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Da Bologna a Bonneville a tutto gas

Non so bene il motivo ma quando eravamo ragazzini o, come si direbbe a Bologna, sbarbi (=senza barba), facevamo a gara nella mia compagnia (ma credo anche nelle altre) a chi aveva il motorino più corsaiolo, in gergo tecnico race replica, possibile. Si andava da espansioni con in bella vista il motto “for race only” a gomme, le mitiche Dunlop TT90GP (che avevo), con scritto sopra “not for road use” rigorosamente ripassato con il pennarello bianco, sia mai che qualcuno non lo notasse.

Poi c’era il fulminato che sulle sue Vee Rubber  aveva ricalcato la scritta modificandola, vero colpo di genio, in ‘vee gabber’, a testimonianza di gusti musicali azzarderei discutibili ma questa, come si dice, è un’altra storia.

Insomma, più si era illegali, meglio era. La street credibility passava attraverso una marmitta.

I pomeriggi al bar erano un continuo snocciolare dati tecnici impressionanti, Scooter Magazine alla mano, con l’unico scopo di essere, sempre e comunque, il più veloce, quello più elaborato, quello più indicato per la fantomatica multa “per tentato decollo”. Chi non poteva permettersi elaborazioni degne dei migliori esperimenti NASA (ricordo con affetto F10 trasformati a liquido con il radiatore a tanto così da terra) si lanciava in cose più fantasiose. Avevo un amico con un Aprilia SR Ditech (preso per il culo da tutti per il rumore da elettrodomestico che faceva e per il non aver la pedalina) che, con degli stencil creati appositamente, aveva scritto GO dentro uno dei due fanali posteriori e DO entro l’altro in modo che chiunque, in frenata, potesse leggere GODO.

Poeta.

Io personalmente avevo messo sotto il telaio del mio zip delle lucine, era appena uscito il primo F&F e quella scena con le Civic nere era diventata subito cult. Collegate ad un cavo che dalla batteria passava sotto al telaio per raggiungere il blocco accensione, mi sentivo pronto per andare a vivere la vita un quarto di miglio alla volta.

Poi, fra noi ignoranti, c’era quello che faceva sul serio e si rivolgeva agli specialisti. Sinonimo di qualità e prestazioni, il massimo della resa con il massimo del pregio, nel tempio delle elaborazioni estreme è sempre stato riservato un posto d’onore a Malossi. Non tutti potevano permettersi un motore Malossi e chi ce l’aveva veniva venerato. Ricordo di ZIP SP messi giù che nemmeno Sanchini attorniati da ragazzini sognanti ed emozionati che Apple Store fatti in là.

Poi il mondo è cambiato e con esso anche i ragazzini. Le feste di paese sono solo il lontano ricordo di quel che erano una volta. Le giostre, il mitico calcinculo non se lo guarda più nessuno, tutti troppo impegnati con i loro smartphone. La meccanica è diventata una cosa sporca, le iscrizioni agli istituti tecnici sono cosa da gente di serie B, la cultura motoristica di un’intera regione messa in secondo piano dai social, dal ‘food’ e dalla cultura dell’apparire.

Ma Malossi non ci sta. In un mondo in cui tutto sta venendo rovesciato, l’azienda che tanto ci ha fatto sognare da sbarbi è ancora li a picchiare duro e a progettare e produrre pezzi che se un ragazzino di oggi provasse uno Zip SP messo giù come si deve, lancerebbe lo smartphone là in fondo. O forse no, ci si farebbe un storia su snapchat (che non so cosa sia e a cosa serva), mannaggia a lui.

Ma non importa, Malossi ci crede talmente tanto che, manco fossimo vent’anni fa, in collaborazione con il Moto Club Benelli e Pirelli, hanno messo giù un Benelli 491 (sì uno di quelli vecchi, vecchi come me e come la mia nostalgia purtroppo) come se fossimo ancora nel 2001 e, vediamo un po’ quanto fa a tutto gas ed in carena, l’hanno portato a Bonneville per vedere di stabilire qualche record di velocità su terra.

Sì, avete capito bene. Mentre voi eravate a farvi i selfoni in spiaggia con i fenicotteri gonfiabili, i regaz di Malossi hanno portato uno scooter nello Utah, sul più celebre lago salato del mondo, per far vedere come si pimpano gli scooter. Hanno preso quanto di meglio ci sia sul loro catalogo (vale a dire tutto il motore RC-ONE per Minarelli) e, nelle configurazioni 50cc, 85cc (non standard ma ottenuta modificando la corsa del 100cc) e, per l’appunto, 100cc e hanno confezionato un motorino come non se ne vedevano da tempo (questo anche grazie al mitico Aldo Drudi che ci ha messo lo zampino).

Impacchettato il tutto dentro uno scatolone con scritto sopra “from Bologna to Bonneville”, la squadra Malossi è arrivata nello Utah pronta a farsi largo tra moto con motori a reazione e gente che a colazione beve caffè addolcito con il WD40. Oltretutto, visto che fare i tironi sul lago salato non è proprio come essere sull’asfalto, c’è stato bisogno del manico del buon Mauro Sanchini che, giusto il tempo di dire “Quel patacca del DesmoDovi vince di nuovo!!”, è partito per l’America per tornare a vestire la tuta con i colori che l’hanno lanciato nell’olimpo del motociclismo mondiale.

La fregatura però è che Bonneville non si fa dar del tu, nemmeno da chi lo dà a Valentino. Bonneville ti mette in riga, ti fa capire che lì ci si deve piegare alle forze della natura. Non è che se un motore va forte in tangenziale, taac, a Bonneville va forte uguale. No, per nulla. Quel lago salato è ad oltre 1300 metri sul livello del mare e, come avrete notato, non c’è nemmeno l’ombra di un albero lì attorno. C’è poco ossigeno a Bonneville, talmente poco che, se normalmente riesci a raggiungere una certa velocità, tranquillo che almeno il 10% di questa velocità Bonneville te la mangerà. A Bonneville i motori soffrono e qualcuno prova a fare il furbo: chi era là giura di aver visto dei 2 tempi con il turbo (lo avrei voluto in compagnia con me!), ma i tecnici di Malossi non si son dati per vinti. Anche l’attrito è un problema: il sale non offre lo stesso grip dell’asfalto guarda un po’; anche scaricare la potenza diventa difficile.

Per ottimizzare la prestazione alle condizioni ostiche di Bonneville c’è stata solo una cosa da fare, affrontare il peggior nemico di qualunque appassionato di 2 tempi: il carburatore. Smagrisci quanto puoi, allunga i rapporti il più possibile ed il risultato è arrivato, manco a dirlo. Ma è stata dura, non è stato scontato. Un motorino, fornito dal moto Club Benelli (organizzatore dell’evento, da un’idea dell’ingegner Fabio Fazi) non proprio aerodinamico e leggero, un motore che dovrebbe finire sotto una teca solo per la passione delle persone che l’hanno creato e per cosa riescono a fargli fare, e delle gomme nuove portate da Pirelli per l’occasione hanno permesso a quel Benelli 491, a Mauro Sanchini ed a Malossi di infrangere ed aggiudicarsi non uno, non due ma addirittura sei record mondiali di velocità su terra.

Volete i numeri? Eccoli: velocità massima di 114.823 km/h (71.347 mph) sul chilometro lanciato e di 71.294 mph (114.737 km/h) sul miglio per lo scooter 50cc ed i 133.002 km/h (82.643 mph) sul chilometro lanciato e 82.436 mph (132.668 km/h) sul miglio lanciato con l’85cc (cilindrata non standard ottenuta variando la corsa di un motore 100cc) e rispettivamente 142.088 km/h (88.289 mph) e 88.181 mph (141.914 km/h) con lo scooter da 100cc.

Se poi vi venisse da dire “oh quello di ammiocuggino va di più” vi invito a portarlo in mezzo ad un deserto a 1300 metri di quota e vedere, fenomeni.

Ed è con questi numeri che Malossi torna a farci sognare, torna a farmi desiderare di aver quindici anni, di poter esser seduto fuori dal bar che ora non esiste più, con il mio vecchio gruppo di amici e con il mio Zip solo per poter desiderare, a seguito di uno dei vecchi cari discorsi “cosa faresti se facessi 13 alla schedina?”, di montare sul mio scooter  niente meno che il motore detentore di sei record mondiali di velocità. Questo però non prima di aver comprato la Juve e fargli indossare la maglietta del mio piccolo paese in provincia di Bologna per far vedere chi è il più grosso qua attorno.

I tempi passano, le mode cambiano ma la passione resta. Dio, cosa si stanno perdendo le nuove generazioni.

 

Articolo del 24 Ottobre 2017 / a cura di Il direttore

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  • Giovanni

    Un altro articolo, un’altra leggenda!!! Ragazzi, vi stimo da morire, e ogni volta mi fate venire una nostalgia impareggiabile (che di mio poi sono gia’ molto nostalgico). Sono tutte le cose, le STESSE cose, di cui si parlava noi, ormai tipo 15 anni fa. A Reggio Emilia. La compagnia della Via.
    Mi piacerebbe conoscervi di persona, la prossima volta che torno per le feste (abito in Germania), ci state?

    Siete mitici, e non raccontate girofavole (citazione degli 883 per chi non lo sapesse 🙂

    PS: Vi allego (o almeno provo) una foto della mia macchina,ciao!!

    http://www.bilder-upload.eu/show.php?file=53980f-1508870343.jpg

  • Marco Gallusi

    Mamma cara quanti ricordi…

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