Home / / Opel Calibra: sognando il DTM

Opel Calibra: sognando il DTM

 Avete presente Opel? È quell’azienda tedesca da sempre riconosciuta come la meno tedesca delle tedesche, pur essendo a tutti gli effetti molto tedesca. Questa identità da outsider ha da sempre aleggiato attorno al brand fondato da Adam Opel nel 1862, che creò la sua azienda per costruire macchine da cucire, suo grande amore da sempre. A ridosso del ‘900 i figli di Adam vollero convertire l’azienda nella produzione delle prime automobili, che non erano altro che carrozze per cavalli che si tiravano da sole. Adam fu fortemente contrario, affermando che “Questi aggeggi saranno solo giocattoli per milionari che non sanno come buttar via i loro soldi!“.

Pronostico azzeccatissimo caro Adam. Ti meriti una miniutilitaria sciccosa dedicata al pubblico femminile come auto che celebra il tuo nome.

– Penso che questa foto di cartella stampa della Opel Adam batta qualsiasi cosa nel mondo. Domanda a cui rispondere nella sezione commenti: Cosa sta indicando al povero cane confuso la sorridente fraulein?

Insomma, fin dall’inizio si preannunciava un destino automobilistico pieno di alti e bassi, cose belle e cose brutte e un posizionamento del brand sul mercato sempre incerto, in bilico costante fra il prodotto di qualità medio-alta (che abbiamo apprezzato con le dinastie Olympia e Admiral ad esempio) e il generalista come tutta la serie Corsa o la spostamilf per antonomasia, la Agila. Fra un po’ di roba GM di qua e un motore Multijet di là, durante gli ultimi anni di controllo General Motors, Opel è riuscita a riguadagnare un po’ di punti nella classifica delle “wannabe premium” grazie alle penultime Astra e Insigna, per poi tornare a una dimensione molto popolare nel 2017 con le auto di generazione PSA/Stellantis basate su piattaforme Peugeot-Citroen.

Nella lunga storia di un’azienda che raramente ha stabilito una connessione profonda con la passione più vera, ci sono però piccoli gioielli di sportività che meritano un posto speciale nel cuore di molti appassionati cresciuti a fine secolo. Di una ne abbiamo già parlato, è la Tigra, e dell’altra vi parleremo qui sotto:

– La CAZZUTISSIMA CALIBRA –

Perché parlarne e perché celebrarla con un articolo? Probabilmente perché la Calibra è riconosciuta ancora oggi come l’ultima espressione delle Coupè Opel, nate con la mitica GT di fine anni ’60 e proseguite con la Manta (che portò anche a diversi successi nei rally) fino all’avvento di questa opera di rottura rispetto a tutto quello che è venuto prima e dopo, riconoscibilissima per il design cattivo, spigoloso e morbido allo stesso tempo e perfettamente equilibrato.

Il progetto Calibra iniziò a metà degli anni ’80, quando in Opel si resero conto che continuare a rinnovare la Manta (nata nel 1970 e trascinata fino alla terza generazione) non avrebbe avuto molto senso. Nel mondo dei rally la Ascona aveva preso il posto della coupè Opel per eccellenza e sul mercato il modello era ormai considerato un morto ambulante come Matthew Poncelet.

– Opel Manta GT/E: questa coupè ha fatto strage nei rally regionali e nazionali per un intero decennio –

La nascente piattaforma Vectra, in studio già dal 1984, avrebbe posto le basi ideali per una coupè di medie dimensioni e con motorizzazioni sia adatte al pubblico europeo che a quello internazionale (fu venduta anche in Sud America con marchio Chevrolet, in Australia come Holden e in Inghilterra come Vauxhall), con un occhio anche al potenziale utilizzo nelle competizioni grazie alla piattaforma che integrava la possibilità di trazione integrale.

Quando fu svelata al salone di Francoforte del 1989 gli appassionati rimasero a bocca aperta, scioccati da una linea filante, con linee semplici ma tremendamente efficaci sia dal punto di vista stilistico che aerodinamico. Il CX di solo 0,26 è stato ottenuto dopo oltre 4000 ore di galleria del vento ed è l’esigenza di una migliore penetrazione che ha reso necessario lo studio di un frontale basso e fluido nelle linee con fari lunghi e sottili come non si erano mai visiti prima grazie all’uso di proiettori poliessoidali.

– liscia, armonica, equilibrata, tutto il contrario delle donne tedesche –

La linea, disegnata dal papà della Opel GT Erhard Schnell insieme all’americano Wayne Cherry (lo zampino GM doveva esserci per forza) è coerente e filante. Il tetto dalla forma ad arco è regolare e sembra poggiare sulla linea di cintura grazie a un montante C separato dalle fiancate. Questo crea uno stile a cuneo che scorre ininterrotto dal muso fino all’estremità del terzo volume, che nonostante la coda pronunciata nasconde un portellone da hatchback e non un classico baule. Il posteriore è sportivo e coerente con il nuovo family feeling di Opel.

– In tre parole: CAZZO CHE BELLA! –

Sotto il vestito c’è un moderno telaio a scocca portante con sistema sospensivo MacPherson all’anteriore e a ruote indipendenti e bracci obliqui al posteriore. Essendo lo stesso schema della Vectra, al debutto è disponibile la sola trazione anteriore.  Anche il passo era il medesimo della berlina da cui derivava, e solo la differente taratura delle sospensioni e il baricentro un po’ più basso potevano garantire un handling sportiveggiante ma non di certo corsaiolo. Il peso era intorno ai 1.200 kg.

– al contrario degli esterni, gli interni sono banalotti. Sono di fatto gli stessi, identici della coeva Vectra –

Dal lato meccanico, la prima serie era disponibile con due motori a iniezione 2.0 aspirati a 4 cilindri della stessa tipologia, ma uno con testata 8 valvole da 115 CV e l’altro bialbero 16V con una potenza massima di 150 CV, ottimo per elasticità e ripresa anche a bassi giri. Il cambio a 5 marce aveva innesti lunghi ma precisi e il raro automatico a 4 marce aveva la stessa reattività di Giulio Andreotti alla domanda “quale futuro si augura per i bambini di oggi?”

– La mia visuale preferita della Calibra. Bassa di 3/4 posteriore per esaltare quel culo sodo da tuffatrice professionista (non lavoro in RAI e posso dirlo) –

Nel complesso la Calibra era un’auto più tranquilla di quanto il minaccioso stile poteva far pensare: la 16V dell’89 copriva lo 0-100 in 8,5 secondi e la velocità massima di 225 km/h era forse il vero biglietto da visita di questo modello nel primo periodo. L’azienda corse ai ripari nel 1992 introducendo le versioni 4×4 sia per l’8V (diventando più pensante diventò ancora più lento) che per la 16V, che a seguire dovette subire l’aggiornamento all’Euro2 perdendo un po’ di potenza e arrivando a 136 CV senza trazione integrale.

Per chi se lo stesse chiedendo, il sistema di trazione integrale della Calibra era di tipo permanente e funzionava mediante un giunto viscoso centrale che ripartiva la coppia sui due assi. In condizioni standard il sistema trasferiva il 25% di coppia alle ruote posteriori ma questo valore poteva raggiungere il 50% in caso di fondi a basso attrito. Inoltre, chicca per gli amanti della curiosità, il sistema si sganciava in automatico in fase di frenata per rendere la vettura maggiormente gestibile. Oltre a questo la 2.0 Turbo 4×4 era dotata di un cambio manuale Getrag a 6 rapporti che unito alla trazione 4×4 la fecero entrare nelle mire dell’erario (in maniera molto intelligente il ragionamento fu questo: più di 5 rapporti e 4×4 = fuoristrada con ridotte) e quindi venne gravata dalla supertassa come bene di lusso. Ottimo.

– La vista ai raggi X che da bambini abbiamo tutti sognato di avere per spiare sotto i vestiti della vicina di casa –

La svolta prestazionale arrivò nel ’92 e ’93 con l’introduzione di due versioni pepate: la Turbo 4×4 da 204 CV e 245 all’ora di velocità massima e la 2.5 V6 aspirata da 170 CV, meno potente della turbo ma forse più godereccia nell’erogazione. I 6,8 secondi fino a cento all’ora della Turbo ce la ricordano oggi come la Calibra di serie più veloce di sempre.

– La rarissima Keke Rosberg Edition con i cerchi multirazza bianchi da masturbazione istantanea. In questa foto posa con il testimonial Jerry Calà –

Dato che erano gli anni ’90, questa coupè ha ricevuto molte attenzioni da parte di arroganti tuner tedeschi, che hanno confezionato alcuni kit perfetti per i gabber strafatti di robe sintetiche che giravano ai rave della Westfalia e dintorni. Degni di nota sono soprattutto i kit tuning di Rieger e Irmscher, che allargavano i connotati alla macchina guadagnando in tamarraggine ma perdendo la pulizia delle linee cara a chi quest’auto l’ha pensata e realizzata.

– Si dice le foto non possano produrre suoni, ma c’è chi dice che fissando questa immagine si senta la voce di Franchino che dice “magiaaaaaaaa” –

Però l’unica Calibra che ha meritato un posto d’onore nel muro della nostra cameretta – accanto alla F40 e a Sabrina Salerno – è senza dubbio lei:

– SBAM! La Calibra Deusche Tourenwagen Meisterschaft che viene a farvi visita nei sogni più bagnati –

Perchè alla fine, se quasi tutti i millennials amano la Calibra è soprattutto grazie a lei. Parafanghi giganti, ruote dal diametro del Tunnel del Brennero, kit aerodinamico rasoterra arrogantissimo e un’accoppiata diffusore-alettone al posteriore che è forse la più sexy di tutte le vetture turismo anni ’90.

L’estetica della Calibra di serie è perfetta per un prodotto racing del genere, con queste proporzioni e queste ali esagerate. Tutta la sportività estrema che avremmo voluto anche nella macchina stradale, si è concretizzata in un sogno bianco e giallo fatto per sfiammare sui circuiti di tutta Europa, purtroppo prendendo quasi sempre sonore bastonate da Mercedes e Alfa Romeo, eccetto per il 1996 quando Manuel Reuter si è portato a casa il titolo piloti e Opel quello costruttori.

– La Calibrona che ha vinto il titolo ITC 1996 –  

Il regolamento DTM (poi diventato ITC) era molto permissivo e dava la possibilità ai partecipanti di utilizzare motori non solo del modello scelto per il campionato, ma che fossero in generale usati dal marchio. Per questo venne adottato un V6 2.5 di derivazione Isuzu Trooper (si, il fuoristrada) debitamente elaborato per raggiungere i 13.000 g/min e oltre 500 CV. Montato il più indietro e in basso possibile, ha costretto i tecnici a far passare l’assale anteriore dentro la coppa dell’olio e a sviluppare una scatola del cambio che permettesse al motore di sganciarsi facilmente ed essere sostituito in breve tempo.

Le teste con valvole a comando idraulico sono state sviluppate con Cosworth e l’elettronica con GPS per regolare le sospensioni attive elettronicamente a ogni curva era derivata dalla Williams del ’93. Aveva anche un sistema elettroattuato di apertura e chiusura dinamica delle prese d’aria per ridurre il drag, roba simile a quella che vediamo nelle recenti elettriche e ibride… ma 30 anni fa. Non sto manco a dirvelo, questo mostro a trazione integrale, nella sua ultima evoluzione, costava più di una vera Formula 1 dell’epoca.

Anche per questo motivo il sogno Calibra durò pochi anni, e nonostante la vettura pronta per il 1997 (con numerose soluzioni tecniche ed aerodinamiche inedite) non vennero trovate le coperture economiche per poter iniziare la nuova stagione. Il risultato fu un totale collasso di tutto il sistema DTM e un ritiro totale di Opel dalle competizioni.

– La Calibra DTM 1997 realizzata da Zakspeed che non debuttò mai in pista… potenzialmente un missile –

E con il sipario delle corse calato sopra la Opel, anche la Calibra disse addio al mercato nel 1997, dopo 8 anni di onorato servizio e di vendite mai del tutto soddisfacenti. Nata per battagliare sia con le Toyota Celica che con le BMW Serie 3 E36, rimase un prodotto un po’ più di nicchia rispetto alle concorrenti più sportive e decisamente inferiore in termini di piacere di guida, una percezione che nemmeno le competizioni e l’infinito fascino della DTM sono riuscite a ribaltare.

E la lacrimuccia scende ancora una volta perché la Calibra non ha avuto mai un’erede. La Astra Coupè nata qualche anno dopo fu un flop progettuale e commerciale che decretò il totale abbandono delle auto con carrozzeria sportiva da parte di Opel, che riservò agli appassionati soltanto piccolissime soddisfazioni a bassa tiratura come la Opel Speedster costruita su base Lotus Elise e la Opel GT come ricarrozzamento della Pontiac Solstice. Anche per questo motivo le Calibra stanno riacquistando valore sul mercato dell’usato, si può andare dai 3k di una 2.0 8V messa benino a i circa 6-7k di una 2.0 4×4 150CV, fino ad arrivare alle cifre doppie delle rarissime versioni Turbo e V6.

– non possiamo dire che era un’auto che stava piatta in curva, ma possiamo di certo dire che è una versione restyling per via del logo opel inserito nella calandra e non sul cofano –

– La bellissima Cliff Motorsport, realizzata per celebrare le ultime Calibra prodotte. Notate il paraurti del tutto inedito che fu utilizzato solo per le Final Edition –

Ultima della sua stirpe, la Calibra sta diventando una chicca per nostalgici che le danno ancora più valore, in un mondo nel quale la Mitsubishi Eclipse è diventata un SUV, la Ford Puma un SUV, la Renault Espace un altro SUV e la nuova idea di coupè ha 5 porte e la seduta alta. Probabilmente di Calibra – o di auto simili – in Opel non ce ne saranno mai più e se mai vedremo di nuovo questo nome sul portellone di un’auto… mi gioco un testicolo che sarà un SUV.

Storiella della buonanotte: nel 1999 Opel fece partecipare una Calibra DTM come wild card alla 24h del Nurburgring per celebrare i 100 anni del marchio, ritirando la vettura dalla gara dopo 4 ore come da programma. Quella Calibra, fino al momento del rientro ai box, andava 4 secondi al giro più veloce della Viper del team Zakspeed che quella 24h l’ha vinta. Malinconia e romanticismo al profumo di gomma bruciata.

Articolo del 27 Luglio 2023 / a cura di Michele Lallai

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.

  • Marco

    L’articolo è inesatto per quanto attiene alle versioni, sono uscite prima le versioni da 115cv (8valvole) e il 150 cv (16 valvole), successivamente la potenza del 16v fu portata a 136 con il lieve restyling e la generazione motori ecotec. Praticamente la versione del 1989 era pou briosa del restyling e non come citato nell’articolo. Da possessore in quei anni conosco la storia della Calibra sin dalla presentazione alla IAA Ddi Francoforte.

    • Michele Lallai

      Ciao Marco, grazie della correzione! ho verificato e corretto l’articolo

  • Niklas

    Opel Post Magzine
    ”And the Calibra V6 4×4 was history.
    Volker Strycek 
    Not quite. In 1999, on the 100th birthday of Opel car manufacturing, I competed with it once again in the 24-hour race at the Nürburgring, on the Nordschleife, for four hours and 40 laps. In the process, I was around five seconds faster per lap than the favoured Zakspeed Viper. So the Calibra V6 4×4 still met the highest standards back then.”

  • Niklas

    “Lightweight cast-iron blocks for the engine of the future
    PRESS RELEASE
    February 29, 1996
    Lightweight cast-iron blocks
    for the engine of the future

    A breakthrough in casting technology is offering the automotive industry the possibility of reducing vehicle engine weight without the need to use expensive light alloys. One of the motor manufacturers now evaluating the Compacted Graphite Iron (CGI), produced by the SinterCast process, is General Motors’ German subsidiary, Adam Opel AG.

    Based on a Swedish invention, the Swedish innovation company SinterCast has developed and patented a foundry process control system capable of producing Compacted Graphite Iron (CGI) on an industrial scale.

    Significant advantages
    Compared with grey iron, SinterCast CGI has significantly greater strength, stiffness, and wear resistance, offering the motor industry new possibilities for reducing weight, noise and vibration levels as well as friction losses, which mean improved performance and emission levels.

    Competition tested
    When Opel decided to take part in the German Touring Car Championships (DTM), they chose the Opel Calibra with its 2.5 litre V6 engine as the base. The company’s engineers designed an engine block optimised for SinterCast CGI which was some 20 % lighter than a standard block but still considerably stronger, enabling the weight-to-power ratio to be reduced from 0.452 to 0.128 kg/kW – a reduction of almost 72%!

    Considered for standard cars
    On the basis of the positive experiences from the DTM series and in order to evaluate SinterCast CGI further, Opel made test castings of an engine block for its 2-litre “Familie II”-series, and initiated a test programme which is still in progress. According to the company, the block was machined without problems on an existing production line at Kaiserslautern.”

    • Roberto

      l’ascona che scoda e la manta hanno fatto sognare, direi che ora mi vado a sentire come suonava a 12.999 giri/min. <3

  • xAm

    …all’alba dei miei 20, sognavo di trovare una turbo 4×4 a buon prezzo, perché con quel bagagliaio e portellone sarebbe stata perfetta per metterci il sub da 80cm

    • Michele

      Ricorderò sempre una chiacchierata di quel periodo con il possessore di una Calibra Turbo 4×4 che aveva anche una Porsche 911, non ricordo il modello ma comunque sempre dell’epoca: “La Calibra è una macchina molto divertente, ma alla fine l’ho venduta perché consumava troppo, una vera esagerazione, per risparmiare usavo la Porsche!”

  • Matteo

    Da ragazzino sbavavo quando vedevo passare le Manta da rally al Mortirolo, mentre la prima volta che ho visto la Calibra, rossa, in esposizione lato strada, dal pullman che mi portava a casa dalla scuola superiore, credo di avere avuto una sorta di umida illuminazione, tant’è che la ricordo tutt’ora.

  • Federico

    ho avuto una prima serie 16V.
    bellissima, ma di qualità bassa, si rompeva tutto.
    la fascia di plastica davanti al parabrezza, a causa della dilatazione termica. la paletta del condizionatore, entrambi necessitavano lo smontaggio della plancia. mille platiche che si sbriciolavano.
    l’ho adorata, ma poi l’ho venduta quando si è rotto un cuscinetto della corona del differenziale e mi ha spaccato la scatola del cambio.

  • Matteo

    Dai, dal 2000 Opel ha portato nel DTM la Opel Astra V8 Coupe, che è anche un gran ferro e ha vinto la 24h del Ring del 2003, sempre con Manuel Reuter…

  • Max

    e la Opel Kadett? non era un coupè pure lei?

  • Maurizio

    Bellissima ma crucca. Purtroppo dalle parti mie ce ne sono pochissime…
    Un dettaglio poco noto -e alquanto insignificante-: i gruppi ottici anteriori vennero ripresi dalla carrozzeria Barbi di Mirandola (MO) e utilizzati sulla versione ristilizzata dell’Italia 99, modello di punta della gamma.

  • Stealth

    Per correttezza di informazione, faccio notare che la parte riguardante le vendite,”dopo 8 anni di onorato servizio e di vendite mai del tutto soddisfacenti”, non è assolutamente accurata e corrispondente alla realtà.
    Come si può leggere ovunque sul web,le vendite totali della Calibra non furono assolutamente insoddisfacenti,anzi superano quelle di quasi tutti gli altri coupé a lei coevi!
    Questo riporta il sito Stellantis Media:”Oggi i 238.647 esemplari prodotti in sette anni ci dicono che Opel Calibra è stata una delle sportive di maggior successo mai vendute in Europa ed indiscutibilmente un fenomeno italiano dove, nel 1992, arrivò a rappresentare da sola un terzo dell’intero segmento delle sportive. In quegli anni il solo mercato italiano assorbì più del 10% dell’intera produzione di questa coupé”.

  • alberto

    ….e niente…su “spostamilf” sono morto…ma prima ho realizzato che la mia milf preferita aveva realmente un’Agila
    😀

Altre cose da leggere