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Alfa Romeo Montreal, bello il prototipo

E’ il 1967, ci troviamo in Quebec, più precisamente nella città dove oggi ha sede “Brazzers”; parliamo della francofona Montreal. Proprio qui, per festeggiare degnamente i 100 anni della confederazione canadese, nel 1967 la commissione governativa del Canada riuscì ad allestire la fiera internazionale “EXPO”. All’epoca a Montreal non c’era ancora la sede di Brazzers – perché non esisteva internet – pertanto venne chiesto a Bobby Gimby di comporre una canzone di spessore, e ad Alfa Romeo di allestire un prototipo per l’ingresso del padiglione fieristico “L’uomo produttore”. Il noto Bobby Gimby realizzò la canzone “Ca-na-da”, sulla cui poetica non mi esprimerò (https://www.youtube.com/watch?v=Uj4LZB5oarA), mentre Alfa Romeo, a quei tempi ancora saldamente di proprietà dello Stato italiano, con un preavviso di appena 9 mesi, impregnò Marcello Gandini della Bertone di partorire senza ritardo due bei prototipi spaziali realizzati su telaio Giulia Sprint GT con motore 4 cilindri della Giulia 1.6 TI. Dalla sapiente copula di genio e necessità impellente nacquero due belle gemelle bianche e filanti, due nuove Bertone’s Angels, bianche e filanti, pronte per lo spazio interstellare, due “montrealine”.

– una macchina che trasuda leggerezza, una ballerina nel bianco tutù disegnato da Gandini –

Il successo di pubblico fu tanto grosso che l’idea di farne una produzione in serie balzò all’orecchio, saltellando e propagandosi senza limite come fosse una piattola da Mercatopoli, tra le orecchie lanose dei vertici aziendali.

Alfa Romeo, do you want to enlarge your Production ?

Tra il 1967 e il 1972, lasso di tempo in cui John Holmes trasformò la propria vita, passando da moscio operaio al carrello elevatore di magazzino merci a re del porno con “Gola Profonda”, l’azienda Alfa non fu in grado di trasformare i numerosi apprezzamenti canadesi in un plateau fisiologico realmente apprezzabile.

Numerosi i nostri interrogativi retorici tesi a comprenderne il relativo poco successo:

1 – Se hai un prototipo costruito su telaio Giulia sprint GT col tuo classico 1570 da 4 cilindri, perché vuoi alloggiarvi un V8 di 2593cc?

2 – Puoi mettere 230 cavalli dove ne ipotizzavi 121 senza colpo ferire?

3 – Ma ‘ndo vai se il telaio non ce l’hai ? Cioè, dove ne trovi uno rapidamente?

4 – Che motore? Ovvero, dove ne trovi uno ?

5 – Iniezione Spica, fa cagare?

Adesso faremo un po’ di chiarezza con chiacchiere da bocciofila, sorseggiando Amuchina della migliore annata.

Problema: Mauro produce auto dai tempi dell’invenzione dell’auto e del motore, ma decide di non utilizzare il suo progetto di piccola coupé su un telaio che conosce da anni, con motori che già conosce da anni (da 4 e 6 cilindri, rodatissimi). No, Mauro decide anche di non utilizzare il telaio di una grossa coupé che già produce (2600 sprint) perché vuole costruire un V8 a carter secco che ha un’altra forma, e a questo vuole aggiungere una enorme e vecchia iniezione meccanica progettata per un motore diesel che dovrà invece supportare i regimi (e i cambiamenti di regime) di un V8 benzina da 230 cv e la mancanza di lubrificazione data dall’uso della benzina al posto del gasolio; iniezione di cui è necessaria una progettazione ex novo. Ora, indovina quanti anni può impiegare Mauro partendo da 0 nell’epoca dei progetti fatti a mani e matite? Ipotizza poi quanto costerà l’auto prodotta da Mauro, comprese le brochure.

Risposta: Tanto, tanto. Facciamo troppo.

Il tempo necessario infatti sarà di 5 anni, e il prodotto finale costerà 5 milioni e 700 mila lire, cioè 200 mila lire in più di una Dino 246gt, ma con la differenza che, nel dicembre 1970, la Dino è in listino da quasi due anni con cifra esposta, mentre la Montreal appare senza cifra e bisognerà ancora aspettare il 1972 per averla davvero.

E’ ovvio che parliamo di segmenti di mercato differenti, e non potrei sostenere che la Montreal sia un oggetto scadente, eppure, data la complessità progettuale meccanica, date le fatiche spese e il tipo di tradizione industriale e professionale sfruttati – quello che oggi chiamiamo “Know How”-, presentarsi con la prima consegna nel 1972, insistendo con un disegno del 1966 (+ la presa Naca finta), è poco fico; sapendo poi che nel frattempo lo stesso Marcello Gandini sta disegnando quella maiala della Countach… boh… è tipo giocare a Age of Empires in sala giochi, un po’ strano. Insomma, la Montreal nel 1972 era già d’epoca.

Il motore è un bell’oggetto, si tratta di un complesso V8 a carter secco di 2593cc da 230 cv a 6500 giri che però NON deriva dalla tipo 33 (nemmeno un bullone; se volevate la 33 col suo V8 da 16 candele e i 6 rapporti, sappiate che era in listino nel 1968 a 10milioni175milalire… un po’ meno di due Montreal… amen). Qui dentro, invece, ci sono i rispettabili componenti della Giulia, della 1750, dell’Alfasud 1200 e 1300, ma della tipo 33 c’è solo il cognome. (visto che non vi fidate, vi linko il sito del più grande appassionato al mondo di Alfa Romeo Montreal con tutte le specifiche tecniche possibili www.alfamontreal.info). Grazie al carter secco, allo scotto di una più delicata lubrificazione, l’ingombro del motore si riduce e si abbassa il baricentro, il tutto vanificato dalle dimensioni dell’iniezione Spica che esce quasi dal cofano. Iniezione che non ha comunque permesso di evitarci la finta presa Naca sulla sporgenza centrale a modificare il pulito disegno iniziale.

– prima (davanti), dopo (dietro)m finta presa Naca inclusa –

La Naca è il simbolo antropologico dell’intera operazione Montreal: una complessa submerged inlet (presa d’aria sommersa), dalla tecnica e disegno raffinati, sviluppata per creare dei vortici contro-rotanti che deflettono lo strato limite lontano dall’apertura, e nello stesso tempo consentono di prelevare aria a più alta velocità, evitando così resistenze aerodinamiche indotte e il distacco dello strato limite che potrebbe avvenire utilizzando prese d’aria che fuoriescono dalle superfici esterne; Tutto molto bello, ma sulla Montreal ad esclusivo trucco estetico, finta e controproducente.

Data la dimensione del motore e la scelta dell’iniezione meccanica suppongo ci fosse il desiderio di imporsi nel mercato Usa facendo attenzione agli strani limiti sull’inquinamento all’epoca in vigore in USA. Forse per questo venne scelta l’iniezione meccanica al posto dei carburatori: una iniezione meccanica poteva risolvere almeno parzialmente il problema degli incombusti, ma la scelta della iniezione Spica è come investire in borsa se non siete gli Agnelli.

In merito a questa opinabile scelta trombo/meccanica, un grande meccanico della Corticella da bere mi disse “quello che l’ha inventata (l’iniezione Spica n.d.r.), bisognerebbe ammazzarlo” (con la esse emiliana sulle zeta).

Io devo sostenere che l’iniezione meccanica pompa SPICA e’ un bell’oggetto, da mettere in mostra nella vetrinetta all’ingresso; ci sono 8 pistoncini, ognuno con la sua piccola biella, tutti ad addobbare l’albero ad eccentrici sincronizzato al motore (tutto deve essere messo in fase); i pistoncini si incastrano in una cremagliera (si muove) che ha una particolare gola elicoidale laterale che “decide” quanta benza può arrivare ai pistoncini per poi essere spinta agli iniettori. Qui l’albero ad eccentrici è una camma tridimensionale: significa che, oltre a muovere i pistoncini su e giù, può spostarsi lungo il proprio asse tirando la cremagliera, mosso da un regolatore centrifugo che risente dei giri istantanei del motore (sempre la metà dei giri); tutto questo per dire che, spostando la cremagliera, ai pistoncini arriva più o meno esplosivo.

La pompa SPICA, come ogni buona pompa che si rispetti, deve essere ben lubrificata: qui il salivone è l’olio motore che arriva con apposito piccolo circuito e filtro autonomo; per semplificare la fellatio, c’è una capsula barometrica, un solenoide a regolare la benzina in avviamento, un attuatore termostatico ed un altro solenoide elettromeccanico di esclusione in rilascio; segue lo specifico avvertimento sul manuale: “il guidatore deve curarsi di non tenere neanche leggermente premuto il pedale acceleratore durante il rilascio, si eviteranno così scoppiettii allo scarico che, in caso contrario, possono verificarsi”; A questo aggiungiamo che la mitica pompa Spica non consentiva di mantenere una corretta regolazione al variare della temperatura, per questo troverete una comoda leva nel vano motore, laterale al gruppo iniezione, che deve essere spostata prima della messa in moto in base alla temperatura dell’ambiente circostante (sotto 0°; tra 0° e 15°; oltre i 15°. Io avrei messo in gradi Kelvin); di contorno due pompe carburante con valvole apri/chiudi per controllo del circuito e del ritorno. La regolazione del Millenium Falcon per inquinare una cicca di meno con un V8 negli Stati Uniti: cose che fanno riflettere e piangere.

– Qui potete vedere il comodo selettore delle temperature, immagine Via – 

Le palpebre vedo non vedo sui fari sono un po’ barocche ma belle: ma si aprono sfruttando la depressione del motore; grazie a due scatolotti depressori viene conservato il sottovuoto, così i fanali “possono” ruotare a motore spento anche alcune ore dopo l’ultima accensione; ci manca solo la ciotola col mangime alla fine della trappola, poi Willy il Coyote che cade dal burrone col fischio.

Però rimane che l’Alfa Montreal è un’auto davvero veloce.

Leggiamo l’incredibile prova pubblicata da Quattroruote nel 1972: una INCURSIONE (raid in lingua italiana) che dura un po’ meno di 20 ore, ad una media di 130 Km/h sulla distanza di 2400 Km stradali, da Reggio Calabria a Lubecca (quasi Danimarca) che, compresi i rifornimenti e le dogane, significa andar sereni sopra i 200. Altri tempi… Nel 2018 Ruoteclassiche ha replicato il raid Reggio Calabria – Lubecca. Sono arrivati 5 ore dopo il Flixbus calcolato da GOOGLE MAPS e ben 9 ore in ritardo rispetto all’originale incursione del ’72. Amen

– una delle foto originali del servizio di Quattroruote del 1972, Via

Il destinatario del marketing era l’emigrato calabrese Mimì metallurgico che da bambino aveva sognato di corse e futurismo sulle vere Alfa Romeo (quelle con la trazione posteriore) e con la Montreal ci sognava il raid di rientro (Lubecca-Castrieddu) pieno di regali e ben oltre i 350 km/h di media. Mimì tuttavia non immaginava il tragico declino del suo blasone da lì a qualche anno, quando il Biscione di Stato venne regalato a quattro generazioni di senatori e a noi medio-povery rimase (da guardare) il modello di punta a trazione anteriore, la 155, profezia di retromarcia culturale e crema spalmabile bicolor del Lidl.

Conclusioni

Se io fossi Montezemolo e vi dicessi: “Siamo molto soddisfatti del progetto partnership, adesso puntiamo a crescere per competere”, voi sapreste che è il momento di scappare veloce.

Io non sono Luca e vi dico: “se non siete un museo di Arese o un Tedesco in pensione, quest’auto, pur bellissima, pur Alfa Romeo, può diventare una gran rottura di coglioni. Rimane un bel pezzo di Design, una BBurago scala 1:1. Non è un ferro da giostra, bombarde e Serassi (tipici organi a canne lombardi particolarmente rumorosi )”; se la volete a tutti i costi e potete cacciare i soldi che vi chiedono, ve la mettete in cameretta, la togliete dallo scatolone e la guardate sul piedistallo nero, portiera aperta, portiera chiusa, brumm con la bocca, e sognate. Finché non si stanca la mano.

p.s. i 50 anni erano 3 anni fa, oppure tra due, come Luana Borgia.

(immagini della Montreal Bianca via RM Sotheby’s, venduta nel 2017 a 78.400 dollaroni)

Articolo del 28 Marzo 2020 / a cura di Benny Marcel

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  • Stefano

    Ignoranza e invidia di chi non ce l’ha.. È semplicemente fantastica e più bella del prototipo.
    Una sfilza di vecchi luoghi comuni che sono difficili da cancellare. Solo un articolo per denigrare quello che moltissimi apprezzano.

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