Home / / Ricchi torinesi, rapimenti loschi & Porsche: Netflix, levati veloce

Ricchi torinesi, rapimenti loschi & Porsche: Netflix, levati veloce

Sappiamo tutti cos’è Porsche. Imparai da piccolo ad urlare “CARRERA” seguito da modello\cilindrata\potenza ogni volta che passava una 911…il tutto mentre mia madre mi tirava per mano e si scusava con i passanti adducendo malattie inventate e ritardi mentali vari. E’ una storia strepitosa, quella dei Porsche, per quello che hanno portato avanti e ottenuto in campo automobilistico e non solo. Personalmente amo la loro filosofia, l’attenzione per i dettagli e la tecnica applicata alle proprie vetture. Per una 964 RS venderei il cul un rene

Questo talento per la progettazione arriva da lontanissimo ed è insito nel DNA della famiglia Porsche. Il “primogenito” della dinastia, Ferdinand Porsche, nei primi del ‘900 inizia la propria scalata nel mondo della progettazione di auto e arriva nel 1934 a ideare le Auto-Union da corsa che  demoliscono le avversarie sulle piste di tutta Europa.

Ferdinand nel 1939 lavora con il figlio, Ferdinand anche lui. Probabilmente Ferdinand sta a Stoccarda come Ciro sta a Napoli, ed infatti il figlio per tutti è “Ferry O’Tedesc”. Ferry ha talento anche come pilota ma come progettista eccelle ed inizia a schizzare sul foglio di carta una promettente vettura sportiva. Purtroppo arriva la seconda guerra mondiale a rovinare tutto: quel simpatico mattacchione di Hitler invade la Polonia con addirittura meno grazia di quella usata da Rocco Siffredi nell’invasione dell’Ungheria (per la precisione, delle Ungheresi). I nazisti “chiedono” gentilmente a Porsche di progettare qualcosa di utile alla causa e quindi la nascente azienda Porsche si ritrova, durante la guerra, ad occuparsi di mezzi militari.  Adolfo però assegna a Ferdinand un altro compito: progettare un’auto per motorizzare le masse, “l’auto del popolo”, il futuro Maggiolino.

– Ferdinand e Adolfo, che anche mentre accarezza l’auto non può fare a meno che tendere il braccino –

Probabilmente se Hitler avesse saputo che proprio la sua tanto desiderata auto, il Maggiolino appunto, sarebbe diventata l’auto preferita nel dopoguerra per sballarsi, girare nudi e giocare a incularella, avrebbe chiesto subito scusa e si sarebbe ritirato in campagna aprendosi un Caccia&Pesca. Immagino già la pubblicità ideale per la sua raggiante personalità: “Caccia&Pesca da Baffetto, stermina il pesce non biondo: è imperfetto”! Per fortuna gli Alleati vincono la guerra e, ovviamente, decidono di prendere il controllo delle attività industriali tedesche. Appurato che i Porsche non appoggiavano attivamente il regime (o forse fregandosene, per impadronirsi del loro know-how) gli Americani invitano Ferdinand, Ferry e l’avvocato di famiglia Anton Piech (nonché genero di Ferdinand) presso la base francese di Baden-Baden per far loro una proposta. Tipo “il Padrino” ma con al posto della pasta asciutta le lumache.

Comunque, la proposta è la seguente: costruire in Francia, come parziale risarcimento per la guerra, il Maggiolino rendendolo più baguette ma partendo dai progetti già avanzatissimi sviluppati per Adolfo. Non ci è dato sapere cosa risposero i Ferdinandi: Peugeot ed altri industriali francesi si opposero fermamente all’idea di avere un “competitors” straniero in casa. Risultato? I due Porsche e Piech vennero immediatamente “ospitati” nella prigione francese di Digione come prigionieri di guerra. Sono sempre stati simpaticissimi i francesi, vero? Porsche Junior fu poi rilasciato nel giro di qualche tempo ma Ferdinand, la “mente” dell’azienda fino a quel momento, viene trattenuto assieme a Piech. Adesso che l’ho ripetuto tre volte, vi ricorda qualcosa il cognome Piech? Dopo queste vicissitudini il trentancinquenne Ferry si ritrova senza il suo geniale padre a dover ripartire da zero. Nella Germania devastata non c’è modo di trovare materiali, pezzi di ricambio, tecnici o anche solo edifici non bombardati per rifondare l’azienda…

Ma balziamo a Torino, città famosa per la bellezza dei propri abitanti. L’Italia, grazie alla nostra capacità di “pareggiare” le guerre, sta già ripartendo economicamente. In quegli stessi anni l’industriale Piero Dusio fonda la “Compagnia Industriale Sportiva Italia”, per tutti Cisitalia. Dusio è un grandissimo appassionato di auto ed è anche ex pilota. Inoltre, l’impeccabile Piero ha anche un’altra caratteristica fondamentale: è sfondato di soldi.  Si dice che metà Torino sia di Agnelli, l’altra metà di Dusio. La Cisitalia esordisce nel tardo 1945 con la Cisitalia “Sport” su base Fiat 1000cc, ma è la seconda auto ad essere fondamentale per l’azienda: la 202.

[adinserter block=”1″]

Questo modello, disegnato da un giovane Battista “Pinin” Farina, ha una linea talmente bella che al giorno d’oggi ne possiamo trovare una come “scultura mobile” al MOMA di New York. Si tratta di una coupè due posti elegante, compatta e aerodinamica, motorizzata con un 4 cilindri Fiat Balilla (che non scuoce mai) di 1089cc da 55cv. Il telaio tubolare è di ottima fattura: Dusio, che non è la per pettinarsi i baffi, ha a disposizione ottimi materiali. Li ha rilevati dalle scorte di tubi in cromo-molibdeno dall’Aeritalia, azienda impegnata durante il periodo bellico nel settore aeronautico. Grazie anche alla qualità dei materiali utilizzati l’auto pesa 780kg per 165km\h di velocità massima. La 202 riscontra un buon successo e questo gasa Dusio, che adesso è pronto per la fase due: conquistarsi un nome nel mondo delle corse. Per farlo decide di puntare in alto, la F1, che nel primissimo dopoguerra è territorio di caccia dell’Alfa Romeo 158.

C’è anche un altro fatto che porta Piero in piena crisi mistica. Il pluricampione Tazio Nuvolari, una specie di Cristiano Ronaldo dell’epoca (ma con più peli), l’unico ad opporsi alle Auto-Union nel pre-guerra (prossimamente su questi schermi), si sta guardando attorno per trovare un volante per le stagioni 1947/48. Tazio al momento è a piedi: il suo caposquadra in Alfa Romeo, un certo Enzo Ferrari, ha mollato la squadra per costruire le proprie auto ma rischia di non essere pronto ad offrirgli un mezzo competitivo prima nel 1948/1949. Dusio quindi chiama il “servo matematico” (è talmente ricco da avere un servo per tutto), gli fa fare 2+2 e si vede già a capo di una “Scuderia Cisitalia” Campione mondiale F1 con Tazio Nuvolari come pilota di punta. E’ talmente felice che chiama il “servo gongolante” per gongolare al suo posto. Ma per realizzare il sogno ha bisogno di ancora più liquidità. Pierino inizia quindi a racimolare più soldi possibili e  si vende nell’ordine: “servo trombamoglie” (alcune cose, poche, preferisce farsele da sé),  denti d’oro della nonna, femore di cromo-molibdeno del papà (già che c’era…) e la collezione di francobolli del figlio.

Rara gif dell’epoca che ritrae Dusio mentre riflette a fondo sugli investimenti –

Dusio è pronto a rimetterci pure i mutandoni in lana merinos firmati. A chi affidare la realizzazione dell’arma definitiva marcata Cisitalia? Come si chiama il progettista delle Auto-Union che prima della guerra stracciavano tutti? Mmm…Porsche, si chiama Porsche. Ciro? No, Ferdinand, per l’esattezza. Solo che il progettista in questione è in carcere in Francia, ma forse si riesce a parlare con il figlio tramite l’agente appena assunto da Porsche, un giovane austriaco trasferitosi in Italia, Carl Abarth. Che Nuvolari conosce…

(Sta cosa dei puntini puntini puntini mi piace tantissimo. Mi gasa come un novello Dusio, ma con le mutande “UOMO” misto cotone/fibra di vetro).

Ferry Porsche visti i casini in Germania si sposta con tutta la banda. Nel  1948 si stabilisce a Gmund, ridente cittadina austriaca.  Trova come sede una vecchia segheria assolutamente inadatta ad una azienda di progettazione auto. Nessun accesso ferroviario, locali troppo piccoli, wc in amianto e scarafaggi borseggiatori. Come se non bastasse, Friedrich Weber, il proprietario della bettola (nonché carrozziere) beve come un pazzo e sul più bello arriva senza pantaloni facendo l’elicottero. Un disastro. Ma i tempi sono quelli che sono e Ferry riparte. Nonostante il padre ancora prigioniero in Francia, riparte a lavorare su quegli schizzi abbandonati causa guerra. Come anticipato, si tratta di una sportiva due posti, progettata da subito per essere sia coupè che cabrio, con telaio a scocca portante e una linea filante. La meccanica del Maggiolino opportunamente ritoccata e (dopo un paio di prove) posizionata invertita, quindi con cambio interno vettura e motore posteriore “a sbalzo”, consente prestazioni degne di nota. Vi dico il nome in codice del prototipo? Porsche 356/001. I soldi però iniziano a scarseggiare, nonostante le prime 356 pre-serie si vendano facile a piloti che da subito le portano alla vittoria nelle gare locali.

– Esterno segheria: una 356 pre-serie. Notare lo studio aerodinamico fatto con i tester dei profumi –

C’è anche quella cosuccia da risolvere, cioè la prigionia del padre e di Piech. La Francia ha stabilito un “prezzo” per liberare i due: 500.000 franchi a testa. Al grido di “Libertè, Egalitè, ma no al bidè” i francesi stanno sempre più simpatici al buon Ferry. Ma la fortuna gira: un giovane agente che ha assunto per cercare commesse e materiali dalla vicina Italia, Carl Abarth, gli parla di un riccone torinese che vorrebbe proporgli un affare. Con i problemini economici che ha Ferry accetta al volo d’incontrare Dusio. Premia anche Carl Abarth come “Agente della settimana”. Considerate le ristrettezze economiche questo premio consiste in una serata organizzata da Friedrich Weber, l’elicotterista senza pantaloni. Carl prova a rifiutare ma passa la serata a schivare pisellate, tipo Matrix. Alle volte è meglio farsi i fatti propri…Comunque, Ferry organizza al volo un incontro a Bolzano per parlare di questa (ed altre) idee con l’industriale italiano. Dusio, umilissimo, arriva in Buick fumando e facendo fischiare e ammiccare dal “servo piacione” alle donne; Porsche, senza una lira, arriva in treno accompagnato dalla sorella e dalla madre di Piech come uno studente delle medie.

– L’umiltà di Dusio al suo arrivo a Bolzano –

Questo incontro cambia radicalmente la storia di Porsche. Dusio porta con se delle idee per la F1, sviluppate con Tazio Nuvolari e Taruffi, altro pilota amico di Piero. Oltre alla F1 mangia-Alfa, chiede altri tre prototipi a Ferry: due vetture stradali e un trattore agricolo. Come detto, Piero si gioca tutto il patrimonio, convinto di diventare l’industriale italiano più importante. Visto il momento economico mondiale si accordano così:  Porsche riceverà diverse tranche di pagamento, ogni quattro mesi, in diverse valute. Dollari, lire italiane, scellini, dobloni di Paperopoli, ticket restaurant, cd di Gigi D’Alessio taroccati,  per Porsche va tutto bene. Cosa fa Ferry con i primi soldi ricevuti? Paga i francesi e riporta a casa suo padre e Piech dopo ben tre anni di prigionia. Purtroppo Ferdinand, oramai settantacinquenne, si porta dietro dalla “vacanza francese” anche una salute malferma. A questo punto la Porsche è riunita e può ripartire sul serio. L’azienda ha la liquidità, i cd neomelodici, la 356 pronta per la produzione e diversi progetti da affrontare, uno dei quali assolutamente grandioso. Si buttano a capofitto nel progetto F1 e dopo due anni l’azienda presenta il primo prototipo, costruito tra Gmund e l’Italia, che prende il nome di Cisitalia Modello 360 Gran Premio. Che è un mezzo “della Madonna”, per dirla come il Guru di noi tutti, Renato Pozzetto.

– Guru –

Anche dopo 80 anni l’auto in questione resta pazzesca. E’ costruita attorno ad un telaio a traliccio tubolare, il primo di questo tipo. Serbatoi della benzina ai lati del guidatore (come glielo faccio il pilota, ben cotto?) e passo abbastanza lungo da contenere motore e cambio tra i due assi, accentrando così le masse. Freni auto-registranti, ammortizzatori idraulici…Anche la posizione del gruppo motopropulsore, posto dietro al pilota, è rivoluzionaria in F1: hanno messoI cavalli dietro al carro”, come ebbe a dire Ferrari.

[adinserter block=”1″]

Cosa si sono inventati per muovere tutto sto ben di Dio? Ferry, evidentemente, ha un po’ di carogna da scaricare visti gli ultimi anni di patimenti e la mette tutta nel motore. Si tratta di un 1493cc, 12 cilindri, quattro alberi a camme in testa imbestialito da due compressori Roots. Lo testano, non ancora totalmente messo a punto, e tirano fuori la bellezza di 385cv a 10.600 giri/minuto. Lo scrivo meglio. TRECENTOOTTANTACINQUE CAVALLI A DIECIMILASEICENTO GIRI MINUTO. Sembrano tanti a tutti ma non a Ferry, che ha saltato per motivi di lavoro due sedute di psicoanalisi e a petto nudo si picchia con un martello i mignoli del piede. Si calma solo quando i tecnici gli comunicano la potenza stimata dopo la messa a punto del motore: 450cv, che con un peso di 715kg creano un rapporto peso potenza pareggiato solo da Superman strafatto di coca. Se mi dicessero che per farlo funzionare ci va Plutonio, sangue di vergine e capelli di pelati ci crederei senza problemi. Potrebbe bastare qua, so che vi ho già fatto cadere la mascella, ma c’è ancora un dettaglio tecnico incredibile. L’auto è dotata di un cambio a cinque rapporti SEQUENZIALE collegato ad un differenziale centrale: quest’ultimo permette al pilota di passare dalla trazione posteriore alla trazione integrale, durante il moto, a piacimento. Tutto ciò nel 1949. Adesso potete rotolarvi per terra con la bava alla bocca, come ho fatto io…

– Labbestia –
– Facile no? –

Ma il destino alle volte è infame e decide diversamente. La 360GP non correrà mai, percorre solo 10km prima di essere abbandonata, rotta. Questo perché, nei due anni che Porsche ha impiegato per sviluppare la belva, Dusio è andato incontro a problemi economici (dopo aver portato al suicidio decine di consulenti finanziari) che portano addirittura al fallimento della Cisitalia. Per la verità questi “problemini” portano anche alla fuga di Piero in Argentina, dove inizia a produrre su licenza alcuni modelli Fiat.

I ruoli si sono invertiti: Porsche è ora un’azienda solida, rispettata e con un modello, la 356, che vende benissimo e continua ad evolversi. In breve tempo arrivano anche vittorie importanti come la 24h di Le Mans 1951 conquistata da una 356A. In pratica la casa di Stoccarda diventa ciò che Dusio aveva sognato per la propria Cisitalia. Il 1951 è anche l’anno della dipartita del malandato Ferdinand, che però fa in tempo a veder partire le linee di produzione della sua creazione, il Maggiolino.

– La 356 disegnata da MadMax Vincitrice a Le Mans 1951 –

Nel 1950 la Cooper portò alla vittoria la prima F1 con motore posteriore, prendendo dichiaratamente spunto dalla 360Gp, che viene considerata l’auto da competizione più importante della propria era nonostante non abbia mai corso. Se volete toccare con mano la Cisitalia 360Gp è conservata al Museo della Porsche di Stoccarda. Davanti c’è un altare, nel caso abbiate un capretto da donare. Io porterò uno zucchino, son vegetariano…A dirla tutta, esiste una seconda 360Gp: oltre al prototipo di cui abbiamo parlato ne fu iniziato da Porsche anche un secondo esemplare, mai completato e portato da Dusio in Argentina. Questa vettura, verniciata di giallo e blu, i colori di Nuvolari, fu terminata grazie all’aiuto economico del presidente argentino Peyron e utilizzata dallo stesso Tazio per tentare di battere qualche record. Poi fu anch’essa abbandonata al proprio destino in un garage di Buenos Aires.

– Tazio Nuvolari a cavallo di circa 400cv –

Ci ha pensato Gianni Torelli, un italianissimo (Reggio Emilia, più o meno) artigiano dalle mani fatate a riportarla in vita dopo sessanta anni di oblio. Dopo 6 anni di lavoro e partendo da qualche lamiera, un cd di Giggi e dai disegni originali l’ha ricostruita. Vi consiglio di farvi un giro su YouTube: ci sono diversi filmati del restauro raccontanti dall’adorabile Torelli con tanto di accensione della bestia.

Quindi, se ora un tedesco si vanta con voi della propria Porsche (ne avrebbe i motivi, ovviamente, ma chi fa lo sborone ci sta sul ca) voi non perdete la pazienza. Portatevi in posizione di coda, ad ore 4 o 8, a seconda della mano preferita. Da circa sessanta centimetri fate partire un bel coppino ben assestato alla base del collo.

– coppino like a pro –

Quando si gira tutto rosso mettete su lo sguardo fiero e partite a spiegare al biondo che senza i soldi ed i sogni di Piero Dusio la loro bella Porsche non ci sarebbe mai stata. Ok, forse ci saremmo risparmiati quei buondìmotta della Cayenne e della Macan, ma questo magari non diteglielo…

Ou, dove vai? Ti stai dimenticando del Ferro del Day, la grande festa di Rollingsteel.it, alla quale sei invitato. Ci vediamo il 19 settembre prossimo al Parco Tematico dell’Aviazione di Rimini!

Articolo del 11 Settembre 2020 / a cura di Marco Carito

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.

  • Tubaz

    Al solito, articolo stupendo ma ancor più meraviglioso il Sig. TORELLI!

  • LS

    Fantastico.
    Per un periodo ho vissuto in Inghilterra ed andai al circuito di snetterton per un evento di beneficienza. Piloti piu’ o meno amatori mettevano a disposizione i loro mezzi e il loro manico, Facevi un paio di giri da passeggero pagante e il provento andava in beneficienza.
    C’era di tutto, dalle clio cup, alle catheram, a mitsubishi evo9, un paio di ferrari (costavano di piu’, e una si e’ schiantata sul bagnato, tra glia applausi al pilota per non essersi risparmiato). E poi c’era… una 33 rossa, svuotata, che suonava col ratto metallico tipico alfa, un 1700 penso, scarico laterale che ruggiva da leone alfa (per l’appunto), non teneva il minimo quanto grassa girava, tracotante ignoranza.
    Ebbene dopo un’oretta tutti parlavano della 33. Tutti volevano salire sulla 33. Perche’ 1) il padrone picchiava duro sul pedale e sul bagnato le dava a molti e 2) col casino che faceva e la simpatia del “team” era il mezzo piu’ divertente in pista per i passeggeri!
    E questo e’ senso del motorsport. Punto.

    • LS

      scusate ho commentato l’articolo sbagliato! cancellate pure il mio commento
      cmq complimenti per questa splendida storia!

  • Riccardo Margheri

    Articolo splendido, come tutti del sito.
    Se mi posso permettere:
    – il presidente argentino era Peron e non Peyron, ma magari avrebbe voluto una Bugatti…
    – nel 1951 la Porsche ha vinto la classe e non l’assoluta
    – la Cooper a motore posteriore ha vinto il Mondiale di Formula Uno nel ’59 (e nel ’60), e non nel ’50, anche se aveva iniziato a farsi vedere nelle formule minori nel Regno Unito già a inizio decennio
    – alla Cisitalia avevano lavorato a un progetto di Gran Turismo che era la copia sputata della Porsche 356. Se non avessero perso la testa senza vedere più altro (problemi economici inclusi) per il meraviglioso sogno della Formula Uno adesso racconteremmo un’altra storia.

  • Wallix

    Bellissimo articolo, come tutti ! una precisazione, i colori Giallo Blu erano quelli della Argentina in quei anni dove ogni nazione aveva un colore che la rappresentava, non so se erano anche i colori di Nuvolari, il presidente argentino si chiamava Juan Domingo Peron.

Altre cose da leggere