Home / / Road to Dolomites 2024, portami dove non serve sognare

Road to Dolomites 2024, portami dove non serve sognare

Ottobre. Primi freddi, prime nevi. I turisti al caldo nelle loro città, finalmente il silenzio, la quiete, le strade libere. Un filo di vento ad agitare le punte degli abeti, un cerbiatto si avventura a bassa quota, beve da un ruscello che scorre allegro nel suo alveo. Un uccellino si posa su una panchina di legno.

 

Un rombo in lontananza. Sale, cresce, si avvicina. Uno sbuffo, un cigolio, un tonfo.

Il cerbiatto rizza le orecchie e guarda verso il punto in cui il bosco si interrompe, l’uccellino vola via, una volpe rientra nella sua tana.

Un urlo acuto, un altro tonfo, un altro sbuffo. Da un crostone di roccia si stacca un pezzetto di questa prima timida neve autunnale.

Seconda piena, il motore sale di giri vigoroso, la mano destra si allunga verso la leva del cambio il limitatore si avvicina. Piede sinistro sulla frizione, silenzio, breve attimo di vuoto pneumatico prima che la spinta riprenda. Clac-clac dentro la terza, via il piede sinistro dalla frizione e di nuovo giù il gas. Il motore riprende il contatto con le ruote e ricomincia a spingere. In alto un tornante si avvicina. Gli occhi decisi sulla strada, la concentrazione al massimo, il motore che grida come espressione di libertà estrema in queste strade che sembrano un sogno. Rettilinei in salita nei quali far sfogare il motore, avido di ossigeno, sfamato in maniera esemplare dall’aria fresca della montagna. La strada si srotola veloce sotto le ruote, dai finestrini si dipana la meraviglia della natura nella sua forma più creativa, pittoresca, mozzafiato. Si sale, si scende, passi di montagna, strade finalmente deserte, le vette a proteggere questo angolo di paradiso in terra. La curva si avvicina, c’è spazio, punta di quarta poi via veloce, terza, seconda via la frizione, la lancetta del contagiri si impenna, sguardo verso la corda, da su non arriva nessuno, di nuovo sul gas, il posteriore allarga, veloce controsterzo, le gomme ricominciano a fare presa e via in trazione, di nuovo terza, quarta, un altro tonfo, un altro sbuffo verso la prossima curva, la prossima galleria, il prossimo cambio di colore dal finestrino.

In ordine: motore, sospensioni, freni, gomme, telaio. Tante parole per scomporre in singoli concetti la guidata epica, l’esperienza totalizzante data dal riuscire ad entrare in contatto e in comunicazione emotiva con un oggetto fatto di metallo e plastica. Per diventarne parte integrante, per diventare una di quelle parole.

Subaru Impreza WRX Type R.

Motore, sospensioni, freni, gomme, telaio, uomo.

E poi Passo Fedaia, Passo Sella, Passo Gardena, Passo Campolongo, Passo Falzarego, Passo Giau, Passo Cereda, Passo Rolle e poi di nuovo verso la partenza. Oltre 200 km lungo alcune delle strade più belle del mondo, attraversano paesi che non sarebbero così belli e pittoreschi nemmeno su un quadro. Panorami senza senso, colori degni della più superba delle tavolozze, guidare, guardare, inspirare, vivere, emozionarsi. Ogni singolo metro di questo asfalto sembra fatto apposta per esser percorso da una Mitsu Evo, una Lotus o qualche altra incredibile automobile che oggi tanti vogliono far finta che non siano mai esistite. Retaggio di un colpevole passato del quale non riusciamo a fare meno. Perché una volta che provi quella spinta sulla schiena niente può più essere come prima. Il piede destro padrone della potenza più pura.

Spesso faccio fatica a sopportare i bambini. Per non parlare di quelli maleducati.

Dicono che finché non ne hai uno non puoi capire.

I limiti assurdi, gli autovelox, la gente che non sa guidare, che guarda il telefono, che va alla deriva, che fa tutto tranne che guidare, che prende una cosa per me sacra per ridurla al profano. Un’intera cultura, 140 anni di evoluzione tecnica e meccanica buttati alle ortiche. Gente che giudica questa passione, che ci addita che ci vorrebbe estinti.

Finché non provate cosa si prova a schiacciare il piede destro e a scatenare la potenza del fuoco non potete capire.

Non potete, punto.

Cosa si prova a tirare una marcia al limitatore.

Cosa si prova quando le wastegate bofonchiano, quando l’abitacolo viene invaso dal rumore di aspirazione. Mollo il gas uno sbuffo dal cofano. Parzializzo e lo scarico borbotta. Allungo una mano e abbasso il finestrino, lascio che l’inebriante latrato che si dipana dagli scarichi un po’ mi torni indietro. Fredda meccanica intrappolata e capace di generare musica, forza, spinta. Il motore mi schiaccia con forza contro il sedile, il differenziale posteriore mi scaglia fuori dalle curve, il volante, scettro magico con cui diventare un tutt’uno con questo asfalto.

Guidare? Bellissimo.

Guidare di notte senza traffico? Magico.

Guidare per oltre 200 km lungo le strade delle Dolomiti fuori stagione è un’esperienza unica al mondo, impossibile da spiegare, impossibile da capire. Non ci provare nemmeno, certe cose si possono solo vivere. Ed è meglio così, perché la realtà deve continuare ad essere reale e tutto il resto, scrittura compresa, nient’altro che un vano tentativo di intrappolare la meraviglia di certe emozioni entro recinti immaginari.

Esci da una curva, entri in paese, scavalli un passo, ne incroci ora una, ora due, ora un’altra carovana. Chi sale, chi scende. Una BMW M3, una Lancer Evo, una S2000 a pieni giri, una Clio RS messa giù da paura, una Subaru una Lotus. Uno sguardo veloce, un adesivo sul parabrezza. Uno sguardo, un cenno con la mano, un colpo di abbaglianti. Non esistono parole capaci di descrivere tutto ciò. Non si può descrivere il ritrovarsi ad un rifugio alla sera, ognuno con la sua auto, ognuno che difende e giustifica il proprio motore, le proprie scelte il modo in cui ha speso i suoi soldi. Appassionati, compagni di avventure, assieme a cena, assieme a colazione, assieme sull’asfalto, amici. Una tribù.

Momenti sensazionalmente ineffabili. Ci provo, vorrei ma non ci riesco, non riesco proprio a trovare altre parole per descrivere le lacrime di emozione che beffarde mi si affacciano agli occhi mentre scendiamo dal passo Fedaia, lasciandoci alle spalle la meravigliosa Marmolada, regina ferita, immensa roccia a vegliare su noi, mentre le pietre lasciano spazio al verde, mentre il turbo sbuffa un’altra volta, mentre accanto a me un nuovo amico parla. Parla poco, pensa parecchio, perfektenschlag. Con me, con la sua auto, con questo spazio che con un po’ di arroganza stiamo attraversando.

Ottobre. Primi freddi, prime nevi. I turisti al caldo nelle loro città, finalmente il silenzio, la quiete, le strade libere. La quiete. Non oggi, non ora, non prima di aver tirato un’altra marcia. Seconda, 6500 giri, 7000 giri interviene il limitatore watatatata, terza in pieno e via verso il prossimo tornante.

Spazio vuoto.

I ragaz di Special Stages – di cui fa parte Filippo, amico dai tempi di FixedForum, colui che per primo iniziò a chiamarmi “direttore” forse per prendermi per il culo, quello che si inventò il mitico Jean Paul Mendoza che mi fece licenziare (di nuovo!) da un grosso sito con cui collaboravo – mi hanno invitato a quello che una volta era solo il Road to Dolomites (raduno dinamico che portava una buon gruppo di appassionati provenienti dal nord ovest d’Italia verso la partenza del Dolomites Street a Malga Ciapela) e che adesso che il “vero “ Dolomites Street non esiste più, ne sta raccogliendo il testimone. Un raduno esagerato, oltre 500 auto, un’occasione imperdibile, un’avventura, tre giorni vissuti in piena, con il cuore a pompare sangue manco fosse un Mivec.

Il re è morto, lunga vita al re. Il Dolomites Street non c’è più, il Dolomites Street sta tornando. La fiamma arde ancora, il prossimo anno si parte assieme da San Lazzaro.

Articolo del 11 Ottobre 2024 / a cura di Il direttore

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.

  • Michele

    Poesia pura, Direttore Lorenzo. Hai reso perfettamente le emozioni, te lo dice uno che quei passi li fa almeno un paio di volte l’anno in moto. E ti senti ancora più immerso, ancora più in armonia con la tua passione.
    Ah….quella citazione “portami dove non serve sognare” è bellissima…. “Un colpo all’anima”

    • Umberto

      I mezzi a quattro ruote sui passi andrebbero vietati. Solo moto (e bici, magari a giorni alterni). I camper poi dovrebbero essere consentiti solo in autostrada: campeggiassero nelle piazzole in mezzo al piscio. Ma questo delirio pueril-futurista poi.

      • Flavio

        Credo hai sbagliato sito, dovevi scrivere su vaielettrico!

      • Francesco Sergi

        Mi perdoni, na anche le BEV hanno 4 ruote, vietate anche quelle?

  • Tone Brake

    È grazie a scemenze come queste che prima o poi chiuderanno i passi. Andate in pista o leggetevi un libro. 

    • Luamaro

      Severo ma giusto. Pur apprezzando quelle scatole di lamiera, da appassionato montanaro dico che quel traffico li non deve più starci.

Altre cose da leggere