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Nuova Aston Martin Vantage, dall’Inghilterra con amore

Sapete cosa mi piace tantissimo delle donne auto? Il fatto che sono tutte diverse. Tutte fanno – chi meglio, chi peggio – la stessa cosa ma ognuna la fa modo suo. Amo stare a guardare in che modo ogni singolo costruttore riesce a inventarsi un modo tutto suo per fare quello che qualcun altro fa in un’altra maniera.

Una volta c’erano le SAAB con la chiave centrale;

Le Volvo col pallino dalla sicurezza e il badge LAMBDA SOND nella calandra;

Le Mercedes con una sola spazzola tergicristallo azionata mediante un particolare ingranaggio eccentrico.

Le BMW testardamente a trazione posteriore;

Le Porsche con il motore a sbalzo e la chiave alla sinistra del volante;

Le Citroen ossessionate dal comfort con le loro sospensioni strane;

Le Ferrari, le Lamborghini, le Fiat, le Volkswagen… infiniti modi di concepire, progettare e costruire l’automobile. Per non parlare poi della guida, con ogni auto caratterizzata dal proprio temperamento figlio a sua volta delle scelte meccaniche. Insomma, una figata.

Ah, poi c’erano le Aston Martin, quelle che sul primo Gran Turismo costavano una fucilata e che poi se eri abbastanza fortunato da beccarne una per strada potevi far caso al fatto che avevano i nottolini delle serrature uguali a quelli delle Ford Fiesta. Non solo, le Aston Martin erano quelle con il contagiri che girava in senso antiorario e questa cosa mi faceva impazzire (nel senso buono).

Poi il mondo dell’auto è cambiato e la globalizzazione in questo settore ha colpito duro lasciandoci in mano una miriade di automobili tutte apparentemente diverse ma, sotto la pelle, tutte tristemente uguali per non parlare di quelle che volendo potrebbero essere ancora sé stesse – si BMW sto guardando te – ma che invece sembrano quasi vergognarsi di essere ciò che sono sempre state, con gli ultimi spot pervasi da una dannata “cultura” woke che proprio faccio fatica a capire in che modo una femminista con le Birkenstock possa mai essere una potenziale cliente di una M4 Competition.

Ma io non ho studiato scienze della comunicazione quindi taccio.

Mettiamoci quindi nei panni di un costruttore di auto di lusso; come si può fare, nel 2024, a creare qualcosa che abbia un suo carattere distintivo, una sua posizione sociale, un prodotto capace di parlare per l’esserə uman* dietro al volante?

In che modo oggi un’automobile, nonostante le infinite economie di scala, nonostante le imposizioni date dagli enti omologativi, nonostante tutto, può essere diversa dalle altre?

Una domanda a cui Aston Martin risponde con la nuova Vantage, ferro pazzesco che sono stato invitato a provare sulle Langhe dandomi così la scusa per poter dire in giro di esser stato in terra sabauda ma, più che altro, dandomi l’occasione di guidare una delle auto più interessanti dell’attuale panorama automobilistico.

Di cosa stiamo parlando? Il nuovo frontale con i due baffi che ricordano la vecchia One77 è pazzesco... per non parlare del colore.

Partiamo da un presupposto facile facile: l’auto è bellissima. Issima. L’ultimo restyling (datato inizio 2024) ha fatto un gran bene alla vettura rendendola contemporaneamente più elegante, più fedele alle classiche linee Aston Martin (ora la vettura si avvicina molto alla sorellona DB12) ma, curioso, anche più moderna. Poi se ci mettiamo il fatto che a me personalmente la Vantage pre-restyling non era mai piaciuta non posso che essere felice di vedere la piccola della casa inglese ritrovare sé stessa con questo slancio.

Qualora ve la foste dimenticata, ecco qui la Aston Martin Vantage pre-restyling... a mio parere la nuova le da due giri.

Adesso basta uno sguardo anche distratto per capire al volo che quella che si ha di fronte è una Aston, senza se e senza ma. In maniera simile a quanto fa Porsche ormai da tempo immemore, che la si guardi da davanti, da dietro, da di lato questa auto è in tutto e per tutto una Aston Martin, il tutto senza sembrare stucchevole o forzata. La particolare tinta dell’auto che ho avuto in prova – British racing Green con dettagli giallo fluo che mi riprende le vecchie DBR9 – è semplicemente pornografica. Non che quella arancione fosse male eh, ma questa livrea che strizza l’occhio al mondo delle corse mi fa impazzire e sì, lo dico, lo scrivo e lo firmo, nel mio garage dei sogni un posticino per questo mezzo sarebbe obbligatorio.

Oh si.

Però le macchine vanno anche guidate ed è qui che vengono fuori le sorprese. Perché se vi dico Aston Martin cosa vi aspettate? Una paciosa – per quanto veloce – gran turismo giusto? Una macchina lussuosa, comoda, con un gran motore con cui percorrere anche diverse centinaia di chilometri in scioltezza con il V12 là davanti sempre pronto a scagliarsi verso l’orizzonte. Tutto giusto, non fa una piega, la vedo esattamente alla stessa maniera. C’è poi da dire che Aston Martin non è mai stata particolarmente forte in Italia, noi siamo tutti Ferrari, Lambo e Porsche, non abbiamo tempo per questi inglesi e le loro auto lussuose (iperbole).

Ma c’è un ma. Perché, mi pare ovvio, già da un po’ Aston sta facendo i salti mortali per cercare di lasciarsi alle spalle questo pregiudizio – grossa tourer all’inglese – per diventare una vera auto sportiva e, cosa da non sottovalutare, andare a solleticare il palato dei classici clienti Porsche o Ferrari ovvero in cerca di auto sì lussuose, sì status symbol ma anche tremendamente efficaci. Una nuova Aston Martin certo lussuosa perché da questo non si può prescindere ma comunque capace, se nelle mani giuste, di risalire un passo montano con il coltello fra i denti, di andare al trackday con l’amico con una Porsche di quelle giuste e magari stargli davanti, di emozionare non solo grazie ad una linea inconfondibile e senza tempo ma anche grazie ad una lunga serie di doti dinamiche che fino a qualche anno fa era impensabile associare ad una Aston Martin stradale. In poche parole, di crearsi una sua nicchia in uno dei segmenti automobilistici più combattuti e difficili del mercato, quello che quando una macchina costa 200 mila euro, non mi devi vendere solo una macchina che va bene (e ci mancherebbe) ma anche un’esperienza, un senso di appartenenza, un qualcosa che vada oltre al bellamacchinacostosaveloce. Carattere, carisma, storia. Tempo e spazio. Lusso. Velocità. La lingua che accarezza le labbra, gli occhi concentrati, le dita a pelare la levetta per salire di rapporto.

Uno scoppio dallo scarico.

Il finestrino abbassato di due dita. Perché certa musica va tassativamente ascoltata a tutto volume. Il V8 lì davanti sbraita, gorgheggia, tuona con arroganza. Basta pelare il gas per far sì che il grosso otto cilindri con albero a croce si lanci spregiudicato verso le zone alte del contagiri. Turbo lag non pervenuto, inerzia quasi assente, i muscoli che scendono dalla mia gamba verso il piede abbracciano il pedale dell’acceleratore e da lì la farfalla, direttamente collegata al mio cervello come da un’unica lunga sinapsi. Non c’è tempo fra la mia volontà di sentire quel motore sferragliare vigoroso e il momento in cui lui risponde. Qui, legato all’interno di un piccolo sedile in fibra di carbonio che è una delle cose più belle che io abbia mai visto sono un tutt’uno con la macchina.

Certo, potrebbe andare meglio: il volante potrebbe avere la corona un filo meno spessa e la disposizione generale dell’abitacolo mi fa percepire l’anteriore della Vantage più grande e largo di quello che realmente è ma basta prenderci un po’ le misure. Non mi piace nemmeno il cruscotto digitale ma per il resto sono dentro ad un rigido guscio di alluminio che non fa altro che rispondere fulmineo ad ogni mia più intima e spudorata voglia. Sono seduto in basso e indietro, quasi a cavalcioni del differenziale posteriore e, se il frontale mi sembra più massiccio del reale, questo non si può dire del posteriore, con la forte sensazione che la macchina mi finisca dietro le orecchie. Non sto guidando una macchina, sto guidando me stesso. Il senso di coesione di tutto il corpo vettura è tale che è quasi come se qualcuno i avesse messo un grosso V8 biturbo al posto delle scarpe. La naturalezza con cui è possibile iniziare a spingere, a divertirsi, a trotterellare, a tirare le marce, a godere è disarmante. Semplice, immediata, impetuosa, travolgente.

Sono immerso in un maestoso bozzolo di pelle, Alcantara e numerosi altri materiali pregiati. Tutto attorno a me collabora per farmi dimenticare del piccolo uragano incastonato tra (dietro) i duomi delle sospensioni anteriori. Se metto il cambio in automatico (se possibile tengo sempre la modalità manuale con le levette al volante), chiudo le valvole degli scarichi con il pulsantino apposito

e imposto la macchina in modalità “Sport” (la più tranquilla fra quelle disponibili), mi trovo per le mani un oggetto incredibilmente dimesso, capace di galleggiare sulla strada con il motore che ronfa fra i 1.000 e i 2.000 giri al minuto, con le sospensioni che assorbono in maniera efficiente ogni avvallamento (questo nonostante le grandi ruote da 21 pollici), coccolato all’interno di una vettura che fa del lusso, della vita goduta, dei dettagli ricercati il suo imperativo morale. Di una vettura figlia di oltre 100 anni passati a costruire alcune fra le migliori e più eleganti gran turismo del mondo da quando nel 1914 Robert Bamford e Lionel Martin costruirono la loro prima auto con cui vincere la Londra – Aston Clinton. Da lì, da quella prima vittoria, win on Sunday, sell on monday, nasceva la Aston Martin. Basta però poco, pochissimo, per trasformare l’erede di una dinastia centenaria in qualcosa che non ci si aspetta da una vettura con quello stemma sul cofano. Perché questa Vantage sa essere anche cattiva. Comoda, lussuosa, bellissima e anche cattiva, determinata, precisa, violenta. Una comoda Gran Turismo da guidare, da ascoltare, da assaporare, da cui lasciarsi sedurre e di cui irrimediabilmente innamorarsi.

Il finestrino abbassato di due dita. Perché certa musica va tassativamente ascoltata a tutto volume. Il V8 – di derivazione AMG M177 pesantemente modificato in Aston con nuovi alberi a camme dal profilo più aggressivo ma soprattutto dotato di due turbo più grossi – lì davanti sbraita, gorgheggia, tuona con arroganza, tira con forza, mi schiaccia contro il sedile, allunga urlando trasformando la macchina in una palla di cannone. Tirare una terza? Impossibile, non c’è spazio su queste strade. Le mani veloci sul volante, gli occhi a spazzare la strada davanti a me (il montante mi è un po’ in mezzo), la totale naturalezza del gesto e del semplice atto di guidare che è come se stessi respirando. Inspiro, espiro, 6500 giri, cambio marcia, inspiro, entro in curva, espiro, esco scodando quel poco che i sistemi elettronici (che non disattivo che qui far dei danni che poi ciao ciao capannone è un attimo) mi consentono e, di nuovo, inspiro.

Ci sono muscoli che vengono definiti involontari: puoi decidere di aprire e chiudere una mano. Puoi decidere di aprire la bocca. Non puoi decidere di far pompare il cuore. Non puoi decidere di “spegnere” i polmoni. Cioè, in teoria puoi, ma poi qualcuno dovrebbe pulire.

Respirare come il più naturale fra gli atti. Semplice vita, semplicemente guidare la Aston Martin Vantage. Qui, io e lei, queste strade, questo motore, siamo un tutt’uno, siamo la stessa cosa. È così che si fanno le macchine, my compliments guys.

Spazio vuoto.

V8 biturbo, 665 cv ed un prezzo di partenza di circa 210 mila euro per la coupé. Lusso a catinelle, uno stile che riesce ad unire eleganza e sportività come nessun’altra auto al mondo oltre alla mia GR86 il cui frontale mi ricorda molto quello di questa Aston, la possibilità di farsi la macchina esattamente come la si vuole personalizzando ogni più minimo ed insignificante dettaglio (potete giocare con il configuratore QUI) anche se io la vorrei esattamente così dio quanto è bella. Una meccanica raffinata nata ad Affalterbach ma messa a punto a Gaydon e, nel complesso, una vettura eccezionale che non è solo un banale restyling della vecchia Vantage ma, dal telaio in su, completamente nuova, migliorata in ogni punto possibile. Da guardare, da toccare, da vivere, da guidare, da utilizzare e, con un po’ di malizia, con cui andare a dar fastidio a quelli con le Porsche.

Il V8 biturbo della Aston Martin Vantage: si notano le protezioni termiche dei due turbocompressori incastonati al centro della V dei cilindri. Ah, si vedono anche i cavi del controllo elettronico delle sospensioni Bilstein.

A questo punto mi rimane solo un dubbio: da italiano ho ben chiaro chi sia il cliente tipico di Ferrari, chi di Porsche o chi invece possa essere cliente di Lamborghini mentre faccio un po’ fatica a capire quale invece possa essere l’archetipo di riferimento di Aston Martin. Posso però stare sereno perché, fra macchine pazzesche, la voglia di emergere e un impegno in Formula 1 da scrivere con la I maiuscola (ricordiamo che nel 2025 la macchina di Alonso sarà progettata da Newey mentre il motore sarà curato da Andy Cowell), sono sicuro che ben presto anche in Italia Aston Martin uscirà dalla nicchia delle auto da intenditori per diventare più nazional popolare e ricavarsi così la sua meritata fetta di mercato. Anche perché, in un momento storico del ca come quello che stiamo vivendo, vedere una piccola casa inglese crederci e continuare s pingere è un vero atto di amore nei confronti di tutti noi appassionati.

 

P.S.

Nel corso della presentazione a cui sono stato gentilmente invitato, Aston Martin ci ha mostrato la nuova Vanquish, un ferro semplicemente fuori di testa.

Articolo del 3 Ottobre 2024 / a cura di Il direttore

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  • Alessio

    Direttore, per avere un contagiri antiorario, sarebbe bastato prendere la Giulietta dei primi anni ’80. Si scherza, eh.

    P.S.: sono piemontese e di parte, ma girare per Langhe con una miciona così…è tanta roba (e tanta invidia).

  • Marcello Soncini

    C’è chi la letto con la voce (e l’inflessione) del direttore, e chi mente.

  • Sergio Brozzi

    Abito.in Emilia , il rumore del motore è una ninna nanna già da piccoli, e di Lamborghini e Ferrari si parla spesso, ma per me Aston Martin sono il massimo per la bellezza sposata alle prestazioni, se avessi le finanze giuste non avrei dubbi:ASTON MARTIN.

  • Bruno

    Il tuono di un motore potente sotto il cofano e’sempre stato un batticuore per certi appassionati ,ma anche sedersi contemporaneamente su un salotto (all’inglese) com’e’sempre stata l’aston: una grande gratificazione….

  • Massimo Cocchi

    Ho un Aston Martin Vantage del 2006 che , nonostante l’età , sembra un auto costruita ieri, si distingue da ogni altra , quando arrivi c’è lei e basta ! La nuova Vantage è meravigliosa ed affascinante in tutto , credo che sarà il mio prossimo obiettivo

  • Paolo Petri

    Se andiamo a vedere fino in fondo, la Aston Martin, parla anche italiano, già dal 1926 con Cesare Bertelli, un ex progettista FIAT. Questa esperienza ventennale porterà questo marchio alla ribalta del panorama sportivo, con successi memorabili.
    Poi dobbiamo attendere il 2012 quando Andrea Bonomi, di INVEST INDUSTRIAL, acquisisce il prestigioso marchio di Gaydon, quotandolo in borsa.
    Nell’attuale proprietà, sotto la guida di Lawrence Stroll, partecipa anche Ernesto Bertarelli, italiano di nascita, naturalizzato svizzero, già patron di Alinghi.
    Insomma, in qualche modo anche noi possiamo sentire un po’ del nostro cuore, pulsare sotto il cofano delle Aston Martin, che adoro!

  • Morgan

    Bellissima per caritá ma ma ma la TVR (pronunciata TiViErre) la vorrei moolto di piû va meno meno cavalli ma non mi interessa non competo nemmeno all’ aperitivo su chi ha l’ auto piû potente; le TVR sono realmente mezzi essenziali spartani che tentano di assassinarti se non sai guidare; ci vorrebbe un bottone delle modalitá con scritto “ne esiste una sola chiamata “se fai il pirla ti impasti”
    100.000 euri per rischiare la vita su un mezzo di tubi saldati e vetroresina SI mancano solo i soldi!

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