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Aprilia Tuareg 660, 33 anni di sabbia e stile

Negli ultimi anni abbiamo constatato come sempre più spesso designer e progettisti si ispirino agli anni “d’oro” del motociclismo per lo sviluppo di nuovi modelli; se in campo automobilistico questo trend è ormai ampiamente consolidato, in campo motociclistico, invece, sta prendendo piede solo recentemente con moto oggettivamente interessanti e affascinanti (e costose ahimè). 

In tempo di pandemia ci sembra doveroso raccontarvi di un altro virus (questa volta benevolo però) che ad inizio anni Ottanta contagiò migliaia di persone con effetti sconcertanti e che sembra destinato a ritornare tra di noi in maniera prepotente (seppur con le dovute mutazioni): il Mal d’Africa.

(qui volevo mettere una gif di Meryl Streep in “La mia Africa” ma temo che quel film lo ricordino in tre, quindi meglio una 205 T16)

È il 1976 quando Thierry Sabine reduce da un esperienza a metà tra la vita e la morte nel deserto del Ténéré (attuale Niger) durante la Abidjan-Nizza (uno storico rally-raid francese), comprende le difficoltà e il fascino delle gare nel deserto e il loro potenziale in termini commerciali se affrontati con la dovuta copertura mediatica. I francesi, vuoi per le loro innumerevoli colonie e per un’inguaribile passione per i rally-raid, sono stati tra i primi europei ad infettarsi con il Mal d’Africa.

Nel 1979 è tutto pronto per la prima Parigi-Dakar, un rally-raid che dalla capitale francese porta auto e moto (nella prima edizione non c’erano ATV e buggy vari) alla capitale del Senegal; nonostante sia tutto ancora molto “casereccio” e i mezzi siano per lo più fuoristrada adattati al raid con taniche e gomme di scorta sul tetto e moto da enduro monocilindriche con improbabili serbatoi maggiorati artigianali, l’idea è indubbiamente grandiosa. Nel giro di pochi anni il Mal d’Africa si diffonde in tutta Europa e la Parigi-Dakar, che per tradizione si svolge i primi di gennaio, diventa una gara seguitissima al pari del GP di Montecarlo, impegnando numerosi costruttori in veste ufficiale sia in campo automobilistico che motociclistico; la Dakar è sulla bocca di tutti e persino un rampollo come Sir Mark Thatcher – figlio della “Lady di ferro” Margaret Thatcher – nel 1982 si spinge nel deserto (perdendosi) pur di provare l’ebrezza di questo rally affascinante.

Memorabilia della celebre Parigi-Dakar

All’inizio degli anni ’80, quindi, la pandemia è globale; quasi tutte case motociclistiche più importanti hanno a listino un’enduro, sia essa monocilindrica o bicilindrica, con serbatoio maggiorato che prende ispirazione dalla celebre gara nel deserto africano.

Aprilia è una piccola casa italiana specializzata nel mercato delle moto 50cc e 125cc che la lungimirante gestione del compianto Ivano Beggio ha saputo trasformare in un produttore importante come volumi e appeal pur limitandosi a produrre moto di piccola cilindrata destinate ai quattordicenni e ai sedicenni. Tutti gli adolescenti di quegli anni sognano un’Aprilia sia essa una AF1, una RX o una Rally 50 o 125. (raccontiamo l’epopea delle 125 stradali QUI)

Nel 1983 Aprilia ha listino, nella sezione fuoristrada, solamente due moto pronto gara: la MX125 da cross e la RX125 da enduro. Comprendendo la necessità di rendere disponibile un modello dual e più sfruttabile anche ai sedicenni che la moto la usano principalmente per andare a scuola, viene presentata per la stagione motociclistica 1984 l’Aprilia ETX 125. L’ETX deriva dalla RX di cui riprende telaio e motore ma viene dotata di un serbatoio più capiente e sospensioni meno specialistiche che insieme ad un’abitabilità maggiore la rendono idonea anche ad essere usata su asfalto: di fatto è la mamma della prima Tuareg.

Aprilia ETX 125 1983, la prima dual della casa di Noale

Gli anni ’80 sono voraci di novità e Aprilia non sta di certo a guardare, il 21-22 maggio 1985 a Gardone Riviera, nella splendida cornice del lago di Garda, la casa di Noale presenta al mondo la prima Tuareg 125: strettamente derivata dall’ETX se ne differenzia però per un nuovo telaio (che verrà introdotto nell’ETX solo nel 1986), un nuovo motore Rotax 127 con valvola parzializzatrice allo scarico RAVE (prima ad introdurla su un’enduro stradale) e serbatoio maggiorato insieme a tutta una serie di accorgimenti per renderla più “africana” possibile. Insieme alla Tuareg 125 viene presentata anche la 250, ma complice il costo maggiore e l’essere una cilindrata di mezzo non trova lo stesso riscontro della sorellina 125.

La Tuareg 125 è subito un successo tra i giovanissimi che possono così sognare l’Africa anche andando a scuola la mattina. Il successo della Tuareg è talmente elevato che Aprilia, nel 1986, si ritrova di fatto a raddoppiare la produzione sviluppando così due linee ben distinte: ETX 125 e Tuareg 125 che sono rispettivamente l’enduro stradale e la sua declinazione da raid con serbatoio maggiorato poi arrivano la RX125 (che beneficia anch’essa del nuovo telaio e nuovo motore Rotax 127) e la Tuareg Rally 125 che sono rispettivamente un’enduro pronto gara e la sua declinazione con il serbatoio maggiorato e tutti gli accorgimenti per affrontare un raid nel deserto.

Aprilia Tuareg 125 1985

Nonostante la Tuareg sia recentissima, Aprilia rinnova tutto per il 1987 (lo abbiamo detto, negli anni ’80 non si sta certo a guardare) e mette un piede nel mondo di grandi presentando la bellissima Tuareg Wind 350 con motore monocilindrico Rotax 4T. Sulla scia della 350 nascono le Tuareg Wind 125 e 50: nel giro di soli due anni la Tuareg ha completamente cambiato faccia e da una semplice ETX con serbatoio maggiorato è diventata una moto polivalente disponibile in tre versioni (Tuareg, Tuareg Rally e Tuareg Wind) per soddisfare qualsiasi richiesta e in cilindrate da 50cc fino a 350cc.

Il 1988 è l’anno che consacra Aprilia, la Tuareg è ormai diventata un modello a sé stante e nasce finalmente la Tuareg 600, disponibile anche nella bellissima versione super-africana Wind con serbatoio a prova di raid, carena integrale e doppio faro anteriore. Se con le Tuareg 50 e 125 si sognava l’Africa andando a scuola o in palestra, con la 350 ci si poteva spingere sino in Sardegna per un raid tutto nostrano, con la 600 il deserto di Marocco e Tunisia diventa a portata di mano per tutti; non vi resta che partire.

La completissima linea Tuareg dalla 50 fino alla 600

La moto ha un buon successo nonostante si debba confrontare con concorrenti leggendarie come la Yamaha Tenerè e la Honda XL per citare le più conosciute, ma anche con modelli di produzione nostrana come la bellissima Gilera RC600 che sarebbe arrivata sul mercato nel 1989.

Se volessimo scattare una polaroid degli anni ’80 italiani in fuoristrada ci sarebbero tre moto: Aprilia Tuareg 600, Gilera RC600 e Cagiva Elefant: tutte e tre hanno rappresentato al meglio l’estro italiano pur con approcci completamente differenti ma di indiscussa riuscita tecnico-stilistica.

La Tuareg oggi

La maggior parte delle case motociclistiche, negli ultimi anni, ha aumentato le cilindrate a dismisura tanto che ad oggi una MT-09 viene quasi considerata “piccola”: Aprilia ha sposato però un’altra filosofia.

Nel 2020 vengono finalmente commercializzate RS 660 e Tuono 660; moto compatte con motore bicilindrico: 100cv, insieme ad un peso contenuto e ad un motore a cui piace girare alto sono la gioia degli appassionati stanchi di supersportive da oltre 200 cv ma poco sfruttabili.

Facciamo un passo indietro ad EICMA 2019, pre-pandemia, allo stand Aprilia insieme alle sopracitate RS e Tuono 660 è presente un box di vetro con al suo interno un mix di piante equatoriali. Non è una semplice installazione di design perché scrutando bene tra le foglie di dimensioni generose si scorgono alcuni dettagli di un un modello inedito: ruota anteriore da 21, sospensioni a corsa elevata e un adesivo altamente evocativo per gli appassionati: “Tuareg”. Finalmente dopo anni in cui Aprilia ha abbandonato le enduro stradali (la Caponord 1200 è uscita di scena nel 2016), sfruttando il potenziale del bicilindrico 660 sembra verrà reintrodotta la Tuareg e voci di corridoio dicono che sia un enduro “vera” come quella che aveva fatto sognare tantissimi sedicenni negli anni 80.

2019, teaser della nuova Tuareg

Torniamo a oggi: a EICMA 2021 la Tuareg 660 la fa da padrone allo stand Aprilia insieme alla Tuono e all’RS 660 che nel frattempo ha vinto la Twins Cup al MotoAmerica 2020.

Aprilia, pur essendo di proprietà del gruppo Piaggio dal 2004, non ha mai perso la sua anima estremamente racing e innovativa e continua a dimostrarlo anno dopo anno con moto esteticamente bellissime e con un cuore “caldo” tipicamente italiano.

La presentazione è un successo ma Aprilia decide di esagerare: per mostrare a tutti la vera vocazione della moto e mettere a prova la bontà del progetto decide di testarla davanti a migliaia di appassionati infreddoliti sul tracciato di motocross presente tra i padiglioni della fiera d Milano con la Tuareg che si esibisce in salti, doppi e tutto il resto senza batter ciglio.

Tuareg 660 in colorazione Indaco Tagelmus (che è il tipico copricapo di colore blu-indaco dei Tuareg del Sahara che lascia visibili solo gli occhi)

La nuova Tuareg 660 ha un’estetica ricercata e raffinata pur differenziandosi dai canoni stilistici che accomunano quasi tutte le maxi-enduro degli ultimi anni. Si ispira chiaramente alle Tuareg del passato: faro anteriore a led rialzato a doppia luce, un cupolino quasi verticale che lascia in bella vista il “castello” strumentazione che fa molto raid (sembra quasi un road-book); l’insieme crea così un frontale molto snello e leggero alla vista.

Il serbatoio è poi volutamente in plastica (prodotto da Acerbis) rastremato e si sviluppa sino a sotto la sella come nelle moto da enduro “vere”; ciò consente un controllo totale della moto anche nella guida in piedi. Il posteriore è molto snello con una sella rastremata e un gruppo ottico a doppia freccia; la Tuareg è ovviamente dotata della predisposizione per un portapacchi (optional) ma di serie viene fornita così: pronta per avventurarsi anche nei più impervi sentieri montani.

Il telaio è costituito da un elemento principale in acciaio con rinforzi e supporti in alluminio; si vede molto chiaramente come la destinazione d’uso principale sia il fuoristrada; l’ingombro laterale è ridotto per poter stringere bene la moto tra le gambe e la luce a terra è generosa, al fine di non urtare rocce o radici nei percorsi più impervi. Le sospensioni sono firmate Kayaba e hanno un’escursione di ben 240mm che insieme ai cerchi da 21 e 18 a raggi tangenziali e tubeless completano il pacchetto ciclistico.

Il motore, oltre a farla da padrone, è stato oggetto di importanti modifiche e adattamenti specifici: i tecnici Aprilia non si sono limitati a sfruttare l’unità della RS 660 cambiandone semplicemente la mappatura e il regime di rotazione. Il bicilindrico è stato depotenziato ad 80 cavalli per favorire una curva di coppia più omogenea e meno spostata verso gli alti regimi; è stato ridisegnato il basamento e parte della struttura per favorire un corretto accoppiamento al telaio e soprattutto un bilanciamento delle masse e una ridistribuzione del peso verso il centro della moto, fortemente voluto per il fuoristrada.

L’elettronica poi, come da tradizione Aprilia, è raffinatissima e ampiamente personalizzabile con riding mode, controllo di trazione e ABS disinseribile per l’enduro vero; anche la Tuareg beneficia del sistema APCR (Aprilia Performance Ride Control) appositamente ingegnerizzato per l’uso su sterrato per potere personalizzare la Tuareg a proprio piacimento e tenere tutto sotto controllo tramite il contachilometri TFT.

La Tuareg risulta una moto “completa” sotto tutti i punti di vista; ha il vantaggio di poter essere veramente sfruttabile tanto su strada quanto in fuoristrada dal momento che il peso di 187 kg dichiarati la rende accessibile a tutti discostandosi dalla filosofia maxi-enduro-maxi-potenze; ha invece tutte le carte in regola per giocarsela alla pari con Tenerè 700 e KTM 790 Adventure. La Tuareg potrebbe forse collocarsi direttamente a metà tra le due ma questo potremo dirvelo solo una volta provata per bene anche sugli sterrati dell’Appennino.

La Tuareg Wind 600 da Dakar (1989)

Menzione a parte merita questa Tuareg 600, sconosciuta ai più, che prese parte alla Parigi-Dakar del 1989. L’equipaggio Aprilia era composto da Balestrieri e Zanichelli, due “africani” d’adozione con alle spalle diversi piazzamenti alle precedenti Dakar e una serie di tecnici provenienti direttamente dal reparto corse di Noale.

Aprilia scelse di utilizzare un approccio conservativo e si limitò a modificare, seppur in maniera importante, un modello di serie: la Dakar 1989 era la prima in veste ufficiale una sorta di “prova” anche per saggiare la bontà del progetto Tuareg 600 e di godere dell’enorme esposizione pubblicitaria che garantiva la partecipazione al rally più famoso del mondo. La Tuareg 600 subì quindi una serie di modifiche mirate per superare la massacrante corsa nel deserto.

Il motore, con fasatura e compressione riviste, rimane l’affidabile Rotax 600 a cui è stato aggiunto un radiatore dell’olio per migliorare il raffreddamento; con le dovute modifiche fatte dal reparto corse Aprilia mantiene la potenza di circa 46cv anche con l’utilizzo di benzine a basso numero di ottani con cui spesso si era obbligati a rifornirsi nel deserto. I rubinetti non sono più a caduta libera ma la benzina viene mandata al motore tramite una pompa Dell’Orto per evitare problemi causati dalla sabbia che avrebbe potuto intasare i rubinetti. A proposito di sabbia, il sistema di aspirazione è protetto e modificato per resistere il più possibile ad infiltrazioni di corpi estranei.

La Tuareg viene rivista anche nell’ergonomia, la sella è più corta per lasciare spazio ai serbatoi aggiuntivi laterali che aumentano considerevolmente l’autonomia e danno alla Tuareg un aspetto “panciuto” tipico delle moto che correvano alla Dakar di quegli anni. Anche il cruscotto venne modificato con numerosi strumenti aggiuntivi, roadbook e l’immancabile bussola (all’epoca i GPS non erano così precisi come ora).

   

Alcune immagini della Tuareg 600 che prese parte alla Paris-Dakar 1989

La concorrenza era spietata e la Dakar di quegli anni ruggenti era una corsa per veri e propri prototipi da gara da cui si ricavavano modelli ad essi ispirati per moto di produzione di serie; Aprilia terminò comunque 20° con Zanichelli mentre Balestrieri non riuscì a terminare la corsa, un risultato positivo considerando la base di partenza “stradale; la partecipazione alla Dakar non fece altro che accrescere il mito della Tuareg tra gli adolescenti degli anni ’80 che potevano coì sentirsi piloti ufficiali.

Articolo di Francesco Milani, il nostro inviato nel mondo delle moto

Articolo del 14 Dicembre 2021 / a cura di La redazione

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  • LS

    Vista all’EICMA e sembra proprio una gran moto. Ergonomia perfetta e sella sorpendentemente comoda. Finiture di alto livello. Ciclistica e motore sono sicuramente di alto livello. Piu’ raffinata di un T7, dovrebbe essere meno impegnativa e piu’ “furba” di un KTM 790 (oltre a essere molto piu’ gradevole all’ochio del ktm anche se son gusti). Se rimane entro i 12000 eur hanno fatto centro. Bisogna solo vedere se il pubblico lo capisce.
    Altra moto che mi e’ piaciuta molto e’ il morini x-cape. Diversa, piu’ pesante, meno potente e meno raffinata, ma comodissima, pare con ottima ciclistica, solida, dotazione completa, e costa nulla (7000 eur). Ottima erede per chi aveva le transalp, e personalemte la trovo molto piu’ affascinante di una translap (non menatemela con la Cina, l’ingegneria delle morini e’ italiana).
    Il pubblico voleva queste moto. Il T7 vende (splendida ma con dei limiti seppur a 10000eur). Vediamo se venderanno anche queste. Per me meritano.

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