Home / / Fiat 124 Sport Coupé, maledetta cotta estiva

Fiat 124 Sport Coupé, maledetta cotta estiva

Fiat 124 Sport Coupe

Su RollingSteel non abbiamo bisogno di stilarvi infinite descrizioni tecniche e cronistorie dettagliate come le riviste specializzate tentano invano di fare da anni, noi sentiamo il bisogno di restituirvi attraverso questi agglomerati di simboli sullo schermo, chiamati parole, l’essenza di un’auto. Quelle idiote sensazioni che suscitano e le illusioni che fanno sragionare noi appassionati maledetti delle auto. Le stesse che poi vengono intese non solo esclusivamente per quello che sono, cioè dei mezzi di trasporto, ma anche e sopratutto come un’estensione dell’espressione umana. Nel caso trovaste tutto questo assurdo vi invito ad andare a contare i cuori sul profilo Instagram del vostro bolide.

“Se questa non è la vostra Vodka preferita, servitevi pure di tutto quello che volete vi auguriamo buon viaggio, senza rancore. Altrimenti, seguitemi.”

Partiamo dalle basi:

Adoro i bialbero, i “twin cam”, specialmente se a carburatore. Per anni questo nome ha dato quel sapore in più all’auto che lo portava, comparendo anche sotto forma di stemmino o fregio sulle fiancate dei vari modelli atto a certificarne la spiccata sportività nel motore, non come oggi, con i vari S, GT, ST-Line. Col tempo il tarlo è rimasto, ho sempre voluto provarne uno, e fino a qua niente di speciale, tranne per chi come me sceglie le auto per le sinapsi che gli si attivano in testa seguendo alcuni mantra: non per il “quanto fa” ad esempio, ma per il come. D’altronde se apprezzo una MX-5 un motivo si sarà, no? (Grazie venditori a malincuore). Comunque, di auto così ce ne sono diverse tra cui scegliere ma non è altrettanto facile trovare qualcuno disposto a concedertela anche solo per un valzer. Sarà perché siamo amici, sarà perché era in buona quel giorno, ma la 124 Sport milleotto di Giovanni non me la sono lasciata sfuggire. Io sono attratto da quel tipo di auto lì, e robe come la 86 di Inital D non hanno fatto che aggravare il malanno, perciò alla risposta positiva del proprietario ero già in auto con il blocchetto d’accensione girato. Fermi, fermi un attimo. Ma davvero ne vale la pena di tutto questo cantico per una coupé offuscata pesantemente in patria dalle Gt del Biscione o dalla Fulvia? Oltretutto questa è una terza serie, nella rara versione 1.8, ma apprezzata come il 512 TR dopo la benamata Testarossa. Siamo sicuri?

In foto una 512M, forse ancora peggio della 512tr a causa dei nuovi gruppi ottici anteriori e posteriori

Mi spiego meglio.

La Fiat centoventiquattro venne lanciata nel vero senso della parola (se conoscete la storica reclàme) nel 1966, fu disegnata da Dante Giacosa e nacque dopo una lunga genesi passata attraverso lo studio di ben tre prototipi. Raccolse immediato successo nella piccola borghesia italiana che, provenendo principalmente dalla 1100 D o dalla “minore” Fiat 1300, cercava un’auto dal contenuto ovviamente più moderno, ma ugualmente robusta.

In primo piano una bella Fiat 124 in Piazza Duomo, 1975

La 124 era in Italia un po’ come la Ford Cortina in Inghilterra, cioè l’ammiraglia di quasi tutte le famiglie di ceto medio e, come in Ford, si pensò di enfatizzare ulteriormente la gamma con la sempre-verde ricetta usata dalle case generaliste: “Win on Sunday, Sell on Monday”. Dato che la nostra cara 124 era concepita come una “automobile convenzionale” serviva qualcosa che aggiungesse le bollicine all’appeal del modello, così a solo un anno dall’arrivo della berlina venne presentata la Sport Coupè, quell’appellativo dichiarava la forte intenzione di distinguere questa due porte dalla versione per famiglie.

Guarda, è la Peugeot quella che sta arrivando?

La prima serie, discretamente rara, con quei fanali rotondi all’estremità alta dei parafanghi poteva  richiamare lo stile della cugina Spider, disegnata da Pininfarina ed indubbiamente più carismatica ed iconica. Il facelift della seconda serie determinò il successo del modello con un design composto da elementi che in generale la rendevano più moderna, come i doppi fari e la griglia anteriore nido d’ape, decisamente ispirati alla sorella maggiore, la Fiat Dino. Entrambe comunque riscossero successo commerciale e di critica, e vennero soprattutto apprezzate per la loro linea coerente al gusto dell’epoca.

Arriviamo poi al 1972 quando il Centro Stile Fiat indirizzò il design della terza serie (identificata anche come CC) in tutt’altra direzione rispetto a quanto fatto prima, e per portare a fine produzione la Sport Coupè si decise di adattare le linee al gusto del mercato americano dove debuttò con degli enormi paraurti per rispettare le loro stravaganti leggi d’omologazione.

La carrozzeria di base rimase invariata, sui fianchi venne adottata una sottile modanatura che doveva accentuare la linea elegante dell’auto, ma gli interventi più evidenti vennero attuati nelle due estremità della vettura. Il frontale venne diviso in tre parti e anche se Il cofano mantenne la sua linea, fu installata una presa d’aria cromata. La calandra centrale invece divenne rettangolare ed in forte rilievo. Al retrotreno invece i fari sono diventati verticali, simili a quelli della coeva Lancia Beta prima serie e circondati da una vistosa mascherina cromata.

Questo netto cambiamento non riscontrò l’apprezzamento di molti, ma è anche vero che altri la trovarono quanto di più vicino alle Muscle Car d’oltreoceano. È inoltre interessante notare che il famoso bialbero Fiat, “Lampredi” per gli amici, debuttò proprio su quest’auto e la sorella Spider. La prima serie nasce con una solo motorizzazione 1.4 da 90 cavalli, ma con l’arrivo della seconda ad esso venne affiancato il 1.6 della sorella più grande, la Fiat 125. Quest’ultimo sopravviverà anche sulla terza serie, dove la cilindrata più piccola delle due serie precedenti andò in pensione. Con l’ultimo restyling di fine carriera  venne aggiunto a richiesta il 1.8 derivato dalla ammiraglia 132. Questo nuovo motore è capace di circa 118 cv a 6000 giri/min, non pochi, specialmente per un’auto che pesa 1000 kg e che NEL 1972 era capace di tirare fino ai 190 orari (quasi).

Quindi, la provo, scendo, e con quella espressione alla Giorgione mentre assaggia una delle sue creazioni, faccio capire a chi teme di più in assoluto questo mio lato, cioè la mia ragazza, che potrebbe essere giunto il momento di mettersi in casa un’altro rott@me. Successivamente avviene un rapido scambio di messaggi tra me e Davide, un altro che sta messo male come me in materia, forse peggio. La conversazione è abbastanza eloquente: che cazzata che ho fatto.

Ma come scusa? Non doveva essere un amore al primo pieno?

Ora vi spiego, l’amore è sbocciato, e sembra anche più che corrisposto, visto la natura disinibita della 124, che ti dà tutto e tanto nello spazio di tre curve. Tra l’altro la disponibilità di Giovanni è a 24 carati e oltre a farmela provare COME SI DEVE, andrebbe a fare il passaggio anche domani, dato che non ha il tempo giusto da dedicarle, ma sopratutto perché ha perso la testa per una Turbo Svedese (come dargli torto). È finita, ho ceduto alla tentazione, mi sono abbandonato alle mie perversioni più oscure, mi sono lasciato trascinare dalla corrente come i fedeli nel Gange, felice ed ignaro delle conseguenze.

Come prevedibile il motore è la vera anima della festa, assetato d’aria e di benzina, con quel gorgoglìo tipico dei motori a carburatore, come eptadone in formato overdose, dove l’aria viene tirata dentro peggio dei buttadentro nei ristoranti turistici, bruciata attraverso quel sinuoso ruggito di ferraglia e rilasciata da uno scarico libero, così libero da non sapere cosa siano le normative antinquinamento. Perché giusto o sbagliato che sia, era così. Quando però imparerete che il miglior suono del motore è quello d’induzione, saprete come si sta al mondo, mi spiace. Il suo rumoroso fragore vi stuzzica continuamente a buttare giù tutto, tirando la marcia solo per sentire come si schiarisce bene la voce del Lampredi… ogni scusa è buona per ridursi come i talebani del VTEC che raggiungono il limitatore anche in parcheggio.

Ecco la causa dietro alla mia totale assuefazione

Il nostro caro Giova si è preso la licenza di apportare una modifica abbastanza comune negli anni più recenti, al fine di restituire quel carisma di cui il motore aveva bisogno. Fiat infatti, aveva mantenuto un solo doppio corpo sul 1.8, che non gli rendeva assolutamente giustizia, poiché aveva solo 8 cavalli in più dei 110 del 1.6. Ricordate che quest’ultimo aveva due carburatori doppio corpo. La meravigliosa confusione del mitico Lampredi ha bisogno di essere continuamente risvegliata, ce lo insegna anche lo spot della Maxibon “du gust is megl che uan”.  Bastava solo fare un lavoretto pulito: una volta trovate le due coppie, il meccanico di fiducia ha recuperato da qualche parte una testa adatta ad ospitare la doppia alimentazione e montato il tutto spostando l’alloggiamento dello spinterogeno per creare lo spazio necessario. Nel frattempo il nostro amico recupera un filtro aria adatto alla nuova cassa filtro disegnata dal vento e tagliata al laser in modo rapido e indolore, da poter finire l’auto per la sera. Su internet è tutto più bello e semplice, ma chiudere la pratica in così poco tempo dovendo installare ciò che mancava non è una cosa scontata. Niente male davvero. Una volta sollevatosi la polvere attorno, la nostra 124 ora dovrebbe aver guadagnato circa 10 cavalli e un carattere totalmente diverso, come si conviene ad auto del genere.

100 euro in gettoni Goleador a chi indovina di che auto è quel filtro aria.

Beh, tutto qui?

Nonono assolutamente, la 124 Sport non finisce qui, non stiamo parlando di una “muscle car” solo perché ha un’estetica tale da sembrarlo, siamo sempre di fronte ad una coupé italiana vecchia scuola. Un po’ di rispetto, per favore. Abbiamo dato lo spazio necessario al motore, ora parliamo del cambio che è incredibilmente moderno e sfruttabile nonostante l’età e la lunghezza della leva e ha un ergonomia e un utilizzo così intuitivo da conquistarti in un attimo. Attraverso i suoi 5 rapporti, specialmente tra la 3a e la 4a si può chiudere il contagiri a ripetizione trovandosi lanciati in velocità senza sapere come si comporterà l’auto nel tratto guidato perché, fidatevi, con un rapporto peso/potenza del genere, le curve arrivano abbastanza presto. Con una confidenza quasi ingenua mi affido ai freni prima che sia troppo tardi, i 4 dischi pieni da 227 mm rispondono all’appello pur tenendo presente che ho una macchina di cinquanta anni sotto il culo. A tal proposito, a mio avviso, sono seduto decisamente un po’ in basso: non voglio urtare la sensibilità di nessuno ma la posizione di guida l’ho trovata simile a quella di un mezzo agricolo dell’epoca. Le braccia sono ben distese ma i pedali sembrano più in alto rispetto al fondoschiena e anche troppo vicini, per raggiungerli dovreste guidare con le gambe piegate all’esterno. So bene che all’epoca era la normalità ma volendo si potrebbe migliorare qualcosa. Purtroppo la semplicità di un tempo porta con sé anche dei limiti.

Lo sterzo potrebbe sembrare un timone al primo approccio ma non è così duro come lo si potrebbe immaginare (servosterzo notfound-error 404), e anzi si rivela deliziosamente sincero anche se non proprio direttissimo. Non è aggressivo o telepatico come sulle auto moderne, dove voi sterzate e il telaio fa il resto, ma vi regala un sorriso. Scusate se è poco. Comunque all’anteriore abbiamo due bracci oscillanti e dietro un assale rigido con due molle separate e tiranti di reazione, non c’è nulla di cui temere, vedrete. L’assetto è morbido, ma senza quel particolare effetto di “galleggiamento”. È chiaro che il rollio è di casa qui, ma tramite il fondoschiena si coglie perfettamente ciò che l’auto sta facendo, e questo si rivela fondamentale nel momento in cui entrerete in confidenza con lei.

Quindi non vedrete un comportamento particolarmente reattivo ma non per questo sarà meno interessante, è proprio lì il bello, perché la 124 sport va letteralmente impostata e adeguata per come dovrà affrontare i curvoni veloci, sfruttando e anticipando i trasferimenti di carico per evitare di indossarla come vostro nuovo cappello (ricordate che la trazione è posteriore e qui non ci sono differenziali autobloccanti o torque vectoring ad aiutarvi). Per scorrazzare felici con lei nella discesa agli inferi, dovrete anticipare la strada e calibrare di conseguenza i vostri input sentendovi quasi “sfidati” con voi stessi a farlo. Che bello sentirvi così vivi anche a 100 all’ora.

Qui siamo di fronte ad un tipo di approccio all’automobile diverso da quello a cui siamo abituati noi sbarbatelli: il concetto di “grip” non può essere applicato a delle gomme così (delle modeste Lassa Greenways 185/70 R13), piuttosto è più congruo parlare di “maneggevolezza” o handling. Non appena avrete capito come fare, oltre che ad essere rimasti vivi, coglierete l’essenza di una guida più da protagonisti, da conduttori d’orchestra più che da spettatori di una meccanica perfetta che lavora al posto del guidatore.

Non è la potenza, il peso, o l’assetto della macchina, è tutto l’insieme di questi aspetti che la rendono così amabile. Siamo abituati ad auto sportive, non necessariamente nuove, che già da ferme dichiarano apertamente le loro intenzioni e proprio per questo ci agitano, ci stuzzicano e ci istigano a volerle spremere fino al massimo del nostro limite di talento o di coraggio a seconda dei casi. Qui è tutto il contrario: a vederla, questa in particolar modo, sembra la classica tre volumi da passeggio che non ha più nulla da raccontare, tranne che a  qualche vecchio appassionato. Una volta al volante però, vi sembrerà tutto più chiaro. A vederla in movimento da fuori sembra come questa foto qui sotto.

Perciò se applicate i canoni di valutazione odierni, per forza di cosa sarete voi ad essere sbagliati, e non lei. Ricordate sempre di contestualizzare le auto nel loro periodo storico per evitare paragoni da ossessionati dai tempi al Nurburgring. Come molte auto che ho guidato, questa conosce solo un utilizzo: ON/OFF. Perciò nell’uso quotidiano non può definirsi piacevole come un’auto moderna che deve fare tutto al vostro posto e andare anche forte. Quelle come lei invece, tirano, vi gasano e non fanno altro che moltiplicare il tutto all’infinito. Fine. Cosa volete di più?

Epilogo

Il titolo non è a caso, avete presente quando in vacanza fate la conoscenza di quella persona che stravolge il vostro ordinario modo di vivere, lontano dal vostro habitat naturale e quando siete più esposti agli elementi? Ad  esempio quando vi innamorate della ragazza o del ragazzo del vostro stesso campeggio. Avete una visione di voi stessi da un altra angolazione, e pensate addirittura che questa nuova conoscenza possa sbloccare nuovi lati di voi, ma è veramente così?

No. La realtà è una sola: “il matrimonio non s’ha da fare”. I numeri, qualora il puro danaro non sia un problema, non raccontano tutta la storia, è giusto che motivi con il mio parere personale, il confine tra quello che può sembrarvi una lunga serie di cazzate o un punto di vista in cui ritrovarvi. Fosse per me, la tirerei fuori ad ogni occasione, non utile, ma speciale, come mi voglio sentire in quel momento. Potrei passeggiare intrattenendomi con la compagnia dei carburatori, che gorgogliano o urlano la loro fame d’aria per poterla bruciare insieme alla verde. Ma questo non è possibile, non è come la bici nello zaino dei Pokèmon per il Game Boy Color. Un’auto del genere, come quasi tutte di quel periodo, richiedono un posticino caldo e asciutto ma sopratutto una cura attenta per poter essere anche solo tenuta in movimento, alternandola periodicamente a qualche sana scannata. Oggi, purtroppo, e anche per fortuna, le auto più moderne hanno perso qualcosa in termini di purezza nello sviluppare sensazioni anche a 70 all’ora, ma sono tremendamente funzionali nel resto, dove svolgono il loro compito primario. Siamo di fronte alla classica scusa che ti rassicura nella tua profonda ipocrisia, quella del “non posso tenerti”. Vero, ma avendo già diversi “problemi a quattro ruote” onestamente mi scoccia ammettere che possederla è un passo azzardato. Il punto è che non va così male come speravo, data la sua età, restando circoscritto all’utilizzo migliore, cioè quello col cuore aperto e cervello spento. Ripensando a quel breve momento di perdizione, a quanto mi sarei potuto sentire figo ad andare in giro con questa bellezza, e a quanto sono stato stupido ad averlo toccato con mano, ho dovuto dar ragione al buon K:

Ho provato ad immaginare quale fosse la naturale discendente della 124 Sport tra le auto moderne. Mi sono reso conto abbastanza presto che, allora, auto del genere erano più proposte tra le vetture nuove, difatti esistevano modelli di ogni casa automobilistica, anche di quelle meno blasonate delle solite. Oggi invece, auto come la GR86 ad esempio, sono ridotte ad essere bruciate letteralmente nelle vendite straordinarie come fossero biglietti dei concerti più attesi o numeri del nuovo DI BRUTTO. Questa vicenda mi ha lasciato il sapore dolce-amaro tipico delle cotte estive, quelle dei “se” o dei “ma”, però anche la consapevolezza di aver quasi sempre scelto, per fortuna, le cose da amare nel modo giusto, un po’ come le persone. Vi congedo con questa mia convinzione: secondo me le auto andrebbero apprezzate davvero più per la loro sostanza, non solo per l’estetica.


Foto di Massimo Mendola, seguitelo sul suo instagram

Articolo del 22 Novembre 2023 / a cura di Luca Maini

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.

  • Alessandro

    La 124 coupé mi è sempre piaciuta e anche se preferivo nettamente la seconda serie, devo ammettere che questa terza serie col bialbero 1800 modificato con due carburatori doppio corpo (circa 128 cv per una tonnellata non è niente male) ha il suo fascino.
    La 124 coupé seconda serie (bellissima, bianca con interni in similpelle rossi) ce l’aveva mio zio negli anni della mia infanzia (anni ’70). Prma aveva avuto anche una tranquilla 1100 D ma in mezzo fra le due c’era stata una più brillante 124 Special berlina. Mio zio era un padre di famiglia con un impiego al Catasto, un automobilista come tanti. La 124 coupé era sicuramente una bella macchina ma non roba da petrolhead. Negli anni ’70 le Case avevano in listino diverse coupé “popolari” (le Ford Capri, Opel Manta, Renault 15 e 177, sempre in casa Fiat la 128 Sport Coupé…) che occupavano un’area di mercato oggi (sigh!) appannaggio dei SUV. Le Lancia Fulvia e le Alfa GT Junior implicavano già maggiori velleità ma non erano affatto mosche bianche come può essere oggi una GT86, BRZ o GR86. Sono epoche motoristiche talmente diverse che è impossibile fare paragoni: la discendente attuale della 124 coupé purtroppo non esiste.

    P.S. Niente male la targa LU 566666 se non è photoshoppata.

  • Alessio Gentili

    Leggere questi articoli mi fa sentire meno solo. In questo triste periodo, dove le plastiche interne o l’infotainment sembrano ormai aver preso il sopravvento, o dove un Audi viene considerata sportiva, la buona vecchia meccanica di una volta, ancora fa scaldare il cuore a noi pochi rimasti.

  • GIOVANNI

    BELLISSIMA AUTO IO POSSEGO UNA 1600 CC STUPENDA CON ARIA CONDIZIONATA DI SERIE MI DIVERTO ALLA GRANDE LO TROVATA TARGATA DELLA MIA PROVINCIA (RG) COLORTE BEIGE SARA FORTUNATAMENTE TROVATA TARGA ORO

Altre cose da leggere