differenza che Joseph Kosinski non è Tony Scott e si vede, manca la sua capacità di rendere epico anche uno spudorato spot per l’arruolamento della marina, ma il compito è quello di aggiornarci sul protagonista, perché “Top Gun: Maverick” gioca a carte scoperte fin dal titolo, questo non è “Top Gun 2” è “Top Gun: Maverick”, si ci sono dei nuovi protagonisti giovani, ma col cazzo che Tom Cruise mollerà lo scettro, questo è ancora il suo film, è ancora il suo tempo, infatti “Top Gun: Maverick” parla proprio di questo, forse domani saremmo obsoleti, ma come lo spavaldo pilota risponde all’ammiraglio incazzato interpretato da Ed Harris: «Non oggi».

Ci vuole una certa dose di carisma per rispondere spavaldi alla sguardo d’acciaio di Ed Harris.

Maverick avrebbe potuto fare carriera ma la sua “Need for speed” e la sua intolleranza a seguire le regole e le procedure standard lo vedono ancora capitano, ancora sul campo a collaudare aerei sperimentali da spingere fino a Mach 10 e oltre, perché tanto nessuno può dire a Tom Crui… scusate, a Maverick cosa può e cosa non può fare, quindi lui l’aereo supersonico lo schianta e viene rispedito da Ed Harris idealmente a casa, di nuovo nel programma Top Gun, solo perché l’amico Iceman diventato un pezzo grosso della marina, veglia su di lui e sulla sua testa matta.

Mi dispiace solo che Kosinski detto Kosoniski, invece di una spettacolare distruzione di jet abbia deciso di mostrarci un esplosioncina tipo petardo inquadrata alla lontana, perdendo anche l’occasione di omaggiare come si deve il finale di “Uomini Veri” (1983), evidentemente Tom si è già sforzato troppo nell’apparire in scena spettinato nella gag al ristorante per famiglie, di più non poteva concedere, si sarebbe andati troppo fuori dal solco tracciato da Tony Scott.


La massima di Confucio, scegli il lavoro che ami e non lavorerai neanche un giorno, nell’interpretazione di Tommaso Missile.

Questa volta Maverick è istruttore e non più lo spavaldo pilota che con quel suo sorriso da svariati milioni di dollari sfotteva gli insegnati, in un momento alla “Capitano mio capitano”, getta il libro di testo e comincia a predicare la sua lezione: usate l’istinto, non pensare fai, un novello Yoda con i Ray Ban alle prese con un’altra missione impossibile.

Uno stato canaglia senza nome (perché il piano di Tom è di spaccare tutti i botteghini del mondo, perché farsi dei nemici, tanto nel film del 1986 i cattivi erano tutti piloti senza volto) sta arricchendo uranio in una base inaccessibile, o meglio ci si può arrivare seguendo il piano folle di Maverick: volare quasi raso terra sotto il livello dei radar dei lanciamissili in un infinito canyon, sorvolare la montagna tirando 10G al limite del cedimento strutturale del suo F/A-18 Super Hornet, buttarsi in picchiata fino al piccolissimo punto debole lasciato in bella vista dai cattivoni, centrarlo al volo con un missile e poi di nuovo cloche indietro e naso su. Insomma avete presente l’attacco di Luke Skywalker alla Morte Nera? Tom Cruise deve aver pensato, «Tzè una cazzata, lo faccio ad occhi chiusi», solo che al vecchio Luke è andata di lusso, lui l’ha dovuto fare una volta sola, buona la prima, ai dodici piloti che Maverick deve allenare in tre settimane per la missione, tocca farlo e rifarlo più volte, per essere pronti allenandosi nelle condizioni più estreme, che poi vorrebbe dire alle condizioni di Tom Cruise, che ha strapazzato tutti costringendo l’intero cast ad un numero infinito di ore di volo.

“Cioè sono l’ultima arrivata e devo anche fare le flessioni? Maleducati”

Ad alzare la posta in gioco ci pensano proprio le nuove leve, personaggi che ruotano intorno all’ego di Tom Cruise che di fatto sono funzioni narrative con le gambe: Jon Hamm è l’Ammiraglio di Squadra Cyclone, nei panni dello scettico che mette in dubbio Tom Cruise, Natasha “Phoenix” Trace (Monica Barbaro) rappresenta le quote rosa in Marina anche se è meglio tacere sull’utilizzo dei personaggi femminili in questo film, Robert “Bob” Floyd (Lewis Pullman) è il nuovo Sguardone, “Hangman” (Glen Powell, il fighetto della serie tv “Scream Queens”) e il facente funzione di Iceman e via così fino a Bradley “Rooster” Bradshaw (Miles Teller), il figlio di Goose, di fatto il senso di colpa semovente con baffi di Maverick, il personaggio che non fa altro che ricordare a noi spettatori e al protagonista la perdita dell’amico, da cui Maverick non si è ancora ripreso.

“Suoniamo qualcosa di nuovo, ti va un po’ di Jerry Lee Lewis?”

Invece di una bella seduta dallo psicologo, il film ricalca a tratti pedestremente il film del 1986, ma senza l’epica, quella capacità di tirare fuori dalle immagini laccate da spot pubblicitario degli anni ’80 un vero culto, come era riuscito a fare Tony Scott, infatti qui manca una colonna sonora in grado di entrare a far parte della cultura pop (mi dispiace Lady Gaga, bel tentativo però), infatti i pezzi più riusciti sono tutti i classici del film del 1986 con l’aggiunta di pezzi degli Who, che adoro, ma non sono proprio un gruppo nato nel 2022. Joseph Kosinski, che mi immagino preso ripetutamente a ceffoni sul coppino da Tom Cruise, esegue il compitino ottenendo il risultato di sottolineare ancora una volta la grandezza del regista del film capostipite, perché è nell’assenza dello Scott giusto che il talento di Tony emerge.

Basta guardare quanto livello di “sesso a pile” in meno ci sia in questo “Maverick”, l’imbarazzante ed omoerotica scena del Beach Volley qui è sostituita da un’innocua partita a Football sul bagnasciuga che sembra una scusa per mostrare un po’ di petti nudi maschili, ma che non allaccia nemmeno le scarpe a quel momento della trama che Tony Scott non capiva, quindi decise di girare come un porno, assicurandosi così di far fare per benino le sgommate agli ormoni delle spettatrici (storia vera). Vogliamo parlare dell’inevitabile scena di sesso con Jennifer Connelly? Penso che l’attrice sia stata scelta perché quasi coetanea di Tom Cruise, con la sua presenza qui non fa altro che sottolineare l’ottimo stato di conservazione di Tommaso, perché ammettiamolo, non serviva un’attrice premio Oscar per recitare i sospiri di Penny quando Maverick la riaccompagna a casa, oppure l’estemporanea e castissima scena di sesso, che ricorda molto l’effetto “Boris”: «Facciamoli scopare, così de botto, senza senso!» (cit.)

Se non siete distratti da Jennifer, un discreto ferro.

Voglio essere trasparente, non amo i seguiti fotocopia, trovo insopportabile ritrovarmi in sala a rivedere lo stesso film che già conosco a memoria, rifatto con attori più vecchi. So che sono operazioni che al pubblico piacciono molto, come bambini molti di noi amano farsi raccontare sempre la stessa storia, ma seguire una trama sapendo già che tra poco arriverà il momento di sconforto per Maverick, solo perché era già successo in “Top Gun” (e a ben guardare anche in “Giorni di Tuono”) mi annoia, mi fa sbuffare se non proprio incazzare, infatti il secondo atto di “Top Gun: Maverick” è la parte peggiore del film, serve solo a ricordarci in assenza la grandezza di Tony Scott, ma il film si salva all’ultimo secondo grazie all’entrata in scena di Val Kilmer.

Come dicevo lassù, il ruolo di Iceman è stato pesantemente ridimensionato per venire incontro alle condizioni di salute di Val Kilmer, che qui sfoggia uno stile alla Peter Bogdanovich e lancia il cuore oltre l’ostacolo, la sua apparizione non sembra mai uno di quei momenti ruffiani che servono solo ad avvolgere ancora una volta il pubblico nella coperta calda della malinconia, una scena dove Tom Cruise recita per davvero e il loro abbraccio è quasi sentito, poi anche un po’ di ironia aiuta a togliere la ruggine dalla trame e le ruggini tra i personaggi.

Il Johnny Lawrence di Top Gun (grande Val non mollare mai!)

Quando finalmente “Top Gun: Maverick” prende finalmente il volo (ah-ah) è nel momento in cui decide finalmente di uscire dal solco tracciato dal film originale di Tony Scott, dimostrando una sua personalità, la trama nel 1986 prevedeva Maverick cacciato e poi di nuovo in pista? Succede anche qui con la spettacolare sequenza in cui il pilota mostra che il suo piano assurdo è davvero realizzabile, questo è l’ultimo legame con il passato e la struttura da replicare identica, per non perdersi i fan che tornano al cinema solo per rivedere lo stesso film, però nuovo, filosofia che non capirò mai, ma che in quest’epoca di malinconia a tutti i costi paga dividenti anche al botteghino e che ve lo dico, sono riuscito a mandar giù solo perché l’ultima mezz’ora di “Top Gun: Maverick” è incredibile.

Bombardare un deposito di arricchimento di uranio collocato nell’equivalente del “Nido dell’aquila” è un piano assurdo e molto Yankee nel midollo? Di sicuro non più o meno strampalato di quella volta nel 1986 in cui i piloti Top Gun hanno quasi fatto iniziare la terza guerra mondiale diciotto volte in 110 minuti, ma digerito il piano alla “Guerre Stellari”, nell’ultima mezz’ora “Top Gun: Maverick” tira fuori una sua personalità, l’esperienza accumulata da Tom Cruise durante i vari film della saga di “Mission: Impossibile” emerge e questa sorta di “Requel” diventa un vero film d’azione, uno di quelli veri, dove l’azione viene utilizzata per portare avanti l’evoluzione dei personaggi e i loro rapporti, non è un caso se Maverick si liberi finalmente del suo senso di colpa per Goose all’apice di un inseguimento in volo con uno dei temibili Sukhoi Su-57, insomma quello che dovrebbero sempre fare un film d’azione, raccontare usando inseguimenti come quelli che si vedono nell’ultima mezz’ora di questo film.

Ancora lo stesso ragazzino che inseguiva gli aerei in decollo, alcune cose non cambiano mai.

L’ultimo atto di “Top Gun: Maverick” è quello per cui qualunque appassionato di aerei o di film d’azione dovrebbe cercare lo schermo più grande della propria città e godersi questa meraviglia, il piano tutto matto di Tom Cruise di far recitare gli attori dentro veri Jet paga dividendi, il cinema sarà anche il trionfo della finzione, ma quante più cose reali fai davanti alla macchina da presa, tanto più il risultato finale sarà realistico e spettacolare, qui la regia di Joseph Kosinski e il gran lavoro dei suoi montatori Eddie Hamilton e Chris Lebenzon regalano immagini limpide e coinvolgenti, in cui viene istintivo piegare il collo per assecondare i voli, le cabrate e le traiettorie di volo mostrare in maniera chiara, come spettatori siamo sempre al corrente di chi stia facendo cosa e da dove stia arrivando la minaccia, un manuale di buon cinema d’azione applicato ai personaggi che funziona perché fa sua la lezione di Tony Scott.

“Ehilà! Sono l’ombra di Tony lo Scott giusto su tutta questa operazione”

Se lo avesse girato lo Scott giusto questo film sarebbe stato così? Mai nella vita, perché tanto Tony aveva già detto tutto nel 1986, ma quell’approccio vecchia scuola, fatto di montaggio serrato ed immagini epiche è figlio dello stile muscolare e sopraffino del migliore di casa Scott, a cui si aggiunge ancora lui, sempre lui, la testardaggine di Tom Cruise che di mollare lo scettro e passare per vecchietto non ha nessuna voglia.

Che siano i cellulari che non si possono mettere sul bancone (pena un giro offerto a tutti) o i Foghat che partono dal Juke Box (premendo il tasto 86, anno di uscita del film originale, fateci caso quando tornerete in sala a rivederlo), ogni fotogramma di “Top Gun: Maverick” è un inno alla vecchia scuola, al pilota che fa la vera differenza, anche in un’epoca in cui i piloti (e i film d’azione girati dal vivo) sembrano in via d’estinzione.

Nell’assenza di Tony Scott si intravede ancora la sua grandezza perché quell’epica funzionava nel 1986 come nel 2022, ma è la caparbietà di andare contro corrente di Tom Cruise che rende questo seguito più di una fredda operazione nostalgia pensata a tavolino. In un cinema dove il massimo dell’azione nei film ad alto budget avviene con attori legati a corde di sicurezza, impegnati a saltare su materassi imbottiti davanti a schermi verdi, Tommaso Missile e la sua volontà di morire sul grande schermo fanno valere il fattore umano, alla faccia di ambienti fotorealistici con la quale interagire in un set riscaldato d’inverno e climatizzato d’estate, Tom Cruise predica le tecniche di Maverick, dimostrando come nel 1986 che l’immedesimazione tra lui e il suo personaggio è totale.

Con tanti saluti allo schermo verde e alla post produzione in CGI.

In un mondo sempre più digitale, forse un giorno i metodi da dinosauro analogico di Maverick andranno in soffitta, ma non oggi, lo spirito del suo personaggi va di pari passo con le tecniche cinematografiche con cui l’azione è portata in scena, quindi ripescare un vecchio F-14 Tomcat non è malinconia, ma una dichiarazione d’intenti, lo sapete voi come lo so io, ve lo potrebbe confermare qualunque appassionato, l’ F-14 Tomcat è ancora un gran ferro, ma non potrebbe tener testa ad un moderno Su-57, lo può fare solo in un modo, grazie alla magia del cinema, usata per ribadire con una sincerità disarmante e una buona capacità di coniugare passato e presente che la vecchia scuola è ancora la migliore, e questa non è malinconia ma un dato di fatto che quei trenta minuti finali ribadiscono con forza, fare di nuovo la barba alla torre facendo cagare sotto di fifa Jon Hamm è solo un modo per ribadirlo.

La lezione cinematografica di Tony, lo Scott giusto viene ribadita in assenza, Tom Cruise è il suo profeta e per una volta il vecchio stile non è un modo per avvolgere il pubblico in quella dannata coperta calda della malinconia, che sarebbe anche ora di gettare via, ma è ancora una via da seguire, quella “Need for speed” è ancora la stessa, come la voglia di volare con Maverick e di vedere del buon cinema d’azione che abbiamo noi spettatori, sullo schermo più grande possibile però, mi raccomando.

Di Enrico “Cassidy” Plissken, direttamente da “La bara volante“.

Articolo del 30 Maggio 2022 / a cura di La redazione

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  • Michele

    Recensione degna del film, e per quanto mi riguarda, è un gran complimento. Sapevo cosa sarei andato a vedere ma ne sono uscito sorpreso ed esaltato, a partire dai primi 10 secondi con “quella” fottuta campana. Io vado al cinema per sognare, questo film mi ha fatto sognare e tanto mi basta.

    • Grazie mille Michele, gran complimento davvero 😉 L’inizio è un viaggio indietro nel tempo, ma in generale tutto il film si impone per impedire al tempo di sfuggire via, la vecchia scuola che ancora detta la strada. Cheers

      • Me la sono letta con goduria. Ma giusto per curiosità, cosa non ti piace dei film/regia del fratello di Tony? Perché a me piacciono i film di entrambi.

        • Matteo Burroni

          È una cosa che volevo chiedere anche io da tempo, perché già solo Black Hawk Down e Apollo 13 valgono tutto il rispetto per lo Scott grande.

          • Alessandro

            E no, Apollo 13 Ron Howard

      • Giuseppe Roberto Bevacqua

        bellissimo racconto, quanto è stato bellissimo il film. Complimenti.

    • Matteo

      Perché Tommaso Missile e non Tommaso Crociera?

  • Michele mar

    Miracolo numero 1 : 1986

    Miracolo numero 2: 2022

    • Le citazioni, quelle usate bene 😉 Cheers

  • Alessandro

    Quoto la Grande recensione, è un film che ricalca il precedente, rende omaggio in tanti modi al primo, ma mai in maniere smielata. Ogni scena è tirata al massimo, è Tom lo ha capito, quando continui la storia di un mito devi rispettare il canone e le regole. Poi vai al massimo con l’azione, ma vera come solo Tom ha capito che deve fare. Sono in disaccordo con La questione Kelly. Tom lo ha capito, non è un film sulle RSA, è il regno del coolness, Maverick è uno sciupafemmine…quel personaggio femminile non avrebbe apportato nulla alla storia, anzi sarebbe stata una bella gatta da pelare…

    • Ti ringrazio e lo sarebbe stato, perché probabilmente sarebbe stata demolita sui social, in ogni caso sarebbe bastato citarla in una riga di dialogo, come Penny nel primo film. Detto questo sono riusciti a mandare a segno un quantitativo tale di trovate riuscite, da risultare un manuale per chiunque voglia fare seguiti di titoli classici, ma che d’azione, perché quello che fa lo fa bene. Cheers

  • Marco Gallusi

    Ho visto il film e non mi resta altro che confermare e sottoscrivere quanto scritto qua… ineccepibile…

  • Alessandro

    Recensione perfetta, non l’ho ancora visto ma da figlio degli anni 80 e fan del film, sono sicuro che ricalcherà quanto hai scritto, complimenti! Unica mancanza forse il fatto di avere utilizzato gli F18 e non l’F35, degno erede del Tomcat. Ricordiamoci che Top Gun era principalmente incentrato sugli aerei e sul mostrare l’estetica anni 80 (come Scott di scuola faceva nelle pubblicità) il successo della storia e del personaggio venne dopo, in primis ci fu la parte estetica e la figaggine degli aerei in volo.

  • Matteo Burroni

    Lo dico, ne accetto tutte le conseguenze…
    A parte la sequenza iniziale, quella del 1986 rimane qualcosa di inavvicinabile nella storia del cinema, mi è piaciuto più dell’originale!
    Ma dove altro la potete vedere un’azione così vera su un film di aviazione?

    • DAM

      Oggettivamente le scene di volo e di combattimento sono molto migliori dell’originale.
      E questo fa capire quanto questo sequel sia pazzesco…

  • Enzo

    E’ difficile per un seguito essere all’altezza di una prima pellicola che abbiamo visto e rivisto sempre con piacere da trent’anni a questa parte. Le scene di addestramento al dogfight sono spettacolari e ti sembra d’essere su con loro. Sono quasi d’accordo sulla musica, Top Gun Anthem è superlativamente iconico, quasi impossibile pareggiarlo, però il brano di Lady Gaga potrebbe rivelarsi il manifesto di questa generazione di appassionati, il tempo ne sarà giudice.

  • Elia

    Bellissimo sequel! Grandissima la scena iniziale anche se rispetto all’originale manca quell’alone magico del vapore delle catapulte della portaerei!

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