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Opel Tigra vs. Ford Puma: felini tamarri

Faccio coming out: sono un gattaro. Con i gatti ho una relazione particolare e quando sto assieme a uno di loro – che lo conosca già o meno – sono capace di creare una connessione immediata che va oltre i pspspspsps e i miciomiciomicio. È un gioco di sguardi e di vibrazioni, come se ci sintonizzassimo in una frequenza di reciproca fiducia. Lui sa che non gli arrecherò alcun danno, così come io percepisco che non verrò graffiato o morso quando allungo la mano in cerca di un contatto.

Però i gatti sono delle merde, e se hanno la luna storta sbottano guardandoti con gli occhi cattivi, soffiando come serpenti velenosi e scappando via con uno scatto che manco un dragster Top Fuel sul quarto di miglio. I gatti sono così stronzi, indipendenti, egoisti e opportunisti che non posso fare a meno di amarli.

– beeeeeeeello miciomiciomicio pspspspsps… e poi ti spezzano l’osso del collo con una sola zampata –

Forse da bambino ho fatto indigestione di documentari di Superquark, quelli dove certi micioni da duecento chili si muovono sinuosi, rapidi e silenziosi in battute di caccia allo gnu piene di scene splatter. Sono cresciuto con l’immagine di quelle bestie eleganti e spaventose, potenti e letali, una delle più affascinanti manifestazioni della grandiosità e perfezione della natura.

– Piero Angela, nella puntata di SuperQuark in cui finalmente saccagna di botte il perfido Paco Lanciano –

Avete capito dove voglio arrivare? Chi, come me, guardava Nonno Piero su Rai1, mangiava formaggini Tigre e si presentava all’ora di ginnastica con la tuta Puma, non può che amare tutte le creature che fanno parte della famiglia dei fèlidi. Se poi eravate anche dei petrolhead in fase di sviluppo ormonale a cavallo del millennio, le auto che vi facevano tirare il ca emozionare non potevano che essere due: la Opel Tigra e la Ford Puma.

E non era possibile apprezzarle entrambe allo stesso modo. O ti piaceva la Tigra, o ti piaceva la Puma. Categorico.

– Opel Tigra prima serie, anno 1994, con il suo bellissimo montante B ad arco –

– Ford Puma prima serie, anno 1997, in tutta la sua sportiva rotondità –

Il fenomeno delle piccole coupè degli anni ’90 non ha bisogno di molte spiegazioni. In quegli anni le auto a tre porte avevano ancora senso, specie se piccole e scattanti. Quelle con linea da coupè, soprattutto, erano un retaggio delle sportivette dei decenni precedenti come Fiat 128 Coupè, Lancia Fulvia o VW Scirocco e facevano gola a studenti di buona famiglia e giovani operai con due soldini in tasca. Fondamentalmente una nicchia di mercato quasi estinta, che ora possiamo identificare con un’unica auto sul mercato: la 500 Abarth.

La Tigra è stata presentata nel contesto dei saloni automobilistici del 1993 in versione prototipo ma praticamente pronta per la produzione. L’apparenza ingannava, perché sotto quella linea a cuneo e quel profilo sportivo con grande lunotto a bolla si celava una semplice Opel Corsa B, tant’è che veniva prodotta nello stesso stabilimento. Rispetto alla noiosissima utilitaria da cui derivava, poteva vantare una forma aerodinamica con frontale raccolto e design pulito, un parabrezza parecchio inclinato e un abitacolo che scendeva morbido verso la coda con un accenno di terzo volume.

– Una Tigra accessoriata di tutto punto in colorazione “deiezione d’infante”, una delle più amate di metà anni ’90 –

Il lunotto enorme si apriva e dava accesso al vano di carico, ma anche ai sedili posteriori. Non era difficile entrare da dietro e sedersi direttamente sulla ridicola panchetta a due posti, capace di ospitare con comodità un pollo e un pacchetto di Goleador. Si potevano sedere anche due adulti, previa asportazione delle gambe e della testa. Ovviamente si poteva accedere alla panchetta anche dalle lunghe portiere con montanti arrotondati, ma era un lavoro molto più complicato che passare dal baule e consigliato solo a contorsionisti esperti o a mutilati di guerra.

Non abbiamo notizie sul perché venne scelto il nome “Tigra”, ma le calzava a pennello: la sua linea caricata in avanti e quei fari anteriori accattivanti facevano pensare davvero a un felino pronto a scattare in avanti dopo una sculettata di assestamento. Certo, la potenza dello scatto e la capacità di sbandierare il culo non potevano essere garantite dalle due motorizzazioni 1.4 e 1.6 benzina aspirate. Il più piccolo erogava appena 90 cv, l’altro 106 cv, numeri decisamente modesti soprattutto per la top di gamma, che condivideva il motore con la Corsa GSi 16V. Grazie all’aerodinamica migliore superava di poco i 200 km/h, velocità che veniva raggiunta in circa tre ere geologiche.

– Gli interni della tigra 1.6 sono identici a quelli della coeva Opel Corsa B, eccetto per il rivestimento dei sedili in stile “Setra 62 posti”/”se facciamo un incidente muore solo il conducente” – 

Per fortuna il peso era contenuto in più o meno 1000 kg, il che la rendeva agile fra le curve benché le sospensioni fossero anch’esse prese dalla Corsa e tarate verso il morbido. In sostanza la Tigra era pura fuffa, tutta stile e poca sostanza, ma questo non ha limitato le vendite che sono andate a dir poco benissimo. Più di 250.000 consegne dal 1994 al 2001, con anche il vanto di aver ridato vita alla categoria delle sportivette a passo corto.

Attorno a lei si sviluppò un culto di adolescenti vogliosi di tirare su figa fuori dalle discoteche e nelle piazzette di periferia. Attirare l’attenzione era il primo scopo per un acquirente di Tigra e per questo ogni singolo esemplare in mano a un under-25 veniva dotato di impianto audio strutturato sull’esaltazione estrema dei bassi. Si narra che quando le Tigra degli zarri di quartiere pompavano Hit Mania Dance a baule aperto nei parcheggi dei licei, le adolescenti più alla moda si tuffavano dalle finestre delle aule direttamente a gambe aperte in faccia al proprietario.

– E poi è arrivata lei, la piccola coupé con il culotto cicciotto –

Dato il successo, il resto del mercato auto non rimase a guardare e Ford decise di realizzare nel 1997 una vera antagonista per la Tigra: la Puma. Dare un nome felino a questo nuovo prodotto non era un guanto di sfida sventolato in faccia, ma piuttosto un cazzotto in mezzo agli occhi con un guantone da boxe. In Ford le intenzioni erano serie: diventare il riferimento nella nicchia delle coupè di segmento B facendo meglio dei tedeschi su tutti i fronti.

Dal lato tecnico la Puma era decisamente meglio. Benché fosse realizzata sul pianale della Fiesta, le sospensioni ricevettero un bel lavoro di affinamento e l’handling era quello di una vera vetturetta sportiva, con gomme da 195 e architettura MacPherson all’anteriore. Dal lato meccanico c’era un 4 cilindri di base del tutto simile a quello Opel (16V, camme in testa, 90 cv), ma il 1.7 con variatore di fase di derivazione Mazda (e realizzato da Yamaha) era il vero fiore all’occhiello: con i suoi 125 CV e 157 Nm di coppia la faceva scattare da 0 a 100 in 8.3 secondi, con una bella schiena ai regimi intermedi. A metà carriera arrivò anche un 1.6 da 103 CV, più inopportuno di un’ananas a un convegno di pizzaioli napoletani.

– Il cockpit della Puma era esattamente quello della Fiesta dell’epoca. Croccante il giusto e con il lettore CD di serie –

Dove, forse, quest’auto peccava rispetto alla rivale era l’estetica. Al di là dei gusti personali, Puma mostrava senza dubbio meno grazia e il frontale ricordava più la faccia incazzata di un bulldog che l’aggressività armonica di un felino. La linea di cintura era più alta di quella della Opel e finiva in una coda decisamente sparata in alto, con un paraurti posteriore enorme molto arrotondato. Condivideva il linguaggio stilistico con la sorella maggiore Cougar, tentativo miseramente fallito di realizzare una coupè di segmento C.

Eppure l’estetica di questa coupettina era qualcosa. La personalità delle sue linee poteva non convincere tutti ma non lasciava indifferenti. La Tigra era senza dubbio più armonica e comprensibile per la maggior parte degli utenti, ma la Puma andava a titillare le gonadi degli appassionati più eccentrici e particolari. Ah si, era anche molto più accogliente per i passeggeri e aveva una gestione dei volumi interni più da auto e meno da polmone d’acciaio.

Durante quegli anni nacque anche la Ford Racing Puma, versione a tiratura limitata di 500 esemplari realizzata per il solo mercato inglese e dotata di carreggiata allargata, assetto megarigido, cerchiazzi cazzuti e un motore 1.7 pompato a 155 CV grazie alla sostituzione degli elementi meccanici interni con pezzi presi dal catalogo racing. Lei è la ciliegina sulla torta della storia del modello, un pezzo ormai da collezione.

– Sparafangata, cerchi giusti e gommazze ribassate. La Racing Puma è da rasponi a due mani –

Comunque, vuoi per essere arrivata 3 anni dopo, vuoi per quell’estetica un po’ meh, la Puma vendette molto meno della Tigra, ma le rubò tantissimi clienti e creò una vera e propria sfida di mercato con tanto di sostenitori e tifo da stadio. Questa guerra fra bande (ok, esagero, ma mi piace vederla così) veniva combattuta a suon di Drum & Bass e Jungle a volumi dannosi e soprattutto con kit estetici al limite del ridicolo.

A cavallo degli anni ’00 vedevamo cose di questo tipo:

– Questa Tigra è un ricettacolo di linee confuse. Prese d’aria e alettone sono del tutto inutili e la colorazione tipo “Sheridan’s” rende l’idea del tasso alcolemico del proprietario al momento del concepimento di questo aborto –

 – Complimenti signor Tuner, con il tuo kit estetico questa Puma sembra ancora più alta di quella di serie. Le portiere a forbice ci fanno capire che avevi parecchi soldi da buttare in soluzioni inutili – 

Rendiamoci conto che queste persone, nel giro di poche settimane, erano capaci di dimezzare il valore delle loro auto spendendo il doppio del valore delle loro auto, trasformandole in carri da carnevale che facevano sanguinare gli occhi anche a centinaia di metri di distanza. Il motivo di tutto ciò? Farsi vedere. Un comportamento del tutto naturale nel mondo degli uccelli, nel quale chi mostra il piumaggio più colorato e sbrilluccicante conquista il titolo di maschio alpha e il diritto ad accoppiarsi con le più floride femmine del territorio. Un atteggiamento che non sempre porta al successo fra gli esseri umani.

Il risultato? Attorno alle Puma e Tigra tuningate non c’era mai un capannello di ragazze lascive pronte a farsi ingravidare dal maschio con il corredo genetico migliore, ma il solito gruppetto di tamarri con la Peroni in mano e i pantaloni della tuta con i bottoni ai lati. Mentre loro si guardavano negli occhi e si compiacevano a vicenda di come le minigonne abbassassero l’auto anche senza fare l’assetto, la maggior parte delle fichette del quartiere erano fra le braccia di quelli con il BMW di serie pagato da papino. Vi prego di portare una mano al cuore e di pronunciare una preghiera rivolta a tutti quelli che nel 2022 hanno ancora in garage una Tigra o una Puma zarrata di tutto punto. Loro sono i veri eroi di quell’epoca di eccessi estetici e orgoglio di tutti quelli che sono ancora tamarri dentro, ma che hanno ceduto ad una vita più sobria.

 – Il design della Tigra fu curato dal giapponese Hideo Kodama, che nel 2000 firmò anche la spostamilf Agila – 

– La Puma fu disegnata da Ian Callum, che curò anche lo stile della Aston Martin DB7, della Ford RS200 e della Jaguar F-Type, giusto per citarne alcune –

La storia di queste due leggende dell’automobilismo truzzo si concluse a inizio anni ’00, quando le vendite crollarono per una naturale perdita di attenzione da parte degli utenti. Di fatto le piccole coupé di segmento B non erano auto destinate a durare, perché l’estetica aggressiva non è mai riuscita a compensare gli svantaggi della scomodità dell’abitacolo e del ridicolo vano bagagli. Se ci mettiamo inoltre un comparto meccanico che non faceva una grande differenza in termini di prestazioni rispetto alle auto più pratiche da cui derivavano, è facile capire come si sia sgonfiato tutto nel giro di pochi anni, senza lasciare importanti eredità.

Anzi, no… gli eredi ci sono stati eccome. La Tigra rinacque come TwinTop dal 2003 al 2009, una piccola due posti decapottabile a tetto rigido su base Corsa C. Pesante, poco sportiva e decisamente meno attraente, non meritava quel nome. Puma invece, è un fenomeno del mercato attuale ed è una piccola SUV dal look sportivo e che sta avendo anche un discreto successo. La definizione stessa del tipo di vettura suona come un insulto e non rende giustizia all’immagine del felino agile e scattante che era parte integrante della natura delle coupé segmento B anni ’90 e dei nostri sogni di giovani drogati di documentari sulla Savana.

– Questa è la brutta fine che ha fatto il nome Puma. La versione ST da 200 CV fa da 0 a 100 in 6,7 secondi con anche il launch control. Forse l’unico vero problema di questa auto è il nome. –

Questo triste epilogo potrebbe chiudere l’articolo, ma non possiamo lasciare da parte il terzo incomodo, l’outsider che non è mai stato davvero della partita: la Renault Megane Coach. Non me la sento di metterla nella sfida diretta per due precisi motivi: era basata sulla piattaforma di un’auto di categoria appena superiore – la Megane – e aveva trovato il suo target in un’utenza un po’ diversa, fatta soprattutto da impiegati di mezza età attirati dalla sportività ma non abbastanza sicuri di sè da prendere una sportiva vera. Benchè dotata di un motore 2.0 16V da 150 CV lasciava un po’ l’amaro in bocca sia nella guida che nell’estetica, ma grazie all’esistenza di questo mezzo abbiamo potuto vedere in azione una delle auto da rally più fighe e arroganti di fine anni ’90, la Megane Maxi… ma questa è tutta un’altra storia.

– Togliete le mani da dentro le mutande, non siamo su Pornhub! –

E voi…

PUMA o TIGRA?

La domanda è del tutto retorica, la risposta giusta è solo una ed è Tigra.

Articolo del 23 Novembre 2022 / a cura di Michele Lallai

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  • davide

    Eh vero…io però una Puma, che ho peraltro visto in giro un paio di giorni fa, la comprerei anche adesso!

    • Roberto

      viva il tuning anni 90!

  • Marco

    Allo “spostamilf” sono morto!

  • Diego

    Ho avuto una Puma per 10 anni. Belle sensazioni di guida. Il pomello del cambio era meraviglioso (lo conservo ancora, lo ammetto). Venduta e rimpianta. La rivorrei in garage. Nota da segnalare la spettacolare campagna pubblicitaria (“a driver’s dream”) con lo spot modellato su Bullit e l’inserimento di Steve Mcqueen (nel ’99 era roba notevole). La nuova puma è un furgone per portare i bimbi a scuola ma il mondo, oggi, va così. Per onestà intellettuale era bello anche lo spot della Tigra del ’99 con la colonna sonora di Anouk ” Togheter Alone”.

  • Elia Bisogni

    Anche io avuto una PUMA bellissima…….ho ancora le marce impresse nel palmo della mano dopo aver lasciato il pomello di alluminio al sole! purtroppo distrutta nell’unico incidente della mia vita a 22 anni poichè il posteriore in curva era molto molto reattivo…..partita per la tangente. A quel tempo c’era solo ABS ed ASR altro che ESP

  • Flavio

    La Tigra appena uscita era uno dei miei sogni, la Puma secondo me la fece invecchiare di colpo, ho avuto per qualche tempo sia l una che l altra, entrambe divertenti ma senza esagerare, erano pur sempre due utilitarie “acchittate”

  • Fabio

    La Tigra fù quella macchina che si incastrò sotto la mia Lada Niva quando 20 anni fa mi tamponò al semaforo. Io scesi dalla suddetta Niva e potei solo notare la macchina incastonata e lo sbrego sul cofano a cuneo. Ricordi di tempi lontani e grandi risate automobilistiche.

  • Alessandro

    Puma tutta la vita !!!!! Macchinetta divertentissima e – ovviamente parere personale – molto carina ed aggressiva….poi la Tigra non ha MAI avuto una versione Racing che se non ricordo male vinse in appello il Mondiale delle 1600 Kit……. e averla adesso, come si dice sopra………!!!!

  • marco

    Io allora facevo i pensieri sporchi sulla calibra …

  • Ale

    Da ex proprietario di 2 Puma (1,7 e 1,4) di cui la seconda “soft tuning”, di “per pochi mesi” propietario di una RACING (in Inghilterra, portata un Italia, che però in Italia era troppo dura da avere -bollo; dossi/crateri; guida solo a DX- quindi rivenduta ad un inglese al doppio di quanto pagata), e di una Tigra TT (che riposi in pace in quella landa chiamata sardegna e la loro mafia delle “targhe non del luogo”) e con conoscenti proprietari di Puma “nuova”….

    La Tigra TT non era affatto male come motore, 14KM/l in città, abbastanza scattante e rigida il giusto in curva.

    Puma 1,7 97-99 (prima serie) per sempre. Una scheggia!!!

  • NocivaRacing

    Puma tutta la vita. Sul punto di comprarla oramai più di vent’anni fa …fermato solo dalla “delusione” cosmica dei suoi 125cv.

  • Manfredi Girolamo Sparti

    Ahahah! Vi siete superati! Concordo anch’io con Marco, allo ” spostamilf” mi sono scompisciato dalle risate ( a proposito, ci sarebbe da fare un sèrvizio sull’ Agila, ormai so che se c’è una coda in strada so per certo che c’è un’ Agila lentissima guidata da una nonnina/o , velocità che neanche Zio Ciccio in Apecar in ritorno dalla campagna). Non ho capito, invece, il commento di Ale sulla Sardegna e sulla ” loro magia”, mah…!

  • Robi

    Se compri una tigra e ti si affianca al semaforo una Puma col cavo marrone del limitatore di coppia tagliato puoi solo abbassare la testa

    • Alessandro

      Dov’è questo cavo marrone?

  • Matteo

    Pur non avendone avuta né l’una né l’altra, sono per la Puma.
    Di incomodi oltre alla Mégane 2.0 c’era, forse anche in più diretta concorrenza, la Mégane 1.6 da se non sbaglio 90 cv e la Toyota Corolla 1.6 Si, di cui sono stato fortunato possessore dal 1999 al 2015! Quante avventure con quell’auto… 🙂

    • Alessandro

      Dov’è questo cavo marrone?

  • Tom

    E la giustamente dimenticata Toyota Paseo?

  • mauro

    Altra coupe ‘ interessante era la Mazda mx3 specialmente con il v6 1800 . E’ stata comunque poco venduta in Italia complice il prezzo alto

  • alberto

    articolo divertentissimo 😀 aggiungo solo che molti 1.7 puma sono finiti dentro delle fiesta

  • Elvin

    Puma, tutto sommato gradevole ancora oggi esteticamente e brillante nella guida. La Tigra è invecchiata abbastanza male e non ha mai avuto motori seri.

    Lo spostamilf mi ha ucciso.

  • Paolo

    Tra i miei gioielli possiedo anche una Tigra da 90 fiati, edizione Nautilus, totalmente originale. Auto ‘giocattolo’, agile e al giorno d’oggi appariscente per la rarità che è. Soprattutto senza essere stata stuprata esteticamente con stendibiancheria, battiscopa, mensole,… C’è ancora chi sta dando fondo ai risparmi per tamarrare la propria in nome del Dio Tuning, o di una gioventù che è passata un paio di decenni fa. Tanto le donzelle non gli aprivano le gambe all’epoca e non gliele stanno aprendo ora. Quindi tanto vale che continuino a fare gli sfigati per la gioia di ricambisti che riescono a liberare il magazzino da merce ingombrante e pressoché invendibile.
    Il baule è spazioso e, considerando i 2 posti posteriori quasi inutili (a libretto è scritto che possono sedersi esseri alti massimo 1,63), abbattendo la panchetta diventa fruibile per una vacanza per 2. Non in montagna, perché i 90 fiati diventano improvvisamente 90 annaspi. Comunque il rapporti del cambio aiutano un pochetto senza accendere l’aria condizionata.
    In autostrada si arriva magicamente a superare di poco 190km/h però c’è da considerare lo spazio di frenata che con i tamburi posteriori non dá molta fiducia sullo spazio di arresto, e il sedere un po”’salterino’ sulle giunture autostradali non ne indicano un comportamento propriamente sportivo. Le prime serie prima del 1997 erano peggio come tenuta e stabilità perché l, tra le differenze meccaniche successive, avevano una barra stabilizzatrice posteriore di diametro più piccola e una diversa taratura dell’assetto.
    Un gran bel giocattolo lo definirei, sfizioso e godibile con costi di gestione bassi.
    La Puma non mi è mai piaciuta, risultando più tozza e sproporzionata rispetto alla Tigra; internamente non mi è mai piaciuto lo stile del cruscotto che avevano le Ford dell’epoca.
    Consiglio vivamente la Tigra a chi vorrebbe una ‘trentenne’, 1400 o 1600 che sia. Perché è l’avere una Tigra che conta.

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